Recensione su Profondo rosso

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Raffinatezza e gusto estetico / 17 Aprile 2020 in Profondo rosso

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Profondo rosso è sicuramente il film più famoso di Dario Argento, nonché uno dei film italiani più famosi in patria e all’estero.

Sin dai primi fotogrammi si denota una forte cura del dettaglio, e una ricerca di raffinatezza e del gusto estetico fuori dall’ordinario ma tipico dei film di Dario Argento degli anni ’70. Le idee originali e geniali abbondano, sia nelle inquadrature, che nello spostamento della telecamera, che nella scelta dei colori, degli oggetti di scena e di altri piccoli dettagli che adornano il film. Tuttavia l’originalità di tutto ciò non si rispecchia al contempo nella trama che scorre lenta e purtroppo pesa come un macigno; nonostante qualche siparietto insolitamente comico che ho apprezzato perché ben inserito.
Le musiche dei Goblin, che personalmente amo da buon estimatore del progressive rock, funzionano solo in parte durante il film. Sebbene queste inizino adatte per un contesto thriller-horror, con quel giusto e insolito contrasto di rock progressivo, dopo pochi secondi incominciano a decontestualizzarsi prendendo una piega un po’ troppo rock per il film, non adattandosi più così bene alle scene. Perciò le musiche di per sé sono eccezionali, ma applicate alle varie scene del film sono un ni.
La sceneggiatura come dicevo l’ho trovata lenta e pesante, difficile a scorrere e a svilupparsi in maniera del tutto naturale. Ci sono alcune forzature e buchi di trama che rendono le situazioni che si vengono a creare al limite dell’inverosimile.
Le scene degli omicidi sono ben fatte, molto brutali e violente ma teatrali, tipico tocco di Dario Argento.

La scoperta del killer non sbalordisce del tutto e forse qualche idea lo spettatore se l’era già fatta, del tipo “Ma come mai questo personaggio è così ricorrente nella storia. Deve esserci qualche collegamento”. Infondo l’assassino è sempre un personaggio che deve per forza essere comparso sullo schermo. Per di più lo strano presentimento che potesse essere una donna me l’ero già fatto, ma appare inverosimile che una donna, e di quella età per giunta abbia la forza di spostarsi con una certa agilità e adottare una violenza bruta sulle proprie vittime in quel modo. Benché Argento sembra avesse in qualche modo previsto questa critica e ci abbia voluto anticipare come le donne possano essere forti, astute e per nulla fragili d’animo con il personaggio di Gianna, nonostante ciò il killer ha una certa età e lo trovo alquanto inverosimile.
Il finale è anche qui un po’ improbabile e frettoloso, cosa che capita spesso nei finali dei film di Argento.

Tuttavia ho apprezzato il fatto che all’inizio, nell’appartamento del primo omicidio venga davvero mostrato il volto dell’assassino riflesso sullo specchio, perciò uno sguardo attento potrebbe spoilerarsi il finale già a 1/5 del film. Ma benché abbia apprezzato questa scena, che per un curioso come me che torna indietro a inizio film dopo i titoli di coda per vedere se effettivamente c’è questo volto, e su questo non viene deluso, trovo improbabile che il protagonista non veda la donna quando entra nell’appartamento in quanto lui sì, crede fosse un dipinto, ma il suo sguardo era rivolto a sinistra nell’inquadratura e diciamocelo, lo vedi se c’è una persona a meno di due metri accanto a te. La trovo una forzatura.

Concludendo: regia e fotografia eccezionali con idee e dettagli molto originali che ho apprezzato moltissimo. Sceneggiatura interessante ma sviluppata discretamente. Le aspettative per un nome come quello di Profondo Rosso erano altissime ma sono state deluse. Credevo potesse essere meglio di Suspiria ma rimango dell’idea che Suspiria sia il suo miglior film, anche se pure lì la sceneggiatura soffre di qualche buco e dell’inspiegabile voglia di concludere frettolosamente il film, probabilmente perché non si sa più come mandarlo e avanti concluderlo dignitosamente. D’altronde la fine è sempre la parte più difficile di una racconto.

Voto: l’opera la reputo affascinante ma oltremodo sopravvalutata, e non la considero il capolavoro di cui tutti parlano, perciò gli do un 6½ che al momento arrotondo a 6 perché non mi sento di dargli un 7 in quanto ha deluso le aspettative. Potrei cambiare idea nei giorni a seguire.

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