Recensione su Ready Player One

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«HO UNDICI ANNI: AMMAZZATEMI PER PRIMO!» / 2 Aprile 2018 in Ready Player One

È un film per ragazzi, chiaro. Ma dov’è il confine fra l’adolescenza e la nerditudine? Da Steven Spielberg mi aspettavo una presa di posizione chiara al riguardo. Spielberg è l’autore del Novecento che ha definito il senso della meraviglia dell’adolescenza: è un dolore vedere in un suo film un nuovo branco di amici cazzeggiare per un videogioco (poi rinnegato) invece che fra di loro o con gli alieni o con i dinosauri o con gli scienziati pazzi o con i fantasmi; vederli agire per vincere e non per scoprire; mascherarsi e isolarsi invece di strabuzzare gli occhi alzando lentamente lo sguardo verso una nuova imponente sorpresa.

Alla fine di Ready Player One io ho percepito una perdita: i giovani protagonisti non hanno coltivato un ricordo formativo e prezioso, il proverbiale «tesoro che è dentro di te», o «la meta è il viaggio». Il tesoro del film (lo “easter egg”?) è un colpo di spugna, un’ammissione di colpa per abbracciare un terrificante, conservatore, omologante, anacronistico status quo. Il film ambiva a diventare cult generazionale, come dicevo all’inizio, ma che ispirazione fornisce al pubblico dei ragazzi (per tacer delle ragazze)?

La malinconia di un’esperienza irripetibile ma incancellabile dalla memoria e preziosa piú di tutto; il “ricordo di un estate” del suggestivo sottotitolo italiano di Stand by Me (1986); il momento dello striscione “WHEN DINOSAURS RULED THE EARTH” del finale di Jurassic Park (1993); l’educazione sentimentale dell’androide che voleva diventare un bambino vero di A.I. intelligenza artificiale (2001); il sacrificio del Gigante di Ferro, che qui si ha anche l’ardire di richiamare; insomma: il culmine catartico che dà alle fantasie letterarie la dignità di strumenti di vita, liberandole dalla colpa originale di essere finzione, è ciò che Ready Player One invece nega, condannando la finzione e abdicando alla meraviglia. Lo fa il libro e, ahimé, Spielberg gli è andato dietro: ha potuto cambiare molto, perché non questo? Che il maestro del sense of wonder la meraviglia lasci a desiderarla è un tradimento sconcertante, ancor di piú se i traditi sono della generazione giovane.

3 commenti

  1. marcomaffei12 / 3 Aprile 2018

    condivido l’ottima recensione, per cui non capisco il voto: per me è un 6…

  2. Stefania / 3 Aprile 2018

    Non ho ancora visto il film, però, come dici anche tu @franz, il romanzo non sembra proporsi come una vera esperienza formativa come quella delle avventure cinematografiche 80’s a cui attinge (infatti, non mi è piaciuto tanto: dal punto di vista letterario, il compendio di nerditudine mi è sembrato abbastanza fine a se stesso).

  3. Francesco / 5 Aprile 2018

    @marcomaffei12 il commento era parte di una recensione più lunga dove comunque mi limitavo agli aspetti del film che hanno deluso la mia personale aspettativa. Ammetto che avrei dovuto fare menzione anche degli aspetti positivi che comunque rendono il film spettacolare e allo stato dell’arte, quindi meno di 8 non potevo dargli. Insomma, mi è piaciuto comunque e vorrei pure rivederlo. Mi sono soffermato su quello che gli ha impedito di diventare un cult, secondo me.

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