Recensione su Psyco

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5 Settembre 2014

“Psycho” ha scritto la storia del cinema, benché sia stato girato nel 1960 ancora oggi il capolavoro di Alfred Hitchcock sa colpire lo spettatore nel profondo, sia per la splendida tecnica cinematografica sia per la trama attuale nonostante il tempo trascorso.
C’è una velata e raffinata sensualità (basti pensare alla scena iniziale e alla visione di Janet Leigh in una camera d’albergo semi-svestita accanto al suo amante, reduci da una sessione di passione) che fa da contrasto all’atmosfera cupa, ombrosa, misteriosa, opprimente che filtra attraverso le immagini.
Terrificanti le riprese del motel sotto una pioggia torrenziale così come quelle della casa di Norman Bates, sempre inquadrata dal basso e con in sottofondo un cielo tetro.
E poi come non citare la celebre scena della doccia, come non citare quel montaggio quasi maniacale fatto di continui stacchi, ora il getto che viene inquadrato dall’alto, ora il volto sereno dell’attrice ignara di ciò che le sta per accadere, ora l’ombra che appare dietro la doccia, ora lo scintillio della lama che appare nel buio, il tutto creato con quella magistrale tensione che solo Hitchcock sapeva regalare.
E poi l’indimenticabile scena della cantina, con quella lampada che oscilla a destra e a sinistra, quell’affascinante ed enigmatico gioco di chiaroscuro, la luce e l’ombra, il male e il bene, un gioco di duplice personalità come la mente di Norman Bates ed è proprio il suo sorriso mefistofelico che chiude tutto il film, un autentico colpo di genio da parte del regista.
Ottima l’interpretazione di Antony Perkins, un’interpretazione talmente sofferta e intensa da segnare non solo la sua carriera cinematografica, ma tutta la sua vita(dovette ricorrere all’aiuto di un psicoanalista per poter dimenticare il suo ruolo), così come tutto il film segnò la vita dell’altra attrice, Janet Leigh che, disse, non riuscì più a farsi una doccia in una stanza d’albergo.
Un film che ha segnato indelebilmente la vita degli attori protagonisti ma che segna anche profondamente l’animo dello spettatore e che lo fa precipitare in un vortice di orrore e di follia senza fine.
Dopo aver visto questo film si può solo constatare la differenza che corre tra un genio del cinema e un bravo regista, il primo sa creare, il secondo sa soltanto emulare.

1 commento

  1. Fisher / 9 Marzo 2015

    Ho delle perplessità…
    Perché ti sorprendi che un film del 1960 possa colpire nel profondo lo spettatore? Pensi che per far ciò ci sia bisogno di mezzi altamente tecnologici?
    Hitchcock, tra l’altro, non ha alcun merito per la trama (ha curato esclusivamente la regia). Perché dici che la trama è molto attuale? Per la questione della psicanalisi? O perché una donna guida un’automobile?
    Io questa “velata e raffinata sensualità che attraversa tutta la pellicola” non l’ho notata proprio. Come non ho mai notato la casa di Norman “sempre inquadrata dal basso” (Hitchcock utilizza un totale frontale). E poi volevi dire “una pausa pranzo di passione” e non “una notte di passione, giusto? Perché la scena di cui parli non si svolge alla fine di una notte insonne ma alle 2:43 del pomeriggio (la stessa protagonista dice che deve ritornare in ufficio).
    Che sia un film che ha fatto storia, nulla in contrario 😉

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