Recensione su Rushmore

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11 Marzo 2012

Secondo lungometraggio di Anderson, in cui, nonostante la precocità, la sua cifra stilistica è quantomai delineata.
A posteriori, viene da pensare che, raggiunta una tale chiarezza di segno, tutto ciò che è venuto dopo, compreso il notissimo “I Tenenbaum”, sia un semplice esercizio di stile, una riproposizione sterile dei medesimi codici.
In effetti, il cinema di Anderson è abbastanza autoreferenziale, a partire dalla scelta dei cast, in cui figurano diversi attori feticcio, da Murray ai fratelli Wilson, allo stesso Schwartzman: il suo maggior pregio, però, sta nel rendere sempre affascinante e comunque originale la sua serialità, per così dire.
Anche se Anderson è legato alla riproposizione costante di una visione quasi arcadica di un’adolescenza problematica, anche quando i suoi protagonisti sono anagraficamente adulti, ogni suo film è nuovo, fresco, vivo.

“Rushmore” è una bella prova di maturità stilistica, una storia fatta di ironici chiaroscuri, di incertezze generazionali, con personaggi che non scadono mai nel grottesco ed una costante atemporalità.
Come sempre, fascinosa colonna sonora d’antan, belle scenografie ed altrettanto bella fotografia.

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