Recensione su Salò o le 120 giornate di Sodoma

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La critica più feroce al potere / 27 Marzo 2014 in Salò o le 120 giornate di Sodoma

Pasolini espone nel suo ultimo film una critica feroce, surreale e senza filtri nei confronti del potere, una delle più controverse e discusse della storia del cinema. I quattro signori che fungono da epicentro dell’intera vicenda rappresentano, non a caso, le sue forme più conosciute e diffuse (ecclesiastico, economico, nobiliare e giudiziario). Il susseguirsi di scene mostrate sono veri e propri pugni allo stomaco, frutto di una violenza multiforme (verbale, emotiva e fisica) e perpetuata durante il periodo di “prigionia” delle giovani vittime, giustamente paragonato dal regista all’inferno dantesco. Tutto è freddo, terribilmente distaccato dai canoni del mondo civile e conosciuto, e l’unica speranza possibile è quella della morte, intesa come epilogo delle sofferenze. La libertà, la dignità e la vita vengono così schiacciate in un colpo solo.
L’uomo non è più uomo. Quando è schiavo del potere, è ridotto alla stregua di un oggetto. Ed il suo unico scopo diventa, in tal contesto, quello di dar sollazzo al potente.

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