Recensione su Rashomon

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19 Aprile 2013

Rashomon è il film che ha fatto conoscere Kurosawa al mondo intero. Siamo nel 1950 e il regista era attivo già da qualche anno. Come uno scultore, il nostro ha scolpito un’opera che è rimasta negli annali. Non che all’inizio i produttori furono entusiasti della pellicola, infatti non valutandola buona, decisero di non distribuirla.
Ciononostante il film venne messo in circolazione, arrivando a Venezia dove viene premiata con un bel Leone d’oro. La trama riprende due racconti e vede come protagonisti oltre a Toshiro Mifune (sempre sia lodato) che interpreta un brigante di tutto rispetto, un boscaiolo, un monaco che ha perso la fede e la fiducia nel prossimo e un tizio qualsiasi. Questi ultimi tre si trovano a far proprio un’esperienza raccontata dal monaco stesso, durante una giornata di forte pioggia.
L’omicidio e lo stupro, questi sono i temi.
In un bosco si è tenuto l’omicidio di un uomo, lo stupro di sua moglie. Però ridurre la pellicola ad una mera storiella, tradimento-omicidio, è di una pochezza indescrivibile. Tant’è che Rashomon mostra come una vicenda sia interpretabile in modo diverso da persona a persona.
Pensate di essere in un moderno tribunale, dove sentiamo le parti. Ognuno viene ascoltato anzi interrogato, così avviene sia per lo stupratore che per la diretta interessata, la vittima.
Una specie di stregone cade in trance e parla a nome del marito ucciso, filo di collegamento dall’Aldilà. Naturalmente, ci sarete arrivati, le versioni fra loro sono incompatibili.
Agli occhi del brigante, egli stesso si è mosso da eroe, con coraggio, con forza, durezza, come un uomo, ha visto la donna, le era piaciuta, ha usato l’astuzia facendo prigioniero il marito ed ha “preso” quello che voleva. La donna come una preda, un feticcio. Sostiene di aver combattuto il marito ed aver vinto in modo formidabile. Oppure no ?
E la donna ? Fin quanto è vittima e preda e quanto invece vuole salvare la faccia (come ogni personaggio interessato all’evento del resto) ? E cosa c’è dietro lo sguardo del marito; come comportarsi durante e dopo l’accaduto ? A queste domande verrà data risposta ? Il punto è che ogni versione dei fatti potrebbe essere quella giusta o quella sbagliata, il clima che si respira nella pellicola è negativo, pessimista. Non ci si può fidare di nessuno o in alternativa questa affermazione diventa la domanda “su chi ci possiamo fidare ?”.
E’ particolare come nella pellicola lo spettatore (almeno io xD) cerchi la verità. Più cerca la verità più ci si allontana, un po’ come avviene nel combattimento fra Il brigante e il marito tradito/ferito nell’orgoglio. Infatti nel combattimento (quello vero) dei due, non c’è nulla di epico, non è come racconta il personaggio interpretato da Mifune. E’ fatto di spade che tremano, rincorse, distanze, corse e cadute.
Un clima pesante che si alleggerisce con un evento nelle scene finali, una positività ritrovata a causa di un infante abbandonato.
DonMax

1 commento

  1. alex10 / 21 Maggio 2013

    film straordinario…
    io sottolineerei anche la tecnica sublime delle inquadrature…soprattutto quando c’è la storia come la racconta il boscaiolo….sembra una di quelle fiabette della nonna quando tele immagini che vengono raccontate…le storie sono belle..
    e poi i chiaroscuri in questo film sono qualcosa di incredibile…guardando il film si provano emozioni intense !! grazie a Kurosawa…mai visto un film così semplice ,ma allo stesso tempo pieno di significato…è PROPRIO VERO…dalle cose più piccole si possono far nascere capolavori inimitabili…
    BELLA RECENSIONE !!!!!!

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