Recensione su L'ultima tempesta

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13 Gennaio 2014

Il quarto film che mi capita di vedere di Peter Greenway è una summa di tutto quello che il regista britannico ha esplicitato nei film che io ho visto in precedenza (perchè I racconti del cuscino è stato girato nel 1996 e l’utlima tempesta nel 1991) e sublima in maniera deliziosa il suo lavoro.
Greenway è prima di tutto un artista, un pittore che si interessa all’arte cinematografica successivamente e che riesce a trasormare i suoi lavori in vere e proprie opere d’arte. I riferimenti dotti sono moltissimi e anche chi non abbia un forte background artistico non può rimanere indifferente di fronte alla suggestione e all’eleganza del suo stile registico.
La fusione delle stofe di Shakespeare e dei quadri visivi di Greenway è affascinante. L’intreccio, pur senza svanire definitivamente come in alcune opere di Lynch, passa in secondo piano e lascia spazio alla potenza della parola ed alla bellezza dei versi, accompagnati dall’eleganza barocca delle scenografie, teatrali quasi, all’interno delle quali si muove la macchina da presa di Greenway.
La parziale sovrapposzione delle immagini e delle sequenze è un marchio di fabbrica di Greenway, così come l’attenzione per la bellezza della scrittura, ma ancor più l’uso dei colori e le sfumature di luce che trasformano ogni sequenza in un dipinto.
L’ultima tempesta è un’esaltazione del teatro shakesperiano resa possibile dall’alta definizione e dalla geniale commistione di elementi (teatro, danza, opera, pittura) che Greenway crea e mette in scena.
E’ la grande bellezza di questo cineasta inglese…

1 commento

  1. paolodelventosoest / 21 Gennaio 2015

    Interessante davvero, Greenaway mi manca del tutto. Ho sempre pensato a lui come un modesto provocatore; per fortuna l’entusiasmo altrui riesce a scalfire i pregiudizi 🙂
    Se iniziassi da questo che ne dici? O è meglio puntare prima al suo “classico” Compton House?

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