17 Recensioni su

L'amore che resta

/ 20127.3340 voti

per la serie “prendi una tematica abusata dal cinema e fanne un buon film” / 12 Luglio 2013 in L'amore che resta

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Come si evince dal titolo di questa recensione…prendi una tematica abusata dal cinema sentimentale- lei/lui malato terminale, preferibilmente adolescente/post adolescente, grazioso/a, intelligente, che se solo non fosse per l’inesorabile destino avrebbe tutte le carte in regola per un radioso e brillante futuro, a pochi mesi dal tristemente noto epilogo si innamora perdutamente, magari per la prima volta nella vita (un pò data la tenera età, altre volte perchè così i lacrimoni vengon giù più abbondanti, si sà il primo amore non si scorda mai!). Non starò a fare qui l’elenco di tutti i drammoni strappalacrime che rispondono ai requisiti del genere (anche perchè sarebbe lunghetto, aimè!), vi dico solamente che in Restless ci sono tutti, nessuno escluso. Eppure (e il giudizio estremamente positivo si deve principalmente a questo) è tutto fuorchè banale e melenso, pur avendo un soggetto tra le mani così “pericoloso”. Grande prova di stile del maestro (in questo caso l’appellattivo calza) Gus van Sant, che ha saputo raccontare in modo delicato, con spunti di inattesa ironia (vedi la scena della “finta morte”) una storia di per sè struggente.
Una lieve ma intensa riflessione sulla morte che trae spunto dalla ancor più lieve ma intensa storia d’amore dei due protagonisti, in fin di vita lei, con una pregressa esperienza ai confini della morte lui.
Colpo di fulmine per l’interpretazione di Mia Wasikowska, nuova stella emergente del cinema indie…prima che il grande pubblico la scoprisse in Alice in Wonderland già si poteva ammirare la sua predisposizione a portare sullo schermo le inquietudini adolescenziali nel serial “The treatment”. Da tenere sott’occhio.
Il suo partner maschile se la cava ma non è decisamente al suo livello. Non ci punterei per il futuro.
Deliziosa la scena finale, solo quella vale il prezzo del biglietto (o come nel mio caso la fatica di trovare un link in condizioni accettabili!)
Piccolo appunto: La locandina strizza un pò troppo l’occhio a quella di un altro film “The Eternal Sunshine of the Spotless Mind”…però chissene il film mi è piaciuto,e pure tanto!

Leggi tutto

Io sono stato morto / 26 Maggio 2013 in L'amore che resta

Splendido film, di un regista che ancora una volta dimostra come si possa
accompagnare alla bella forma, un’ottima sostanza.
Non è reato.
Basta esserne capaci.

21 Maggio 2013 in L'amore che resta

genere: lacrimoni

17 Marzo 2013 in L'amore che resta

Sarà anche melenso (che parola abusata!) ma è un film grazioso e genuino, pur essendo il soggetto così familiare a chi ha qualche dimestichezza con la commediola romantica (di cui questo film non fa parte).
L’elemento che rende il film interessante è l’interpretazione dei due giovanissimi attori protagonisti, l’accurata scelta dei costumi -pur con qualche concessione alle cadenze vintage del 21° secolo- e la bella fotografia, le inquadrature che indugiano sulle emozioni e su una ricerca estetica non fine a sé stessa. Il fatto che il soggetto si ripeta non significa per forza che il prodotto finale risulterà banale e scontato, dal momento che per film come questo non conta fino in fondo la trama ma quel che riescono a “far passare” allo spettatore.

Leggi tutto

27 Gennaio 2013 in L'amore che resta

L’ultimo film di Gus Van Sant è un perla impregnata di tenerezza e grazia. Evitando il concreto rischio di scadere nel più melenso melodramma da tema “malattia terminale”, il film si muove leggero e dolce, grazie anche a Mia Wasikowska e Henry Hopper, perfetti come adolescenti innamorati, sensibili e maturi. Pieno di dettagli deliziosi ( gli occhiali di Enock/Henry, il vestiaro adorabilmente retrò…) e inquadrature impreziosite da colori e fotografia bellissimi, scorre leggero fino al dignitosissimo finale.
Mi è davvero piaciuto.

Leggi tutto

13 Gennaio 2013 in L'amore che resta

Poetico e tenue, Gus Van Sant riesce ad affrontare due storie terribili con delicatezza ed ironia.
Opera equilibrata, senza stonature, che riesce ad emozionare

Devo smetterla di vedere film del genere / 4 Novembre 2012 in L'amore che resta

L’amore al cinema è stato ormai declinato in tutte le sue possibili forme. Preso sul serio (sul tragico) o irriso, masticato e rimodellato. L’amore si presta però a letture infinite, fonte inesauribile da qui all’eternità del cinema.
Molto più difficile donare varianti al tema della morte, troppo tragico per essere coniugato a spiragli proiettati in una sfera di ottimismo nel presente e di speranza futura. Restless (il titolo originale mi piace molto di più, come sempre del resto) si serve dell’amore per raccontare il tema della morte con leggerezza .
La poesia nasce dalle piccole cose, dai colori autunnali (il clima, dentro e fuori i personaggi era, è e resterà autunnale), dagli uccellini che cinguettano sui rami di alberi spogli, da sorrisi abbozzati.
Se i ragazzi d’oggi vogliono tutto e subito, i giovani Enoch e Annabel aspettano. Il tempo stringe, ma attendono con pazienza le palpitazioni amorose, lo scorrere delle mani sulle guance dell’altro, un delicato bacio, una lacrima di gioia, un’altra dell’inevitabile dolore finale. I due protagonisti vanno in controtendenza: non urlano, sussurrano. Non ricattano, sfiorano.
Enoch e Annabel rappresentano anche due solitudini che, incrociandosi restano forse tali, ma rafforzate dall’esperienza di coppia possono affrontare la vita che resta. Mi resta un dubbio: ma Enoch riuscirà ad amare la sua vita futura? A tal proposito è lecito avere dei dubbi.

Leggi tutto

8 Ottobre 2012 in L'amore che resta

Delicato, toccante, bellissimo.

peccato! / 4 Ottobre 2012 in L'amore che resta

che belli fotografia, colonna sonora, costumi, scenografia…
che bravo Gus Van Sant. lui con la macchina da presa ci sa fare, e si vede. e si merita sempre almeno un 7.

peccato che la sceneggiatura sia una lunga sequenza delle scene più romantico-commoventi-strappalacrime che gli siano venute in mente.
peccato perchè a tratti c’era anche del potenziale per un film originale e interessante…

Leggi tutto

14 Settembre 2012 in L'amore che resta

Uno dei pochissimi film in cui la malattia non è un pretesto ma è anzi solo un contorno perchè è il contenuto vero e proprio a dare significato e profondità.
E’ inutile ammettere quanto sia commovente, proprio quando si comincia a rendersi conto che la fine è vicina …una parte di noi si sveglia per farci capire di essersi ormai affezionata e che non può essere che un film ci conduca così “trionfalmente” verso la fine.
Ho apprezzato tantissimo il modo in cui è stata affrontata la tematica della malattia, dell’isolamento e dell’amore.
Ho apprezzato la finezza ed il modo poco diretto di far rivivere quelle che dovrebbero essere, invece, il punto forte di un film drammatico.
Adorato, inoltre, la maniera in cui vengono ricordati i luoghi.
In questo modo chiunque può riassaporare una scarica fortissima solo ricordando cosa è avvenuto in quell’immagine che ci scorre velocemente davanti, in una stagione diversa.
Gelida, fredda …come del resto è la vita, che si spegne.
“Gli uccelli canori, perchè cantano al mattino?” “Cantano perchè sono felice di essere vivi un altro giorno”.
Forse è da questi uccelli che ci viene impartita la giusta lezione.
Essere felici del nostro nuovo giorno.

Leggi tutto

Tristemente romantico :) / 22 Agosto 2012 in L'amore che resta

“Abbiamo così poco tempo per dire le cose che vogliamo dire… Abbiamo così poco tempo per tutto… Va da lei…”
Un amore interrottto solo dalla malattia.
Due splendidi ragazzi con problemi diversi che riescono ad amarsi nonostante il dramma del cancro.
L’amore va oltre.
Quanti si fermano prima non capendo il dramma in atto, qualunque esso sia non solo così grave.
“Ora capisco che la morte è facile, è l’amore ad essere difficile…”
L’ultima scena è commovente per quanto bella.
Da vedere.

Leggi tutto

Sempre più belli e dannati. / 19 Giugno 2012 in L'amore che resta

Applicare la teoria di Belli e dannati alle implosioni sorde di Elephant, il tutto unito ai silenzi profondi e profondamente persi di Paranoid Park. E’ questo l’ingrato compito riservato a Gus Van Sant, regista che con il suo straordinario occhio alla modernità, riesce sempre a stupire anche chi, di solito, non lo segue. Gli adolescenti spaesati che come al solito cerca di ricreare, sono singolari nel loro essere simile e nel loro esporsi a poco a poco. Non esiste un lieto fine possibile, tra le lacrime, il dolore e la grande passione donata da Van Sant nel realizzarsi e nel ritornare ai suoi livelli. La storia dei due adolescenti Enoch, sociopatico con una forma di fanatismo per la morte e Annabelle, ragazzina malata terminale con poche illusioni e tante preoccupazioni, viene trattata con autorevolezza e singolare tatto, da uno dei registi più bravi dell’ era hollywoodiana contemporanea. L’amore che resta è un acuto melodramma giocato sul filo sottile che collega l’amore e la morte. L’amore è un gioco di specchi: finchè non si trova l’anima gemella tocca girare a vuoto, senza combinare nulla. La morte non è solo catartica, risolutiva, ma è anche beneaugurante. Enoch incontra Annabelle in una celebrazione di essa, un funerale dove quello è solito imbucarsi, senza un motivo preciso. Una delle due forze appena citate dovrà vincere sull’altra, lasciando però un vuoto dentro questi. Paragonato a più riprese ad un’altra opera del regista, in cui si aveva anche un countdown preciso e si sapeva come sarebbe finito tutto(Last Days, of course), forse erroneamente, questo è il film più maturo di Van Sant, un capolavoro di immagini, ritmo, colori, in cui il tutto si fonde in una giostra incredibile, in cui sovviene il tempo e le morte stagioni e la presente e viva e il suon di lei(bisogna sempre capir chi sia questa lei, di leopardiana memoria), e poi tutto risorge, trema e si spegne. Una poesia può essere paragonata ad un film? In questo caso probabilmente si. Van Sant, regista da sempre attento alle pulsioni e alle nevrosi, dovute al disagio, dei suoi esasperanti teenagers, dirige con grande stile una delle esperienze più gradite dell’anno. Presentato a Cannes 2011, clamorosamente nella sezione Un certain regard , anziché in quella principale, rappresenta un nuovo traguardo per il regista. In questo, più che in altri film del regista, si scorge la sua immensa passione per la vita: sia essa bella, brutta, inutile, dolorosa, futile, impossibile, felicissima o devastante, vale la pena viverla. Se Van Sant, preso dalla sua solita grande euforia, si fosse accorto che la storia che aveva in mano sarebbe potuta diventare veramente qualcosa più di un semplice cult per gli appassionati, probabilmente non avremmo mai avuto questo splendido L’amore che resta. E invece eccola qui l’ultima creatura dell’americano: Lontano da ogni commercializzazione, torna a far danzare in una macabra e grandiosa ballata, dolorosa e pura, i suoi abbandonati personaggi, malinconici e abbandonati all’avvenire, con la solita grande morte negli occhi, ma con la voglia di vivere fino in fondo questa grande avventura che è la loro vita. I due adolescente ritratti sono ognuno di noi, e anche il personaggio del fantasma kamikaze, eterno amico ed eterno rivale, riesce a farsi beffe del fardello di vivere. Il film scorre fluidamente e diventa anche divertente, pur essendo sempre melodioso e beffardo. Come il destino, come la vita. Se non ci credete chiedetelo a Annabelle e Enoch.

Leggi tutto

9 Maggio 2012 in L'amore che resta

Purtroppo alle volte la morte ci sembra l’unica via d’uscita….finchè non si trova l’amore…quello vero…che rende tutto vivido e a colori e ci fa capire perchè la vita vale la pena viverla. Un amore tenero e dolcissimo che nemmeno la morte può spezzare.
“Abbiamo così poco tempo per dire le cose dobbiamo dire….abbiamo così poco tempo per tutto….va da lei.”

Leggi tutto

Nomen omen / 24 Febbraio 2012 in L'amore che resta

Enoch, colui che non conobbe la morte, in questo film effettivamente sfugge alla morte, ma ci convive, la cerca, ne è ossessionato, ferito, straziato, colpito ma non affondato.
La scena finale è davvero meravigliosa, e la voce sublime di Nico la impreziosisce.

20 Febbraio 2012 in L'amore che resta

La trama non è nuova, tanto che grandi divi come Richard Gere e Wynona Ryder (“Autumn in New York”) e Keanu Reeves e Charlize Theron (“Sweet November”) si erano già cimentati nel genere. Quello che contraddistingue questo film è che è molto meno commerciale, meno smielato e molto più carico emotivamente.
Entrambi i titoli sopra citati sono stati pensati per un pubblico che cerchi la storia romantica e con una forte propensione alla lacrimuccia che non fa mai male.
Gus Van Sant va in un’altra direzione. Sceglie interpreti meno noti e copstruisce una storia in cui l’incomunicabilità ed il desiderio di trovare un senso alla vista che resta da vivere, trovano sfogo nell’amore. Un amore tra due personaggi ognuno dei quali carico dei suoi problemi, e che si trovano proprio in e per questo. Due isole nella corrente, se vogliamo, con una propria logica del sentimento ed un proprio peculiare modo di vedere se stessi e gli altri.
Ottima la fotografia e sapiente la regia.
Non è la solita commedia romantica strappalacrime, è qualcosa di più sentito e di studiato e che ha nei due protagonisti un importante punto di forza.

Leggi tutto

saluti / 19 Ottobre 2011 in L'amore che resta

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

più che una recensione annoto alcune considerazioni in ordine sparso, così come affiorano: sarebbero da riordinare… non le ho rilette, mi scuso se sono poco chiare.
Enoch ha quasi “vissuto” la morte, sfiorandola per poco tempo, quasi entrandovi, mentre i genitori sono deceduti.
Lui non ha partecipato al loro funerale, essendo in coma, e non ha vissuto i momenti della separazione da loro, rappresentati dalle esequie.
Li ha perduti senza vederli, soffrendo ancor più questo taglio.
Mi sembra interessante pensare frequentasse i funerali di sconosciuti per cercare, per “vedere” come è staccarsi da una persona (potendolo fare), per cercare il funerale perso. Contemporaneamente per vedersi, lui che ha quasi intravisto il nulla dell’oltrevita, per capire che faccia ha un morto, forse sentendosi in qualche modo tale.
Mi piace pensarlo un po’ così, vivo, ma non del tutto vivente nel presente: non frequenta scuola, forse non ha molti amici, indossa abiti scuri e non usuali per un ragazzo della sua età. Conversa con un fantasma (immagine “separata” da un corpo) di un coetaneo vissuto molti decenni addietro, finché non conoscerà Annabel, ragazza cui rimane poco tempo da vivere.
Nasce un sentimento.
Il loro rapporto ha una scadenza certa, e sarà la morte a decretarla.
Quella morte che Enoch cercava errando tra il cimitero e le sale mortuarie ora si presenta con il volto della ragazza di cui è innamorato, dolcemente sereno. La vita, il flusso della vita in evoluzione e la sua varietà sorprendente, manifestata dalla passione per Darwin, si mescolano alla consapevolezza di portare già con sè un po’ di morte. Si prospetta una separazione reale, si vive il tempo che rimane colorandolo di germogli che non avranno possibilità di vita.
Enoch forse all’inizio non affronta questo pensiero, sopraffatto dal loro nuovo e tenero affetto, dal nuovo legame che sperimenta, lui fino a prima in fuga dalle persone.
La malattia non tarda a manifestare su Annabel i primi gravi effetti e rende tangibile l’immediato destino che Enoch dovrà affrontare e sopportare.
Staccarsi, separarsi, subire una distanza che non avrà limiti, rinunciare alla persona amata. Evapora, bruciato, il tono quasi giocoso di trattare con la fine. Enoch ricorda il nulla intravisto anni prima e lo vede pararsi dinnanzi.
Ora è costretto a trattare con la realtà. Non serve infrangere la lapide dei genitori, simbolo freddo di un ricordo, di un precedente abbandono.
Annabel c’è, ancora per breve tempo, poi non sarà più con lui.
Hiroshi, giovane pilota kamikaze, aveva scelto la morte. Aveva preparato la sua morte. Conserva un rimpianto, non aver potuto spedire l’ultima lettera di commiato alla sua amata. Non avere, cioè, avuto la possibilità di stemperare gli ultimi istanti nel congedo, nel saluto, nel separarsi sfiorandosi mentre la distanza aumenta sempre più.
Hiroshi compie la sua missione di far comprendere a Enoch questo sentimento. Il ricordo, la memoria del tempo ed esperienze condivise e vissute: guardare a ciò che è già stato e conservarlo. Davanti non ci sarà più nulla se non la cessazione di una persona e di un rapporto. inevitabile, invincibile, non affrontabile. Enoch resterà in vita, concluderà il segmento di cammino percorso con Annabel che non lo lascerà uguale (bello il ricorso all’analogia con Darwin e l’evoluzione) e proseguirà a vivere custodendolo in sè. Celebrerà il funerale con questa consapevolezza, quella di aver vissuto, di aver sperimentato, ricevuto, amato, condiviso… non sono parole quelle che potrà pronunciare: a chi sarebbero rivolte? Vediamo immagini, quelle dei luoghi per loro importanti, che sintetizzano qualcosa di accaduto, di bello, che c’è stato.
Non un’assenza, ma la presenza di quanto è stato. Ed il sorriso di questa consapevolezza chiude il film.

Leggi tutto

Love is a verb, love is a doing word (Massive Attack) / 16 Ottobre 2011 in L'amore che resta

(Sette stelline e mezza)

Van Sant mi piace molto: apprezzo tanto il suo sguardo oggettivo, distante, ma sempre partecipe. E la sua sensibilità mi colpisce puntualmente.
Sa raccontare bene le sue storie, sviscerandole con un tocco lieve ma pieno di carattere.

In quest’ultimo film, la lacrima è perennemente in agguato, vuoi per l’argomento che muove la storia, vuoi per il senso di ineluttabilità che queste situazioni trainano inevitabilmente con sé.
Fortunatamente, il tono inevitabilmente patetico del racconto è mitigato da una bella caratterizzazione dei personaggi che, pur stereotipati, sono credibili quanto basta, ben supportati dalla bella interpretazione della Wasikowska (così somigliante alla Farrow di una quarantina di anni fa, con quel caschetto biondo e i vestiti rétro) e dalla sincerità dello sguardo del pur acerbo Henry Hopper.

La Morte che, qui, incombe in maniera soffocante, esalta il senso della costante ricerca di armonia interiore di adolescenti amabilmente complessi e dolcemente affascinanti.

Restless è una ballata gentile che spezza il cuore anche se si conclude con un sorriso.

Leggi tutto
inserisci nuova citazione

Non ci sono citazioni.

Non ci sono voti.