Reed il rosso / 8 Luglio 2016 in Reds

La seconda pellicola del Warren Beatty regista è un biopic dedicato alla figura controversa di John Reed, giornalista americano di idee comuniste che si divise tra politica e scrittura, viaggiando continuamente tra USA e Russia nella seconda metà degli anni Dieci, prima della morte per tifo, contratto durante il Congresso dei popoli orientali di Baku del 1920.
Rappresentare un soggetto del genere (Reed è l’unico americano sepolto al Cremlino) in epoca reaganiana fu un’operazione assolutamente ardita, premiata però da un discreto favore di critica. Non altrettanto fu il successo ai botteghini, a causa anche di un budget notevole per l’epoca (35 milioni di dollari circa), dovuto anche alla durata smisurata (oltre 3 ore).
La storia è quella di Reed ma anche quella di sua moglie Louise Bryant, emblema della donna emancipata di inizio Novecento. I due coniugi sono interpretati più che discretamente dallo stesso regista e da una Diane Keaton che difficilmente fallisce un colpo.
La sceneggiatura è davvero ben fatta, un crescendo formidabile che forse eccede in lunghezza soltanto nella prima parte, dove si poteva ridurre qualcosa senza togliere quel taglio epico che permea la narrazione. Forse la sceneggiatura meritava l’Oscar più che la regia, ma l’Academy decise evidentemente di premiare l’enorme sforzo di Beatty.
Nulla da dire, invece, sulla statuetta per la fotografia a Vittorio Storaro che fa il bis a stretto giro dopo le meraviglie di Apocalypse Now, proponendo atmosfere assolutamente adatte all’epoca in esame, con in più il tocco da mostra fotografica delle interviste ai testimoni, nella classica ripresa a ritratto, su sfondo nero, corredata da luci impeccabili.
Il terzo Oscar vinto dal film è andato a Maureen Stapleton, attrice non protagonista con una piccola parte nel finale. Sull’analogo versante maschile non avrebbe demeritato Jack Nicholson, che dopo le meraviglie di Shining si reinventa nel ruolo del Premio Nobel per la letteratura Eugene O’Neill: un personaggio secondario, che appare poche volte, ma quando lo fa lascia il segno, come nel dialogo con la Keaton della seconda parte (anche qui, ovviamente, grande merito va alla sceneggiatura).
Il film si incentra sulla figura del Reed politico, quello che tentò di portare il comunismo negli USA, con scarso successo, anche perché contrastato da istituzioni decise a far di tutto pur di impedire quanto si era verificato in Russia nel 1917.
Del Reed scrittore, quello che più aveva inciso nella Storia del Novecento con il suo I dieci giorni che sconvolsero il mondo, si occuperà un altro film dedicato al giornalista, uscito un anno dopo quello di Beatty e diretto da Bondarčuk. Un film di livello inferiore a questo, ma con il pregio di entrare in profondità negli avvenimenti della rivoluzione d’Ottobre, fatti cui Beatty accenna soltanto pur nella mastodontica durata della pellicola.

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