Avvincente / 29 Agosto 2022 in Che Dio ci perdoni

Seppur con qualche cliché del genere, il thriller messo in scena da Sorogoyen è un’opera che merita assolutamente la visione.
Al di la del comparto tecnico perfettamente funzionale alla storia con regia e fotografia azzeccatissime, quello che colpisce particolarmente bene in Che Dio ci perdoni è la caratterizzazione dei personaggi.
La coppia di detective, nonostante un’apparente suddivisione macroscopica in sbirro buono/sbirro cattivo, nasconde una profonda umanità e non scade nel manicheismo.
Ciò che lega il detective Velarde al detective Alfaro, seppur agli antipodi in tutto e per tutto, è la profonda solitudine scaturita da motivazioni e comportamenti diversi, anche opposti se vogliamo.

Molto interessante anche il serial killer che uccide e stupra donne anziane e che viene classificato per via di una caratteristica somatica particolare.

Un plauso a tutto il cast, attori primari e secondari;
degno di nota il lavoro fatto da Antonio de la Torre(Velarde) sulla balbuzie che lo attanaglia, interpretazione lodevole.
Idem con patate per Roberto Alamo(Alfaro):
rozzo, volgare e violento ma col cuore dalla parte giusta.

Arrivati ai titoli di coda mi è sembrato anche più chiaro il titolo del film che mi è parso come una sorta di para-preghiera laconica.

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