L'ultima tempesta

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L'ultima tempesta

Film tratto dall'omonima opera teatrale di William Shakespeare. Prospero, duca di Milano, e la figlia Miranda sono stati esiliati su un'isola deserta dal fratello del duca, Antonio.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Prospero's Books
Attori principali: John Gielgud, Michael Clark, Michel Blanc, Erland Josephson, Isabelle Pasco, Tom Bell, Kenneth Cranham, Mark Rylance, Marie Angel, Ute Lemper, Deborah Conway, Paul Russell, Gerard Thoolen, Pierre Bokma, Jim van der Woude, Michiel Romeyn, Orpheo, James Thierrée, Emil Wolk, Mostra tutti

Regia: Peter Greenaway
Sceneggiatura/Autore: Peter Greenaway
Colonna sonora: Michael Nyman
Fotografia: Sacha Vierny
Costumi: Ellen Lens
Produttore: Kees Kasander
Produzione: Francia, Gran Bretagna, Olanda
Genere: Drammatico, Fantasy
Durata: 120 minuti

Dove vedere in streaming L'ultima tempesta

13 Gennaio 2014 in L'ultima tempesta

Il quarto film che mi capita di vedere di Peter Greenway è una summa di tutto quello che il regista britannico ha esplicitato nei film che io ho visto in precedenza (perchè I racconti del cuscino è stato girato nel 1996 e l’utlima tempesta nel 1991) e sublima in maniera deliziosa il suo lavoro.
Greenway è prima di tutto un artista, un pittore che si interessa all’arte cinematografica successivamente e che riesce a trasormare i suoi lavori in vere e proprie opere d’arte. I riferimenti dotti sono moltissimi e anche chi non abbia un forte background artistico non può rimanere indifferente di fronte alla suggestione e all’eleganza del suo stile registico.
La fusione delle stofe di Shakespeare e dei quadri visivi di Greenway è affascinante. L’intreccio, pur senza svanire definitivamente come in alcune opere di Lynch, passa in secondo piano e lascia spazio alla potenza della parola ed alla bellezza dei versi, accompagnati dall’eleganza barocca delle scenografie, teatrali quasi, all’interno delle quali si muove la macchina da presa di Greenway.
La parziale sovrapposzione delle immagini e delle sequenze è un marchio di fabbrica di Greenway, così come l’attenzione per la bellezza della scrittura, ma ancor più l’uso dei colori e le sfumature di luce che trasformano ogni sequenza in un dipinto.
L’ultima tempesta è un’esaltazione del teatro shakesperiano resa possibile dall’alta definizione e dalla geniale commistione di elementi (teatro, danza, opera, pittura) che Greenway crea e mette in scena.
E’ la grande bellezza di questo cineasta inglese…

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16 Febbraio 2013 in L'ultima tempesta

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Tratto da La Tempesta di Shakespeare, che è anche l’unico di Willy, blame on me, che ho letto, per cui diciamo che mi ci sono avvicinato con una certa baldanza, pensando “la so, la so, questa la so…”
Ecco, dopo 24 minuti mi sono fermato e tornato qua su internèt, a cercare lumi e spiegazioni.
Senti, ma com’è che non ci capisco un cazzo?
Ah, poi leggo che non ci si deve capire un cazzo.
Ah, bon… e io che mi preoccupavo….
In effetti nel seguito la trama di Shakespeare più o meno in controluce compare.
Prospero racconta tutto in prima persona, ha la voce che informa cose e persone, di come lui, re di Milano, e la figlia siano stati esiliati col tradimento, e di come stia per compiersi la sua vendetta per mezzo della magia. Il problema è che la sua magia è frutto dei suoi libri (leggasi libri che creano potere, fittizio, cioè magia, ma pur sempre potere), per cui ogni tanto parte una voce (alquanto saccente, anche) a sfogliare un libro, sull’amore, sull’architettura, sulle distopie, sulle arti liberali, qualsiasi cosa, che prendono vita sullo schermo. E 24, son 24 i libri, ricordano molto l’idea che potremmo avere ad esempio di quei trattati onnicomprensivi su questa o quell’arte che imperversavano nel rinascimento – non so, a me su quattro piedi della mia seggiola l’unico che viene in mente è il De pictura di Leon Battista Alberti, ma ce n’erano per così. 24, figuratevi un po’.
Nel frattempo non è che il resto sia normale, come si diceva, la storia più o meno c’è ma annegata in un profluvio di rimandi, riprese, citazioni classiche, ma barocche, ma, s’è detto, rinascimentali, ma più semplicemente tutto. Tutto e tutto insieme, i nudi, la danza, richiami pittorici esplicitissimi.
E poi le sovrapposizioni di immagini elettroniche con una qualche tecnologia giapponese che al tempo era all’avanguardia, per cui nel quadro dello schermo c’è un altro quadro cui l’immagine in secondo piano fa da cornice, i personaggi abbigliati in una esasperata foggia cinquecentesca e così via. Se ne esce un filo frastornati. Vogliamo parlare della megera Sicorax? O di come Prospero abbia liberato lo spirito Ariel dalla corteccia in cui era stato rinchiuso?
Frastornati suppongo come appena si sia usciti da una tempesta.
Il perdono finale mi sa molto di cristianesimo ma, se questa mai fosse una colpa, sarebbe da addossare più a Shake che a Green.

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