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Ricky - Una storia d'amore e libertà

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Dove osa Ozon / 22 Gennaio 2016 in Ricky - Una storia d'amore e libertà

Uno dei film più assurdi che abbia mai visto, e non lo dico solo in senso negativo. Rifacendosi allo stucchevole filone di commedie famigliari con angeli, Ozon ne realizza una grottesca parodia con sfumature che vanno dall’horror (le alucce di pollo insaguinate sul corpicino di un infante sono veramente creepy) al comico surreale, dal drammatico all’onirico. Non rinuncia mai a un fondo di eros, azzardando perfino un campo controcampo tra i corpi nudi di Lamy e Lopez abbracciati dopo un amplesso e lo sguardo triste della bambina ancora sveglia nella sua cameretta. Alexandra Lamy è praticamente la versione francese di Laura Dern; secondo me Ozon sceneggiando pensava a lei, la musa di Lynch avrebbe indossato perfettamente i panni della madre sola un po’ stralunata.
Forse il film non è del tutto riuscito, ma c’è dell’ammirabile intraprendenza nel cinema di Ozon.

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22 Giugno 2011 in Ricky - Una storia d'amore e libertà

Film complesso, che dà da pensare. Offre una pletora, un diluvio di interpretazioni sul suo significato.
Io ho visto la storia del bebè volante come una rimozione, una cancellazione della colpa da parte dell’Io.
Insomma, una specie di elaborazione onirica della perdita di un figlio, che si è costretti, causa miseria, ad affidare ad altri in adozione. Nell’inconscio (dove permane il rimorso) il bimbo abbandonato mette letteralmente le ali.

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21 Giugno 2011 in Ricky - Una storia d'amore e libertà

L’inizio, con una macchina fissa sul volto di una donna slabbrata e piangente che si confronta con un assistente sociale, parla di abbandono, di figli da tirare su, di soldi che mancano. E non per nulla questa è una storia di abbandoni continui e della capacità di riprendersi da essi.
Abbiamo una bambina che cresce troppo in fretta, una piccola adulta che si prende cura di una mamma incapace di elaborare la solitudine, ambedue rifiutate da un uomo che non vediamo mai, ambedue affamate di affetto.

Poi l’arrivo di un uomo che invade la casa e a cui la donna rivolge maggiori attenzioni, la tensione sale fino all’arrivo di un nuovo bambino, un nuovo equilibrio pericoloso, l’abbandono si ripete (anche se la motivazioni saranno diverse).
Il film si serve di due registri: uno il realismo (alcuni hanno parlato di “falso dardenne”) che racconta la storia degli emarginati/in difficoltà, l’altro la fiaba magica.
Stupendo tutti Ozon si tuffa dentro ad una magia, una piccola trovata dell’assurdo che incanta i protagonisti, che non ha spiegazioni per quanto per tutto il film la concretezza di ali, penne, piume e problemi nel volare siano sempre presenti.

Il film riesce ad essere delicato e piacevole, non prende la strada del lieto fine convenzionale, ma della piccola follia fantastica, mai abbandonando la sua ambientazione bassa (una periferia inquadrata di continuo che, se vogliamo, ha la verticalità delle guglie e delle torri dei castelli delle fiabe), senza prendere la strada del tema della diversità: non c’è diversità in ricky, non c’è nessuna reazione particolare alla sua presenza se non un estatico stupore.
Ed è il suo breve passaggio che salda la nuova famiglia l(‘ultimo “abbandono” avrà un volto felice), come toccata da un dono.

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