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Pusher

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Spacciatore o spacciato? / 16 Marzo 2014 in Pusher

Primo film per il regista danese Refn e primo capitolo della sua trilogia dedicata al mondo dei pusher. La storia è interessante, in grado di catturare l’attenzione dello spettatore gradualmente e fino alla fine. Refn è molto abile nell’inventare e nel descrivere una Copenaghen oscura, costellata di pericolosi criminali e dal tono strettamente pulp.
E così il pubblico viene proiettato nella più difficile settimana della vita di Frank, tra droga, soldi, armi e sangue, in cui l’unico scopo è guadagnarsi la desiderata libertà e la salvaguardia della propria vita.
E’ un film che intriga per le ambientazioni, i dialoghi, le situazioni ed i personaggi. Mi sento principalmente di consigliarlo a chi ha una certa attrazione per la tipologia di storie a cui esso strizza l’occhio.

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La rivalutata entrata in gioco di un regista la cui bravura è eccelsa: un cult del cinema underground / 26 Dicembre 2013 in Pusher

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film Danese del 1996, primo di Refn…distribuito in Italia solamente nel 2007 !
È un’opera piuttosto giovane che da un senso di incompiutezza ma, vedendola 17 anni dopo, possiamo notare come sia in pieno stile Refniano e lancia molte idee che potrebbero essere perfezionate dietro una cornice più abbellita e curata che porterebbe anche ad ampliarne e rafforzarne i contenuti.
Non mancano sequenze tipiche del regista danese, alcune ambientate in locali tramite i quali può permettersi di usare luci ad intermittenza. Nelle successive opere, di quell’effetto, che tanto surreale rende il film, Refn fa un uso perenne senza sentire il bisogno di giustificarle ambientando le sequenze in locali, ad esempio. Lo usa così, non giustificandosi, e ciò rende il tutto meno realistico , non evitando, tuttavia, il nudo realismo di certe scene.
Ciò rispecchia di più la psicologia del protagonista che compie un viaggio psicologico onnipresente, o quasi, nella filmografia di Refn.
Qui, invece, di surreale c’è ben poco, perché si tratta di una pellicola cruda e realista.
Infatti, il nostro protagonista è un Pusher che ben presto si ritrova coperto di debiti.
Egli di ritrova a reagire in modo via via più violento in un contesto, di fatto, in mano alla criminalità. Nella prima parte c’è meno violenza ed è certamente un’opera più godibile e sembra quasi d’intrattenimento. Ma poi aumentano la violenza ed il sangue, il film diventa più morboso, così come il nostro protagonista che si ritrova ad essere più nervoso, più drogato ed anche più violento; tutto per via della sfortuna e dei debiti. Sfortuna che, però, si è costruito da solo (è intuibile) appartandosi un mondo criminale dove lo spaccio di droga è il suo lavoro e passatempo.
In realtà, la differenza tra parti divertenti e realiste è testimoniata dal successo che ha avuto questa pellicola, successivamente ritenuta un cult de cinema underground.
C’è poca speranza in quest’opera ed essa è nella scena a casa della madre che non aveva la minima idea di cosa combinava il figlio e non lo vedeva da tempo, non esita però a dargli dei soldi per coprire i suoi debiti: qui si intuisce come il personaggio (che si chiama Frank ed è interpretato da Kim Bodnia) non sia nato in quell’ambiente sporco di Copenaghen ma ci sia finito man mano fino a sguazzarci. Il tutto fino ad arrivare a quel finale beffardo, che toglie ogni dubbio, che mozza il fiato. Zoom sul volto di Frank beffato dalla sua ragazza; è un finale che veramente riesce a colpire e taglia l’ultimo filo di speranza tessuto nella scena precedente, in cui il boss Milo aveva accettato i suoi soldi e non ne aveva richiesti ulteriori, perdonando il resto non pagato da Frank.
Dunque, è un film che rispecchia la storia del suo personaggio principale, analogamente ad altri lungometraggi diretti da Refn. Per quanto strano può apparire, lo spettatore non si immedesima nella storia, ciò, a mio modo di vederla, è voluto dal regista che gira la totalità del film con la mdp a mano. Tutto per via della regia, che in questo film parla chiaramente.
Frank non è l’unico personaggio da annotare, essendo il cast più scarno, i principali, seppur pochi, assumono maggior importanza.
Tonny (interpretato da Mads Mikkelsen) e Milo (interpretato da Zlatko Buric) sono altri esempi da constatare.
Tonny, inizialmente, sembra quasi il protagonista della nostra storia: pervertito e drogato che collabora con Frank, per poi tradirlo.
Stando a quanto mi hanno detto, questo personaggio uscirà anche nel prossimo capitolo, della trilogia “Pusher”, perché di trilogia si tratta. Io, francamente ho dubbi sull’utilità di questo personaggio in questo film e spero che nel prossimo subirà un cambiamento, certo è da dire che Mikkelsen ha ben reso il personaggio.
Milo è colui a cui il protagonista deve dei soldi: lo chiama amico, ma si intuisce la sua crudeltà criptata, che poi emerge verso la fine del film.
Altri personaggi, blandamente caratterizzati, fanno da sfondo a questa storia [tipo la ragazza di Frank (interpretata da Laura Drasbæk)], ma di analizzarli non vale la pena.
Traendo le dovute conclusioni, questo è un film non male da vedere, chi è appassionato di Refn non può perderselo, perché questo è un Refn non ancora maturo. ma è interessante vedere il suo esordio alla regia.
In sé, l’opera non è certo un male, divertente nei primi minuti e via via più spietata e disturbante.
Sicuramente non un capolavoro: è un lungometraggio che non ha freschezza di fondo né lucidità nei contenuti, ma è assai coerente e tecnicamente ha pochi difetti…certamente diversi da quelli delle sue successive produzioni che, pur esseno più raffinate, ne presentano di difetti.
Sicuramente, quando si parla di Refn non si può che dire di un regista abilissimo, con un suo stile non trascurabile, che tanto piace al sottoscritto; per me deve solo curare meglio alcuni aspetti, però sa affrontare progetti diversi sempre dominati dalla violenza e, talvolta, riesce veramente bene (come in Drive, ad esempio).
Da parte mia, mi piacerebbe vedere i successivi capitoli di The pusher e, sempre di Refn, guardare Bronson (e magari anche altro) perché dicono sia bello.

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1 Giugno 2013 in Pusher

Spacciatori per una settimana, ecco quello si prova una volta “inseriti” dentro l’opera prima di Nicolas Winding Refn (e prima parte della trilogia del Pusher). Pensate al vostro comune lavoro di tutti i giorni con stress? Allora andatevi a vedere quello di uno spacciatore, certamente anche lui avrà i suoi momenti di sfarzo (alti ma brevi) ma per il resto quando vorreste prodigarvi nel far combaciare incontri su incontri ad ogni ora del giorno e della notte con il rischio sempre in agguato dietro l’angolo?

“Pusher” in parole povere è tutto questo, uno spaccato che mostra il volto peggiore di una fetida Copenhagen girato in camera a mano dal qui esordiente Refn. Il risultato è una pellicola instabile che passa da ritmi accesi a momenti più dilatati ma mai privi di tensione, sembra davvero di essere l’occhio nascosto dentro alla vicenda che si fa nel frattempo sempre più serrata. Sino a quanto si può tendere una corda senza farla spezzare?

Colonna sonora heavy/rock adeguata e pronta a scattare nei momenti giusti, si fa ben notare anche l’alternanza fra spazi pieni e vuoti, poi ho particolarmente apprezzato (oltre al protagonista) il malavitoso Serbo Milo e il suo compare per la “finta cortesia” profusa ai quattro venti e respirabile su ogni secondo che li vede in scena.

“Pusher” non chiede di più di quello che è, nella sua semplicità un opera meritevole d’attenzione che almeno nel mio caso ha tenuto lontano la noia.

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