Recensione su Toro scatenato

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Questo è spettacolo! / 12 Giugno 2013 in Toro scatenato

Un film voluto, cercato, un film che doveva in ogni modo essere realizzato, così potente, controverso e per nulla hollywoodiano, nel vero senso del termine. In questa opera il sodalizio Martin Scorsese/Robert De Niro, coadiuvati dall’ottimo lavoro di sceneggiatura di Paul Schrader raggiunge un livello espressivo superiore, mettendo in scena la tragica e disastrosa esistenza del pugile italo americano Jake La Motta, il “Toro del Bronx”, personaggio disturbante, squallido, paranoico, ossessivo e possessivo, vittima di se stesso e delle proprie turbe, più che dell’ ambiente che lo circonda. “Toro Scatenato” tratta per l’appunto la storia di un disastro esistenziale, di un uomo con un grande talento, che quasi rifiuta di avere, votato all’autodistruzione, al non rispetto per se stesso e per gli altri, un selvaggio, dentro e fuori dal ring, prigioniero di una natura estremamente violenta, si, la violenza, l’unico linguaggio con il quale il nostro mostra di sapersi esprimere, in un mondo che non capisce e nel quale non si sente a proprio agio. Jake La Motta è probabilmente il classico individuo ritrovatosi suo malgrado a vivere in un’era sbagliata, un’epoca fin troppo civilizzata per il proprio temperamento primitivo, egli infatti è paragonabile ad un gladiatore, un uomo da arena romana, il classico guerriero che non va per il sottile. Il suo mondo è tutto lì, nel ring (la sua moderna arena), luogo dove può sfogare un’ incredibile rabbia e tutto il rancore che cova nell’animo. Scorsese è però abile nel mostrare che la vita non è solo quello, un ring, ed altrettanto grandioso quando ci narra, attraverso un rigoroso bianco e nero, nel quale a dire il vero c’è più grigio, il punto dove Jake “il gladiatore” cola a picco, quando vittima delle proprie paranoie e dall’ossessione per il peso, inizia a distruggere, pur non accorgendosene, ciò che di più bello ha, la famiglia. Dalla giovane e bella moglie Vickie, vittima della furente gelosia del marito, al fratello manager Joey a sua volta vittima dell’esuberanza sfacciata di Jake. Insomma una moderna discesa negli inferi, annunciata sin dagli straordinari titoli di testa, poetici e significativi nel mostrarci la solitudine di La Motta, mentre sulle note della Cavalleria Rusticana di Mascagni, percorre il ring su e giù, saltellando e sferrando pugni nel vuoto, come circondato da una fitta nebbia, una foschia che vuole isolarlo dal mondo esterno. Bob De Niro non interpreta, è Jake La Motta, un ruolo fortemente voluto, che lo ha messo alla prova anche fisicamente, famosi ormai i suoi 30 Kg presi per mostrare il declino di Jake, ormai in disfacimento fisico. E se De Niro è al proprio meglio, , Martin Scorsese è gigantesco ed esemplare nel dirigere e raccontare l’ascesa e la caduta di questo animale in gabbia.

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