13 Ottobre 2013 in Rubber

Di fronte al surreale e fantastico “Rubber” qualcuno di voi potrebbe, addirittura, avere una epifania.

Quentin Dupieux alias Mr. Oizo (musicista prima, regista poi) colpisce, oserei stende in un’opera che si pone fra il demenziale, il non senso, lo splatter, il surreale. Il protagonista indiscusso dell’opera è uno pneumatico malandato. Perché incentrare la storia su un oggetto usurato, che passa dall’essere inanimato ad essere animato ? Non c’è nessuna ragione. Ed è proprio con questa frase che si apre il film. L’incipit è sublime, un poliziotto anzi uno sceriffo locale scende dalla macchina e avvisa il pubblico spettatore su quello che andrà a vedere: molto spesso il Cinema è stato caratterizzato da momenti senza senso e quella del film è una storia basata su eventi, episodi, che si rincorrono l’un l’altro senza ragione alcuna. Rubber è quindi un omaggio al “no-reason”.
Un incipit degno di Mario Bava nel suo “I tre volti della paura” o di qualsiasi horror/sci-fi anni ’50 dove nei primi minuti compariva il narratore onnisciente, sul palcoscenico dotato di sipario rosso, il quale avvisava della pericolosità della pellicola. Qui invece si avvisa lo spettatore circa la mancanza di motivi per cui una ruota dovrebbe essere il protagonista di un film ambientato nel deserto, film non pretenzioso e molto accattivante.
La telecamera si sposta e si scopre come il narratore onnisciente, un personaggio che rivedremo, stia in realtà parlando a una decina di persone coinvolte nel monitoraggio della situazione, dei voyeur muniti di binocolo, dei guardoni concentrati sullo pneumatico pazzo. Ed eccolo prendere vita, si alza, impara a rotolare e ad uccidere. Un pezzo di gomma dai poteri paranormali. Un essere che mieterà vittime, innocenti beccati per caso lungo la strada, attraverso i suoi poteri paranormali.
Questo è solo l’inizio, l’inizio della fine.

DonMax

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