Recensione su Romanzo Criminale

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8 Febbraio 2012

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Nella Roma degli anni ’70 tre teppisti di borgata, il Freddo, Dandi e il Libanese si accordano con altri delinquenti cercando di formare una banda che in teoria, secondo i sogni del Libanese che ne è il capo, dovrebbe “conquistare” Roma. Nasce così una spietata organizzazione, le cui vicende si intrecciano con la storia d’Italia nell’arco di una ventina d’anni circa. Alla storia criminale si intrecciano anche le storie personali dei personaggi…

Tratto dal romanzo ( 2002) di Giancarlo de Cataldo, il film si ispira agli avvenimenti che videro protagonisti nella realtà i componenti della cosiddetta “banda della Magliana”.E’ un film splendido, dove il regista narra, senza dare giudizi di alcun tipo, una storia di amicizia, violenza, ascesa e caduta di un gruppo di piccoli delinquenti travolti dalla loro stessa ambizione, che si fa cosi grande da coinvolgerli in giochi più grandi di loro, dei quali rimarranno vittime dopo un breve periodo di”splendore”.I personaggi sono caratterizzati in modo sottile e approfondito che evita di farne macchiette; nei loro ruoli gli attori forniscono prove indimenticabili, anche i personaggi secondari: mi ha stupito per esempio trovare in un ruolo drammatico Roberto Brunetti, finora conosciuto come “Er Patata” dei film comici di Pieraccioni e altri, ed è davvero molto bravo.Merito probabilmente anche di un regista che sa usare gli attori. Come dimenticare il Dandi di Claudio Santamaria, l’elegante e superficiale del gruppo, impetuoso, spietato, ambizioso più degli altri?O il Freddo di Kim Rossi Stuart, impenetrabile col suo sguardo di ghiaccio, ma di cui capiamo i sentimenti al volo?O il capo, il Libanese interpretato da Pierfrancesco Favino con una durezza granitica? O, per parlare delle donne, come ignorare la prostituta Patrizia, compagna di Dandi, donna bellissima e sensuale ma estremamente tormentata?
Un’ottima sceneggiatura che fonde la narrazione letteraria e la ricostruzione cronachistica di venticinque anni di storia italiana ( in questi casi sono stati usati filmati veri dell’epoca, i funerali delle vittime delle stragi di via Fani e di Bologna, il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, la vittoria dell’Italia ai mondiali dell’82) supporta abilmente il tutto.
Che dire? Dedicato a quelli, soprattutto americani ( come un noto regista l’anno scorso al Festival di Venezia), che dicono che il cinema italiano è morto. Informatevi prima di parlare!!!!
Nel 2006 il film ha vinto ben otto David di Donatello:miglior sceneggiatura, miglior attore non protagonista (a Pierfrancesco Favino), miglior direttore della fotografia, miglior scenografo, migliore costumista, miglior montatore, migliori effetti speciali visivi, Premio David Giovani.

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