Recensione su Rush

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Rush
Regia:

21 Settembre 2013

Anche chi non si intende di gare automobilistiche o non se n’è mai interessato (come me), potrebbe apprezzare Rush, l’ultima fatica di Ron Howard, già celebre per Apollo 13 o Il Codice Da Vinci, tanto per citare alcuni dei suoi più grandi successi.

La sceneggiatura firmata da Peter Morgan costruisce le due ore di film sul turbolento e ossessionante rapporto fra i due protagonisti, interpretati dagli ottimi/perfetti Chris Hemsworth (Thor per gli amici) e Daniel Brühl (il prodigioso tedesco di Bastardi senza Gloria), clamorosamente simili ai “reali” piloti di cui prendono il nome.

Di grande supporto al film è la fotografia giallognola e retrò di Anthony Dod Mantle, che riporta pienamente lo spettatore negli anni d’oro della Formula 1, quando il fascino perverso e accattivante della morte e della velocità attraeva piloti, donne e fan di tutto il mondo a quello sport spesso fatale per gli stessi corridori (si contavano circa 2 morti all’anno).

Anche la colossale soundtrack di Hans Zimmer (mischiata a successi del tempo) aiuta Rush a riuscire nel suo intento, quello di stupire raccontando, facendo del montaggio e degli effetti sonori i suoi punti di forza (ho temuto seriamente di perdere l’udito).

Oltre a basarsi sulle relazioni interpersonali, Rush lascia giustamente grande spazio a lunghe e realistiche sequenze di gare automobilistiche, riproducendo (il filmato non è quello originale, come potrebbe pensarsi) anche il clamoroso incidente che sfigurò Niki Lauda.

Somministrazioni continue di adrenalina e potenza, fanno delle ruggenti auto della Ferrari e della McLaren le vere signore di questa piccola perla, che non mancherà di emozionarvi con il suo finale, racchiudendo in una manciata di parole la vera essenza di quella che fu in tutto e per tutto “l’odissea di una rivalità.”

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