Recensione su Pulp Fiction

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“Leggi la bibbia, Brett?” / 8 Aprile 2014 in Pulp Fiction

Vent’anni dall’uscita. Vent’anni di fama. Vent’anni di fan che hanno imitato scene, frasi, personaggi. Fan che si sono innamorati delle musiche, delle situazioni, dell’ironia e dei dialoghi. E un po’ si sono innamorati di quel ragazzo del Tennesse che passava le giornate a lavorare in un videonoleggio.
Si, perché Pulp Fiction è la consacrazione di Tarantino. Si può discutere magari sul fatto se sia o meno il suo miglior film, ma non si discute invece sul fatto che è grazie a questa pellicola che la sua fama è andata ad espandersi a livello internazionale. Se contate che la regia precedente è quell’altro cult de Le Iene, si capisce facilmente di che film di enorme portata stiamo parlando.
La bellezza del cinema di Tarantino è situata in molte cose. Sta nel suo citazionismo sfrenato, nelle sue inquadrature particolari, nella scelta delle musiche, nella bizzarria dei suoi personaggi, nei piccoli dettagli. Questo film ha il pregio di riuscire a raccoglierli tutti ed a sistemarli nei giusti tasselli. Così una storia (o più storie, se preferite) di genere exploitation si eleva a “pulp”. Una pellicola che intrattiene, emoziona, affascina, cattura col suo incolmabile carisma. Forse per le sue particolarità, come la narrazione cronologicamente mescolata, ma che non confonde (e si rivela vincente), la colonna sonora grandiosa, i dialoghi articolati e studiati, ma allo stesso tempo spontanei, ironici, anche volutamente surreali, i personaggi caratterizzati alla perfezione e tanto altro.
Si. Indubbiamente quel ragazzo del Tennesse che passava le sue giornate lavorando al videonoleggio ne ha fatta di strada.

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