Recensione su Possession

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Possession: la cesura, la danza, il cerchio. / 31 Dicembre 2014 in Possession

Ci sono il muro di Berlino e lo sdoppiamento dei corpi, dei nuclei sociali e delle personalità: un taglio fisico e psicologico sorregge la complessa architettura della vicenda.
C’è il balletto di corpi, esplicitato nella grazia dolorosa della danza classica e sublimato nella teatralità ripetuta delle pose di alcuni interpreti: la perfezione nasconde l’artificio orrido e la violenza del segreto.
C’è la circolarità narrativa e quella, insistita e vertiginosa, della geografia urbana e dei movimenti di macchina: l’universo è circoscritto, costrittivo, limitato, involuto, quasi escheriano, con scale ripetute ed infinite, prospettive distorte, precipitose scarrellate.
Il film di Zulawski sembra imperniato su tre pilastri, una triade simbolica dal sapore vagamente negromantico: la cesura, la danza ed il cerchio.

L’elemento orrorifico, rappresentato da una creatura mutaforme ed incestuosa, è ovvia proiezione di turbe mentali altrimenti inespresse. La sua natura e la sua genesi sono inconosciute: ne apprendiamo la drammatica nascita (sequenza davvero riuscita, fatta di passi di danza e osceni e dirompenti fluidi) e la sconvolgente crescita, fino all’inaspettata maturità.
La limpida ma inquietante fotografia di Bruno Nuytten esalta le superfici polite degli oggetti e dei corpi presenti nell’appartamento della coppia, luminoso e caratterizzato da una curiosa planimetria circocentrica, ed accresce con sapienti giochi di luci ed ombre la cupezza dell’antro della strega santa.
Non è un caso che la splendida Adjani vesta costantemente di cangiante azzurro, con una scelta iconografica in pericoloso bilico tra pura citazione e blasfemia: trattasi, infatti, del colore del mantello di Maria e di Gesù, ma anche della pelle di Kalì e del dio solare precolombiano Huitzilopochtli, delle barbe posticce dei faraoni egizi e dei loro scarabei sacri, attributo di San Patrizio agli albori della cultura irlandese.
E, poi, il rosso violento, depravato, immondo, uterino dell’abbondante sangue contrapposto al candore della pelle, ma in simbiosi con il lucore oscuro del citato antro, del tunnel ove avviene l’indicibile parto, del livido e silenzioso cielo berlinese.

Mentre ho apprezzato molto gli aspetti simbolici che ho saputo (o voluto) cogliere e la forte componente estetica del film, sono rimasta abbastanza perplessa di fronte alla vera e propria deriva catastrofistica, dal sapore apocalittico, delle ultime sequenze, che, con dettagli degni di un ispirato Lynch (il poliziotto con l’occhio bendato, i calzini rosa, il bambino nella vasca da bagno, l’uso dei doppelgänger, ecc.) trascendono il dramma della donna e della coppia in un evento di portata più estesa ma comunque indefinita o che, limite mio, non ho saputo o non ho gradito cogliere: mi è sembrato “banale”, anche se “logico”, riproporre ancora una volta il tema della genìa demoniaca pronta a segnare la Storia dell’umanità, già battuto da Polanski, per esempio, e da Cronenberg.

4 commenti

  1. scimmiadigiada / 28 Settembre 2016

    pienamente d’accordo. benché non fossi proprio convinta della bontà della storia in sè, e fermo restante l’indiscutibile fascino della scelte registiche, ero tuttavia propensa alla recensione positiva se tutto l’impianto si fosse confermato come un delirio psicologico (di coppia, come giustamente sottolinei) nel quale perdersi a leggere vari ed eventuali simbolismi. la deriva insensata del finale è stato troppo, però, anche per un film così. a visione ultimata mi è rimasta una smorfia di insoddisfazione e il sospetto di aver sprecato due ore della mia vita.

    • Stefania / 29 Settembre 2016

      @scimmiadigiada: personalmente, ho impiegato un po’ di tempo per metabolizzare questo film e ti confesso che, a visione ultimata, anch’io sono rimasta incerta sulle sensazioni di (in)soddisfazione ad esso legate. Però, sulla distanza, quando ripenso a questo titolo, mi rendo conto che è stato un film a suo modo fondamentale: la rappresentazione del delirio e l’eleganza formale che tanto ho apprezzato sono riuscite ad allontanare da me il sospetto di “spreco” che pure ho avuto, in prima battuta 🙂

  2. scimmiadigiada / 29 Settembre 2016

    @stefania: sai che non hai tutti i torti? mi sono accorta che da ieri, prima visione assoluta , ho : letto parecchio in giro in merito a questo film ; consigliato ad un amico cinefilo di vederlo e farmi sapere che ne pensa; riparlato con la persona con la quale l’ho visto della stravagante bellezza di alcune scene 😀 ci sono i presupposti per affermare, senza timore di smentita, che non lasci indifferenti, nel bene e nel male! e sì, tutto sommato credo lo consiglierei anche se, per ora, non so a quale tipologia di spettatore… 😀

    • Stefania / 30 Settembre 2016

      @scimmiadigiada: bello! Sì, certe volte, alcuni film devono sedimentare un po’ nella mente, è come se fossero semi che devono attecchire: però, sono lì, più o meno dormienti, mettono radici e, poi, con la loro crescita stimolano la riflessione e la ricerca, come pare sia successo a te 🙂

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