7 Marzo 2014 in L'altra verità
Film crudo come altri dell’agitatore (!) Loach. Si scava sotto, in basso e viene fuori il marcio.
Il finale e’ come dovrebbe essere nella realta’ (illusione…).
Film crudo come altri dell’agitatore (!) Loach. Si scava sotto, in basso e viene fuori il marcio.
Il finale e’ come dovrebbe essere nella realta’ (illusione…).
L’ultimo film di Ken Loach, a cui un po’ di attenzione si riserva a prescindere per la sua voglia di scoperchiare vasi maleodoranti della nostra bella e linda società. C’è un tipo con la faccia un po’ da ca**o che si chiama Fergus e che sta a Liverpool e che si vede che è tormentato. C’è un funerale. C’è lui che ascolta delle telefonate registrate a cui non ha potuto rispondere. Pian piano si capisce che Fergus aveva un migliore amico, di nome Frankie. Fergus era andato in Iraq come contractor, e aveva convinto Frankie ad andare con lui. Ma. Ma Frankie è morto sulla Route Irish, la strada più pericolosa del mondo, che porta a Bagdad, e nella faccenda della sua morte ci sono un sacco di cose poco chiare. Per cui indaga, insieme alla moglie di Frankie, fino a ritrovare la verità, non quella finta, l’altra.
La passione per denunciare i soprusi del potere, ancora di più come in questo caso, del potere nel potere, cioè i metodi usati dai mercenari in una guerra già sporca come quella irachena, a Kenny non manca mai. E per farlo sceglie di partire da un’amicizia di quelle per la vita, da cui poi lo sguardo si allarga alle porcate che noi occidentali stiamo a fare là credendo di fare del bene. Ciò detto Fergus è un cretino, è una specie di eroe che quando indaga fa sempre la cosa sbagliata, se c’è da proteggere un informatore si distrae proprio nel momento in cui glielo riempiono di botte e così via, è un disastro. Però è incazzoso e va fino in fondo. Anche se dopo che ti hanno ammazzato il Frankie ciao, che ci puoi fare?
Un film asciutto e dai toni fermi, che si inserisce nella nicchia di “Nella Valle di Elah”e “Redacted”. E’ sicuramente più intenso del primo ma meno diretto del secondo e tuttavia non ha cedimenti nella trama e srotola con arguzia una trama in parte già vista, senza scadere nel banale.
I temi antitetici di giustizia e vendetta, di un’occupazione militare crudele quanto il terrorismo che vuole annientare e delle trame intestine condotte da uomini di potere senza scrupoli si incastrano sapientemente dando al film un risvolto d’attualità che non rimane fine a se stesso.
Non è solo un thriller e si capisce, ma non riesce – o non vuole, giustamente – a diventare un atto d’accusa.
La verità è sempre una sola ma i modi per raccontarla , o peggio per tacerla , possono essere così fuorvianti da farne travisare il senso .
Ken Loach ama colpire a fondo le coscienze affrontando argomenti sociali , o politicamente scomodi , e ci riesce sempre da par suo .
Frankie , un ex paracadutista convinto dal suo grande amico Fergus ad entrare a far parte del mondo dei “contractors” , resta ucciso in un episodio dai contorni strani durante un conflitto in Iraq . Il rimorso per questa morte ,della quale si sente moralmente responsabile , porta Fergus ad indagare alla ricercare della verità sull’accaduto e ciò offre lo spunto al regista per entrare nel mondo degli sporchi e sanguinosi intrallazzi tra il potere economico e quello militare in un film duro , violento , in cui non mancano crude sequenze di repertorio sulle atrocità della “missione di pace” in Iraq che colpisce a fondo e non può lasciare indifferenti.
“Devi colpirmi più forte se vuoi farmi male” , dice Fergus a Rachel , la vedova di Frankie , in una drammatica scena .
Credo sia esattamente questa l’intenzione del film.
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