14 Novembre 2021 in Taipei Story

Taipei, confine tra mondo occidentale e mondo orientale, tra gli echi del comunismo e la colonizzazione capitalista, in un periodo storico che si appresterà a vedere il declino del modello sovietico, l’avvento del nuovo modello comunista cinese, la globalizzazione di un mondo che diverrà riunificato dopo la caduta del muro.
Non è un caso se i due protagonisti, Chin e Lung, stia considerando di trasferirsi negli Stati Uniti, mondo opulente ed idealizzato che sembrerebbe l’ancora di salvezza per una relazione allo sfacelo, contraddistinta dall’apatia, il distacco, l’incomunicabilità.
Questo “sogno americano” irrealizzato ed irrealizzabile di cui lo stesso Lung, nei frammenti finali, è una critica a quel mondo stoicamente espressa.

Fotografia pazzesca, che mostra la contaminazione occidentale di un mondo che sta assumendo il modello occidentale attraverso la disseminazione di elementi commerciali occidentali, di un mondo orientale fatiscente che ode ancora gli echi del totalitarismo e che si muove su quel sottile confine.
Luci e neon contraddistinguono molte inquadrature – la più suggestiva è quella con l’immensa insegna della Fuji – così come le ombre in cui il regista è capace di rendere perfetto un dialogo interamente al buio – non a caso, fondamentale per il rapporto tra Lung e Chin, definitivamente deflagato.
In questa non-relazione si ramificano storie familiari, rapporti di amicizia e lavorativi che richiederanno il mutuo soccorso di entrambi i protagonisti, incapaci di comunicare le loro difficoltà, di sostenersi.
Le relazioni extraconiugali non sono mai mostrate durante il loro sviluppo né durante la consumazione del presunto tradimento ma sono carpite da dialoghi lasciati in sospeso da Chin e Lung.
Due amanti in fuga in parti completamente opposte che seppur ciò non rinunciano all’accomodante possibilità che la salvezza possa giungere migrando negli Stati Uniti, in cui “Los Angeles sarebbe come Taipei” ma in cui è consentita la follia di sparare legittimamente da chiunque venga considerato pericoloso per la propria proprietà privata in caso di sconfinamento in quel perimetro delineato dalla società e le leggi di un mondo che difende strenuamente i diritti di legittima difesa in caso di violante di quell’indiscutibile diritto su cui è fondato il modello egemone americano: la proprietà privata.
La stessa Taipei che ha rinunciato alla sua identità “in cui i palazzi sono tutti uguali”, facendosi consumare da quell’integrazione dell’opulenza.

Un film in cui apparentemente non accade nulla: come i protagonisti e la stessa società, si subisce passivamente ad un cambiamento che inibizza le persone il paese, in cui si vive di estemporanei attimi di spensieratezza, di aggregazione, in cui si continua a farsi fagocitare, senza nulla potere, dal processo di cambiamento.

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