Recensione su Roma, Città Aperta

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Roma Città “aperta” / 6 Giugno 2012 in Roma, Città Aperta

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Roma città aperta è un film del 1945 diretto da Roberto Rossellini ed è considerato il manifesto del neorealismo italiano. E’ il primo film della “Trilogia della guerra” diretta dallo stesso regista; seguono Paisà (1946) e Germania anno zero (1948). Gli attori principali sono un’indimenticabile Anna Magnani, ed un altrettanto formidabile Aldo Fabrizi.

TRAMA:
A Roma il regime fascista è caduto, gli Alleati sono sbarcati in Italia ed avanzano verso nord ma ancora non sono giunti nella capitale, dove la resistenza è già attiva. Manfredi, militante comunista e uomo di spicco della resistenza, sfugge a una retata della polizia e si rifugia presso Francesco, un tipografo antifascista, il quale, il giorno seguente, dovrebbe sposare Pina (Magnani), una vedova madre di un bambino.

La sorella di Pina, Lauretta, fa l’artista in un locale insieme ad un’altra giovane, Marina, legata sentimentalmente in passato a Manfredi; don Pietro (Fabrizi), il parroco locale, non nega mai aiuto ai perseguitati politici e fa da portavoce dei partigiani. Egli è benvoluto e rispettato da tutti, compreso Manfredi e la sua banda di piccoli sabotatori, e riesce a passare facilmente attraverso i controlli dei soldati tedeschi e delle SS senza destare sospetti.

Manfredi sfugge ad un’altra retata tedesca mentre Francesco viene arrestato e, nel momento in cui viene caricato sul camion che lo porterà via, Pina grida tutta la sua protesta cercando di raggiungerlo ma cade sotto il fuoco dei mitra davanti a don Pietro ed al figlioletto. Più tardi Francesco riesce a scappare e si nasconde, con Manfredi, nell’abitazione di Marina. Scoppiano i dissapori e cresce il risentimento della ragazza per Manfredi, tanto che Marina, per ottenere della droga, tradisce l’uomo denunciandolo a Ingrid, agente della Gestapo al servizio dei comandante Bergmann. Manfredi viene così arrestato durante un incontro con don Pietro ed entrambi vengono fatti prigionieri. Manfredi subisce terribili torture e muore mentre don Pietro viene fucilato. Marina e Lauretta cadono sempre più nell’abiezione morale, ma Francesco, Marcello ed i suoi ragazzi continueranno la lotta.

TEMATICHE:
Tutto parte dal soggetto di Sergio Amidei, che, durante una delle serate del partito comunista che si tenevano a casa sua, vive in prima persona la scena, che poi nel film viene riportata con un altro personaggio, della fuga iniziale di Manfredi sui tetti.
La prima idea per la realizzazione di questo film fu quella di un film a episodi, idea poi scartata perchè ritenuta troppo innovatrice. Si decide di fondere il tutto in un unico film nel quale emergono i personaggi della Pina, interpretata dalla Magnani, Manfredi e Don Pietro, interpretato da Fabrizi.
Il 14 Agosto del 1943 Roma viene dichiarata città aperta, ma questa dichiarazione non viene mai rispettata ne dai tedeschi che la occupano e ne dagli americani che la bombardano. In questo sfondo politico emergono due diverse anime della resistenza: quella del sacerdote e quella del dirigente comunista. Per tutta la durata del film emerge il clima di paura e di terrore, che lo stesso Rossellini vive in prima persona. Egli pone la macchina da presa in strada per riprendere la realtà pura e cruda dei fatti: gira di notte facendosi utilizzando il poco riflesso delle luci che provenivano dai locali, senza costumi, solo la tunica di Don Pietro verrà realizzata apposta per il film. Il bianco e nero sgranato delle inquadrature finali ha una forza drammatica che salta subito agli occhi. Rossellini è un regista che asseconda la realtà, che mette la macchina da presa a servizio dei personaggi; il risultato è che la vicenda si racconta da se.
All’interno di questo film ci troviamo di fronte a tre morti molto distinte:
– morte di Pina mentre rincorre il camion sul quale i tedeschi hanno catturato il suo futuro marito; la donna morirà dopo un colpo sparato da un ufficiale tedesco. Scena ricca di Pathos perchè vista dal figlioletto di Pina, che così piccolo è costretto ad assistere alla morte della madre.
– morte di Manfredi torturato dagli ufficiali tedeschi.
– morte di Don Pietro sulla quale le critiche si sono scagliate maggiormente. Infatti all’inizio del progetto del film, si voleva fare una storia su Don Pietro Pappagallo, morto nelle Fosse Ardeatine. Ma questo risultò sconveniente, e quindi all’ultimo si decise di rifarsi alla vita di un altro personaggio di chiesa, Don Morosini che morì fucilato. Infatti nel film vediamo Don pietro che viene ucciso durante una fucilazione da parte degli ufficiali tedeschi.

Sulla scena finale della fucilazione ci sono state molte critiche perchè Rossellini sbagliò le divise che avevano lo stemma della PAI invece che quello della Guardia di Finanza. Il sottosegretario, Andreotti, interviene e decide di togliere gli stemmi a tutti i plotoni lasciandoli così indeterminati. I plotoni spareranno al vento, lasciando la responsabilità all’ufficiale tedesco di fucilare Don Pietro.

All’indomani della liberazione di Roma, sono in molti che vogliono parlarne, ma l’unico a riuscirci è Rossellini.

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