5 Recensioni su

La samaritana

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Più che un film una poesia. / 18 Dicembre 2020 in La samaritana

Kim-Ki-Duk ci regala questo bel saggio sulle potenzialità dell’uomo e sulla libertà di pensiero, immagini che scorrono via come l’acqua di un ruscello a primavera e che fanno da sfondo a un’amicizia bella come una tiepida giornata d’estate.
Un film elegante e raffinato come solo il cinema orientale è in grado di concepire, che ti accarezza, ti schiaffeggia e ti lascia lì, solo, con le tue lacrime, il tuo disagio, la tua rabbia.
Alla fine le luci si riaccendono, lo spettacolo continua ma quel motel resterà sempre davanti ai tuoi occhi, nei tuoi pensieri.
Più che un film una poesia.

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15 Gennaio 2014 in La samaritana

Una pellicola girata con forte drammaticità da parte del maestro coreano self-made Kim Ki-Duk. Interessante il cambiamento di focalizzazione dei personaggi nel corso della narrazione che raccontanp tre punti di vista diversi fino a raccontare la disperazione del padre di Jae-Young. Violenza e drammaticità sono fortemente asciutti e questo rende il film di più facile coinvolgimento rispetto ad altri del regista. La redenzione ancora una volta è cercata fuori dalla metropoli, nei paesaggi sperduti e nello stesso affascinanti della Corea.

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Interessante delusione / 29 Marzo 2013 in La samaritana

Kim Ki-duk con questo film mette in luce la prostituzione leggera delle adolescenti.
Ma non convince come altre sue opere più intense e poetiche.
Due amiche con il sogno di andare in Europa organizzano appuntamenti per soldi.
Una organizza e l’altra si concede.
Poi un incidente sconvolge la loro vita.
Francamente mi ha deluso e annoiato.
Ben lontano da Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera, veramente troppo.
Ad maiora!

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24 Dicembre 2012 in La samaritana

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Allora, sì, e con questo spero di averli visti tutti di Kim-Ki Duk, che ogni tanto ne salta fuori uno e son sempre lì a correrci dietro.
Prendiamo un aplomb tranzollo, molliamo un rutto e stiamoci dentroyè.
Doppiato in italiano veramente col culo, qua ti racconto la storia, che è di quelle che a me non può che *_*
Allora ci stan queste due ragazzine liceali koreane che in fondo son lesbiche di cui una fa la bitch e l’altra prende gli appuntamenti e tiene la contabilità. Perché vogliono andare a fare un viaggio in UE. Ah, il celeberrimo sogno UE. Comunque, ad un certo punto bussa la pula, quindi a naso far le prostitute a 15 anni o non so quanti non è ben visto in Korea, e la bitch si butta dalla finestra e fa splat. L’altra, che bitch non era per niente, decide di diventare bitch (nonostante la prima fosse più figa), e di fare il giro dei clienti della prima dandogli l’ammmmore e poi restituendogli i soldi che avevano pagato per la prima, e ringraziandoli pure.
Cioè, fin qui un sogno.
Senonché (e figurati se non ci stava la truffa) il padre, poliziotto un po’ scemo complessato perché gli è morta la moglie e blabla quindi figurati, la scopre e che fa? Mica la prende e le dice OH! CHINCHINPO’ (oh come minchia si chiama), RIPIGLIATI!!!
No, figurati, troppo semplice. La segue e comincia a minacciare i di lei clienti, gli entra in casa e li schiaffeggia davanti alle mogli → e il koreano è così sensibile, si fa schiaffeggiare per i sensi di colpa e poi pure lui a buttarsi dal decimo piano, vuoi mettere, vivere con quella vergogna? Particolare commoventemente bello del sangue che segue le scanalature delle piastrelle col sole al tramonto, io amo Kim-Ki *_*
Finisce che uno addirittura lo ammazza con un mattone. Si sa che il mattone tira.
Quindi basta, senza essersi detto nulla in merito a tutto ciò prendono a vanno sulla tomba della madre – che non si capisce perché sta in un posto che è pura collina ligure, ma sorvoliamo.
Le insegna a guidare e le dice qualcosa come “d’ora in poi papà non ti seguirà più”.
E si consegna facendosi portare via da altri poliziotti, lasciandola lì, con una Hyundai nel greto di un fiume..
É finito.
Ora. Costui è un genio. Costui mette sempre delle ragazzine koreane troppo fighe, e non sempre ma la metà la delle volte metà parla di puttane. E per fortuna che io me ne ero già innamorato con un film in cui non c’erano.
Incomunicabilità (è impossibile che riescano a comunicare nei film di costui) ma anche, qui, due concezioni contrapposte del sesso, che la prima bitch ingenuamente prima di fare splach vede come un dare felicità (sì, ok, non era un genio) con collegamento al buddismo, e il padre vede come supercolpa, collegato al cattolicesimo. Infatti straparla di madonne e madri terese di calcutta (“l’ha persino riconosciuta santa il vaticano” eh ‘sticazzi, che gran bel sigillo di qualità, DOC proprio). La protagonista, da cui il titolo, passa dall’iniziale disprezzo a vederlo come una sorta di riparazione necessaria a colmare uno dei (suoi tanti) vuoti dell’animo.
Non ho altro dire, le storie di costui spesso incespicano in inverosimiglianze enormi ma chissene. Macchine parcheggiate in mezzo al fiume, persone sepolte con le cuffie lasciando il lettore cd fuori, con il filo che esce dalla terra, di modo da potergli cambiare canzone e cd, cose così.

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15 Aprile 2012 in La samaritana

Ci sono i colori delle stagioni che hanno i nomi della vita: partendo dalla locandina domina il bianco luttuoso della tradizione orientale, fino al blu tortuoso che apre la scena al finale rivelatore non tanto del percorso narrativo, ma delle risposte che il padre/ispettore ricerca oltre il comportamento della figlia, nella sua finalità che in principio vuole cancellare, dividere, punire e poi spiegare.
Come se si potesse dare un senso alle stagioni dell’animo.
Il film cronologicamente è antecedente a Ferro 3 anche se uscito dopo nelle sale e ne ripropone il tema dello sguardo rilevatore, della fase temporale che ha ritmi diversi fino a dispiegarsi nel sogno. Lo sguardo attraverso la finestra che svela la realtà dolorosa è preceduto da uno squarcio nel muro che ha valenza premonitrice delle verità.
E’ uno di quei film che non si può raccontare: va visto con lo stesso occhio della camera che sostituisce quello dell’arte di Kim Ki-Duk che nella tragedia che tsunanima l’esistenza ne estrapola colori che hanno il sapore del cibo consumato davanti alla tomba della madre della ragazza. Il sogno visionario fa giustizia alla realtà, la sostituisce con la grazia e la pietà della samaritana.
Le citazioni di Vasumitra e di Madre Teresa assurgono a comparazione nella leggenda dell’amore e della carità: si traducono in una poesia lieve come le foglie che cadono a pioggia seppellendo il dolore della vita in una forma lieve, sussurrata, anche se rivoli di sangue bagnano la tela bianca della morte.
Un finale splendido traccia un percorso reale su pietre gialle che ci aprono la strada al superamento della paura.
E’ un film di colori, ma ancora di sguardi sulla tela bianca su cui qualcuno ancora proietta immagini: è il “dark side of the cinema”.

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