17 Recensioni su

Psyco

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Psycho / 3 Giugno 2020 in Psyco

“Psycho”:forse il film più celebre di Alfred Hitchcock, forse il suo film migliore. La storia è nota: il maestro del brivido la racconta con una regia praticamente perfetta. Una regia geometrica, dove nulla è lasciato al caso: dove il non visto addirittura prevale sul visto, almeno per quanto riguarda gli effetti di suspence ed eccitazione nello spettatore. Pensiamo alla celeberrima scena della doccia: dell’omicidio vediamo poco o nulla. Eppure la scena è diventata una delle più importanti sequenze mai girate in tutta la storia del cinema. Le altre sequenze del film, inoltre, non presentano in alcun modo violenza: eppure Hitchcock violenta lo spettatore con una sceneggiatura semplice eppure degna di un grandissimo giallo, un uso dei primi piani forse unico in tutta la storia del cinema, un uso della MDP “lento”(le sequenze infatti vengono dilatate, nonostante gli atti efferati vengano ridotti a pochi secondi, se non a pochi fotogrammi) ed una colonna sonora semplice eppur spettacolare di archi del mai troppo ricordato Bernard Hermann. Eppure, nonostante la violenza sia ridotta al minimo, “Psycho”, come altri film di Hitchcock, parla di voyeurismi: la sequenza dove Norman osserva Marion che si spoglia ne è l’esempio più lampante, e forse anche il più bello dal punto di vista stilistico.
Le parole di Norman a chiusura del film spiegano la concezione del cinema di Alfred Hitchcock meglio di qualsiasi saggio:”Probabilmente ora mi stanno sorvegliando. Bene, lasciamoli fare. Farò veder loro che specie di persona sono. Non scaccerò nemmeno quella mosca. Spero che mi stiano osservando. Così vedranno. Vedranno e sapranno.”

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Un capolavoro / 14 Agosto 2019 in Psyco

Un autentico capolavoro. Toglie il fiato dal primo all’ultimo secondo. Incastro perfetto tra musica e dialoghi. Bianco e nero da vedere assolutamente.

Il centro è Janet Leigh / 6 Aprile 2017 in Psyco

Finchè c’è Janet Leigh in scena, questo film è praticamente perfetto; la seconda parte è ottima ma tutto sommato si accomoda nei binari dell’indagine. Con la cinepresa addosso alla Leigh invece, siamo alle massime altitudini del cinema; le sue dosate espressioni facciali sono la magnifica epifania di un conflitto interiore soppesato in ogni sua declinazione, trasuda sensualità, determinazione, paura, autocontrollo. Attorno a lei Hitchcock costruisce un mondo di oggetti significanti, dalla busta coi dollari al giornale, dal tubo della doccia al coltellaccio, dalla scarpa col tacco alla traccia/bigliettino, tutte cose che restano impresse a fuoco nella memoria dello spettatore. Anthony Perkins iconico, forse oggi soffre di iper-rappresentazione e come tutti i miti teme la polvere del tempo, ma la sua dolcezza ferina è ancor oggi penetrante; dopo i famosi 45 secondi della doccia, ho trovato sensazionale la lunga sequenza di metodica pulizia del luogo del delitto (piccola nota a margine: ho pure sorriso scoprendo che uno degli psicopatici più famosi al mondo indossava le clark!)
Magnifica la carrellata di apertura su Phoenix, con la cinepresa che sgattaiola dentro la stanza di un motel dove brucia la passione tra la Leigh e John Gavin; forse nel 1960 avrà scioccato più la disinibizione di quella scena (e di quel dialogo) che il celeberrimo agguato sotto la doccia.
Le musiche di Bernard Hermann sono forse il punto più alto di completa simbiosi con la narrazione cinematografica, al pari del famoso tema di Williams ne Lo Squalo.

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Un capolavoro che a distanza di decenni sa ancora colpire / 28 Gennaio 2017 in Psyco

Suppongo che un po’ tutti quelli che, come me, si approcciano tardi a questo film, temano di rimanerne delusi.
Non certo per mancanza di stima nei confronti del genio di Hitchcock, ma perché è un film iper-citato, già noto ancora prima di vederlo. Un po’ un “limite” dei classici, alcuni possono apparire datati.

Beh, non questo film. Non Psycho. La sua potenza suggestiva è rimasta intatta nel tempo, riesce a colpire lo spettatore, e forte.
Cosa lo rende immortale? Il soggetto e la sceneggiatura sono intriganti e solidi, ma è chiaro che i meriti principale sono dell’eccezionale regia (beh, “eccezionale” per chi non è Hitchcock) e della fenomenale interpretazione dei due protagonisti (Anthony Perkins e Janet Leigh, peraltro entrambi in due ruoli non facili, a forte rischio “macchietta”).
La colonna sonora accompagna in maniera decisamente efficace le scene del film, alcune delle quali sono ovviamente iconiche.
Però non si deve ridurre questo film solo alla scena della doccia, come alcuni fanno; è perfetto dall’inizio alla fine.
Inquietante (a tratti disturbante) senza essere pesante. Non proprio la cosa più semplice del mondo!

Seconda visione al cinema: mi ha fatto apprezzare ancora di più questo capolavoro, tra l’altro mi sono accorto di cose a cui non avevo fatto la dovuta attenzione, come l’ossessione per lo sguardo (e mi è venuta la pelle d’oca alla scena della Leigh morta sul pavimento con l’occhio aperto verso gli spettatori; la scena della doccia è giustamente famosa, ma mi sembra che non si sottolinei mai abbastanza quanto sia significativo quello che avviene dopo che viene accoltellata, il tentativo vano di chiudere la tenda quasi a coprirsi dagli sguardi, lo scarico dell’acqua e appunto l’occhio aperto verso la camera) e ho apprezzato ancora di più cose che già mi avevano colpito alla prima visione (come la splendida scena della fuga in macchina, il primo piano sulla Leigh, la difficoltà a vedere nella pioggia…)

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Paura della doccia / 7 Febbraio 2016 in Psyco

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Questo film ha molti più anni di me. L’ho visto diverse volte e tutte le volte mi ha messo terrore puro. La musica scritta con lo stesso ritmo delle parole dei personaggi. I personaggi pensati sulla musica. L’ambientazione e la malleabilità degli attori ( o attore?) è da manuale.
Bellissimo

IL CAPOLAVORO DI HITCHCOCK / 9 Settembre 2015 in Psyco

In una filmografia piena di grandi capolavori questo è veramente il film più bello ed emozionante del maestro Alfred Hitchcock.I dialoghi non sono mai noiosi e gli attori sono incredibili.DA VEDERE ASSOLUTAMENTE PIU’ E PIU’ VOLTE.

Il prototipo del serial killer cinematografico / 18 Agosto 2015 in Psyco

Considero questo uno dei più bei film della storia del cinema. Il protagonista Norman Bates, interpretato da un Anthony Perkins mai così in parte, anche se fisicamente diverso dal personaggio del romanzo, diventò IL prototipo del serial killer nell’immaginario collettivo, al cinema. Forse il primo dopo il Peter Lorre di M-Il mostro di Dusseldorf (1931) di Lang.

Psycho è uno dei film più paurosi e più imitati, il più personale e sperimentale del regista, il più rischioso e sorprendentemente uno dei suoi maggiori successi commerciali. Alcune delle tematiche affrontate sono quasi inedite per l’epoca, come il travestitismo, la necrofilia e quello appena accennato dell’incesto.
Hitchcock girò il film in soli 36 giorni con un budget risibile rispetto alle altre sue produzioni e pagando di tasca propria, visto che nessuna major voleva investire in un progetto così inusuale.

Il film segue abbastanza fedelmente la trama del romanzo e presenta numerosi virtuosismi tecnici già dalla prima inquadratura: un carrello che parte dal cielo di Phoenix e arriva fino alla stanza d’albergo dove si trovano due amanti che hanno presumibilmente appena finito un amplesso (cosa già scandalosa da mostrare per l’epoca).
Virtuosismo che raggiunge l’apice nella scena dell’omicidio della doccia, tutta stacchi e flash, con un gran lavoro di montaggio e con qualcosa come 40/60 inquadrature, 10 giorni di lavorazione per 45 secondi di film!
All’epoca fu veramente scioccante, il suo montaggio impressionistico, suggeriva violenza e nudità con tale forza da dare l’illusione di mostrare tutto, ma in realtà il tutto era solo suggerito.
La scena ebbe non pochi problemi per passare il visto della censura, tre giudici su cinque erano convinti (a ragione sembra) di aver intravisto i seni dell’attrice (Janet Leigh, ma durante quella scena fu anche usata una spogliarellista come controfigura) e quindi rispedita indietro. Sir Alfred riprese la bobina così come era e la ripresentò intatta per una nuova valutazione. Questa volta i due giudici che la prima volta non avevano visto il particolare lo notarono e gli altri tre no. Alla fine la scena rimase così come era…

A contribuire al successo del film c’è anche la colonna sonora di Bernard Herrmann, con i suoi celeberrimi “violini urlanti” capaci di azzannare le terminazioni nervose degli spettatori!

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16 Settembre 2014 in Psyco

Purtroppo è un film che non mi sono goduta per nulla perché l’ho visto a 16 anni con mie amiche, una ha paura di questo genere di film e quindi la proprietaria della videocassetta prima di ogni parte con suspance diceva tutto quello che succedeva, le avrei uccise entrambe. gli do un 7 per le potenzialità

5 Settembre 2014 in Psyco

“Psycho” ha scritto la storia del cinema, benché sia stato girato nel 1960 ancora oggi il capolavoro di Alfred Hitchcock sa colpire lo spettatore nel profondo, sia per la splendida tecnica cinematografica sia per la trama attuale nonostante il tempo trascorso.
C’è una velata e raffinata sensualità (basti pensare alla scena iniziale e alla visione di Janet Leigh in una camera d’albergo semi-svestita accanto al suo amante, reduci da una sessione di passione) che fa da contrasto all’atmosfera cupa, ombrosa, misteriosa, opprimente che filtra attraverso le immagini.
Terrificanti le riprese del motel sotto una pioggia torrenziale così come quelle della casa di Norman Bates, sempre inquadrata dal basso e con in sottofondo un cielo tetro.
E poi come non citare la celebre scena della doccia, come non citare quel montaggio quasi maniacale fatto di continui stacchi, ora il getto che viene inquadrato dall’alto, ora il volto sereno dell’attrice ignara di ciò che le sta per accadere, ora l’ombra che appare dietro la doccia, ora lo scintillio della lama che appare nel buio, il tutto creato con quella magistrale tensione che solo Hitchcock sapeva regalare.
E poi l’indimenticabile scena della cantina, con quella lampada che oscilla a destra e a sinistra, quell’affascinante ed enigmatico gioco di chiaroscuro, la luce e l’ombra, il male e il bene, un gioco di duplice personalità come la mente di Norman Bates ed è proprio il suo sorriso mefistofelico che chiude tutto il film, un autentico colpo di genio da parte del regista.
Ottima l’interpretazione di Antony Perkins, un’interpretazione talmente sofferta e intensa da segnare non solo la sua carriera cinematografica, ma tutta la sua vita(dovette ricorrere all’aiuto di un psicoanalista per poter dimenticare il suo ruolo), così come tutto il film segnò la vita dell’altra attrice, Janet Leigh che, disse, non riuscì più a farsi una doccia in una stanza d’albergo.
Un film che ha segnato indelebilmente la vita degli attori protagonisti ma che segna anche profondamente l’animo dello spettatore e che lo fa precipitare in un vortice di orrore e di follia senza fine.
Dopo aver visto questo film si può solo constatare la differenza che corre tra un genio del cinema e un bravo regista, il primo sa creare, il secondo sa soltanto emulare.

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A che punto è…il giallo? / 26 Maggio 2014 in Psyco

Ci sono film, o opere, che dir si voglia, che fanno giustamente parte dell’immaginario collettivo, storie che ci sembrano essere nate insieme al pianeta terra, se non prima, film dal così forte impatto sociale da venire considerati, per l’appunto, imprescindibili. E’ il caso, senza troppe discussioni in merito, di “Psycho”, autentico capolavoro di Alfred Htichcock e caposaldo di un genere: il giallo, il thriller o crime movie, a voi la scelta. Se ne sentono molte, troppe su questo film, il quale passa da continue e giustificate venerazioni a discutibili e frettolose stroncature figlie della fracassona e distratta ‘Era moderna’ della settima arte o suggerite, probabilmente, dal mito stesso del film in questione, così radicato nell’immaginario da essere conosciuto, più o meno, da tutti, anche da chi il film non lo ha mai visto o, peggio ancora, da chi si è nutrito solo del superfluo remake. Perchè, ebbene si, c’è anche chi Psycho di zio Hitch non lo ha ancora mai visto, ma questa è un’altra storia. Siamo in un tempo nel quale i capolavori, i veri Cult della cinematografia, vengono messi in discussione per essere confrontati con gli attuali lavori figli di tecniche diverse e metodi lavorativi del tutto impensabli per l’anno di produzione di un film quale “Psycho”. Ma veniamo al film in sè, allo straordinario turbinio di immagini e sensazioni tetre che emana ad ogni visione, da quel fitto bianco e nero a quelle inquadrature mirate, decise e mai banali, da quegli attori, su tutti un Anthony Perkins nel ruolo della vita, in grado di dare a Norman Bates una sinistra aurea malvagia in perenne bilico fra schizzofrenia e vacua innocenza, passando per un Martin Balsam perfetto nelle vesti del cabarbio investigatore Arbogast e dulcis in fundo lei, Janet Leigh, nel ruolo della fuggitiva e scapestrata Marion Crane per molti icona del film grazie alla famigerata scena della doccia, ma, se vogliamo, icona di un vero e proprio genere. Un film forte di una struttura narrativa da far invida ancora oggi, con l’incipt della venale fuga del personaggio che pare essere l’indiscussa protagonista del film e che lo sarà fino alla fatidica scena della doccia che trasforma tutto, senza rendersene quasi conto, in una storia di passione ed ossessione, annientando le nostre convinzioni e declassando sia la fuga di Marion, che pure tutti continuano disperatamente a cercare, sia il furto dei quarantamila dollari, anch’essi oggetto del mistero. Il giallo ha inizio e pian piano veniamo risucchiati da questo vortice teneborso con l’ossessionato Norman totalmente succube della ombrosa figura della madre e prigioniero della sua solitudine, schiavo di una pseudo misoginia di fondo che contrasta un naturale impulso di attrazione. Il suo Motel, il Motel Bates, “l’unico motel che sembra voglia rimanere nascosto” e la sua casa, una villetta che non isipira nulla di positivo, sono tutto il suo mondo e lo saranno sempre. Il film si sofferma molto su questo particolare aspetto, rendendo la storia ancor più tragica e mai banale per merito del controverso personaggio interpretato da Perkins, vittima della possessiva madre, complice, prigioniero o squinternato pazzoide? Noi sappiamo la risposta e in ogni caso chiamarlo spoiler parrebbe ridicolo poiché, come accennato prima, anche chi il film non lo ha mai visto sa come và a finire. Certo, servirebbero pagine e pagine per recensire “Psycho”, sul quale sono stati scritti saggi, libri e recensioni più che esaustive e quest’ultima ovviamente non và a dire nulla di nuovo alle migliaia di “critiche”, ma ogni amante di cinema non può non essere felice trovandosi a scriverne o anche solo a parlarne. E’ un film che non è più solo un film, ma parte integrante della nostra storia, un’opera quasi sociologica ingiustamente relegata, all’epoca, ad un B-Movie innoquo, un gialletto dozzinale che chiunque saprebbe girare, ma che poi alla fine dei giochi nessuno ha mai più saputo più girare, di certo non con la stessa potenza espressiva. Alfred Hitchcock era (è) cinema puro, espressione purissima della settima arte, un regista prolifico autore di film minori, ottimi lavori e grandissimi capolavori, un autore consapevole del suo stile, ma mai prevaricatore verso lo spettatore. Un regista da alta scuola

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I brrrrividi / 11 Aprile 2013 in Psyco

Se questo lo definite un classico, dobbiamo ridefinire i classici.
Classico è un pilastro. Classico è qualcosa da studiare. Classico è qualcosa di schematico e definito.
Psycho è un’innovazione sempre nuova.
Dopo cinquant’anni Hitchcock continua a ridefinire l’idea di suspense ogni volta che una persona guarda per la prima volta questo film. La paura non è nell’immagine, ma in ciò che questa suscita nell’animo dello spettatore. Ciò che inquieta qualcuno può far sorridere molti, e viceversa.
Lui ha trovato l’idea perfetta, la combinazione letale.
La trama da thriller, le ambientazioni horror e il lieto fine. Sembra quasi che, alla fine, non sia successo nulla. Sembra che tutto sia stato un brutto sogno della sorella maggiore dei Crane e che il brutto e cattivo Norman Bates abbia avuto ciò che si merita. Però ho detto quasi, perché nella scena finale, quella dove viene riassunto tutto il film in un’espressione facciale, il lieto fine viene spiazzato via da un discorso venato di follia, culminato da un sorriso che vale un oscar alla carriera, per quanto mi riguarda.

Ecco, questo non è un classico, ma un cult. Esattamente un cult.
Un film sempre giovane, sempre pronto a risvegliare l’inquietudine.

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Psyco / 5 Aprile 2013 in Psyco

Una pietra miliare del cinema thriller che, va ribadito ogni qualvolta se ne parli, non è il massimo risultato di Hitchcock, ma il suo film più famoso soprattutto presso il grande pubblico per via del suo madornale successo. Il grande maestro è riuscito a cavare un magistrale congegno di suspense da un mediocre romanzetto che, se fosse finito nelle mani di qualcun altro, sarebbe potuto diventare un horror di bassa lega (come i suoi seguiti, ad esempio). Nel celebre libro-intervista di Truffaut, Hitchcock si vantò di aver creato un film puro, un’emozione di massa senza grandi interpretazioni né un grande soggetto. Basta vedere la celeberrima sequenza della doccia per rendersi conto dell’efficacia del montaggio, dello spettrale bianconero e delle musiche di Bernard Herrmann. Un meccanismo che funziona come una partitura d’orchestra e raggiunge perfettamente il suo obiettivo: scioccare il pubblico.

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3 Marzo 2013 in Psyco

27 Ottobre 2011 in Psyco

Ne avevo visto un pezzettino molti anni fa ed è un film che ha fatto parlare talmente tanto che quando ho deciso di vederlo tutto sapevo già quasi ogni dettaglio. Ma ciò non mi ha impedito di apprezzare la cura e la meticolosità con cui Hitchcock ha architettato questa trama. Elegante, sottile, psicologicamente affascinante, sorretto da un Anthony Perkins da oscar, che non si è mai levato di dosso questo ruolo che l’ha reso celebre (ho visto che ha interpretato anche i vari seguiti), diretto con maestria e capace di avvinghiare lo spettatore fin dalle prime battute, è un film molto moderno e una nave scuola per tutti quelli che oggigiorno hanno fatto dell’horror un genere splatter.
Il bianco e nero esalta ancora di più la scenografia (l’immagine della casa arroccata sulla collina infestata da questa vecchia è molto suggestiva) e la fotografia è memorabile.
Insomma, una confezione perfetta. Un film immancabile.

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23 Agosto 2011 in Psyco

Inspiegabilmente importato come “Psyco”.
Sebbene conoscessi la trama (Bastardo d’un Caparezza!) mi ha appassionato. Peccato per le scene di combattimento, davvero mal realizzate.

15 Aprile 2011 in Psyco

E’ stato dopo aver visto “Psycho” che ho smesso di domandarmi perché e come Hitchcock si fosse meritato l’appellativo con il quale era (ed è tutt’ora) noto nel mondo del cinema.
Solo un maestro (ovvero un professionista della settima arte che non solo avesse confidenza con gli strumenti del mestiere, ma sapesse innovare il linguaggio e le modalità di rappresentazione, cose che, almeno per quanto riguarda il cinema, tendono sostanzialmente ad equivalersi), quale lui era, sarebbe stato in grado di girare un film come “Psycho” partendo da un libro piuttosto mediocre (ho letto, naturalmente, il libro di Bloch e, pur apprezzandone l’idea di base, non ho gradito più di tanto l’opera nel suo complesso).
La cosa più stupefacente di questa pellicola sono, senza dubbio, le inquadrature; invenzioni continue (che personalmente sono riuscita ad apprezzare bene solo alla terza visione; durante le prime due ero interamente concentrata sulla stupefacente espressività di Perkins) e vertiginosi cambi di prospettiva (come, ad esempio, la vista dall’alto che, già sperimentata in “Vertigo”, ritorna benché con intenti ed effetti diversi: qui ha lo scopo di non svelare la finzione, evitando di mostrare il “volto” della madre di Bates quando egli ne porta il corpo in cantina; nell’altro, invece, serve a trasferire sullo spettatore le sensazioni del protagonista, turbato ed irretito dall’altezza), anche se il tutto avviene in ambienti chiusi, fanno di questo film un efficacissimo strumento di scientifica sperimentazione (perché Hitchcock sembra riuscire a controllare ogni cosa, dal particolare più macroscopico alla visione d’insieme più ampia possibile), pietra miliare del cinema anche al di fuori del genere al quale apparterrebbe di diritto (probabilmente quello del thriller psicologico).
Un po’ Hitchcock gioca con noi (ci aiuta a costruire delle certezze che poi, immancabilmente e quasi sadicamente, provvede a demolire), un po’ chiede la nostra complicità (ancora una volta è la macchina da presa, un occhio meccanico che non possiamo indirizzare, a spostarsi, quasi fosse viva, nelle squallide stanze dove la maggior parte del film si svolge; mi viene in mente la scena in cui Bates, dopo aver fatto sparire il cadavere di Marion, esplora un’ultima volta la stanza per verificare di non aver lasciato tracce: mentre egli, dalla porta, guarda dentro, Hitchcock decide di riprendere il giornale dove noi sappiamo essere stati nascosti i 39.300 dollari rubati dalla ragazza; ma Bates, Bates non lo sa e finisce per disfarsi del giornale senza guardarvi dentro) per realizzare un capolavoro che non è perfetto solo da un punto di vista tecnico.
I virtuosismi, certo, servono, ma sono sterili senza contenuti.
E i contenuti, qui, ci sono: quelle due/tre scene di “sospensione” dalla storia (come, ad esempio, la chiacchierata tra Marion e Norman prima del brutale assassinio della giovane) oltre ad essere pregne di significato (avvertiamo per la prima volta lo squilibrio di Bates, intuendo, in un certo senso, una possibile evoluzione della trama) si avvalgono di ottimi ed equilibratissimi dialoghi.
Perfetta la scelta di affidare il ruolo principale ad un Perkins che si è dimostrato assolutamente all’altezza (corporatura gracile, sguardo profondo, bello, anche se, forse, non secondo i classici canoni estetici, è completamente diverso dal personaggio descritto da Bloch; anche in questo sta l’abilità di Hitchcock, che si diverte ad illuderci circa l’innocenza del personaggio, alimentando, fino in fondo, l’ambiguità sulla quale si regge l’intero film).

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25 Marzo 2011 in Psyco

E’ uno di quei film “senza tempo”, di ieri, di oggi e di domani, un’opera d’arte immortale.

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