Adam Sandler non è male. È solo cattivo. / 27 Luglio 2015 in Pixels
Una videocassetta contenente i migliori videogiochi degli anni 80 e spedita nello spazio viene intercettata da una razza aliena che la scambia per un messaggio ostile. Assumendo le fattezze dei personaggi di quei giochi, gli alieni sfidano i terrestri a una partita dove in ballo c’è la loro sopravvivenza. Per affrontarli troveranno un’occasione di riscatto sociale quattro nerd disadattati, gli unici in grado di giocare contro i mostri di pixel.
La vera sfida è quella alla sospensione dell’incredulità degli spettatori, quando il personaggio di Adam Sandler (lo stesso di tutti i suoi film) trova un riscatto sociale. Non è credibile. Adam Sandler è un comico che rinuncia all’autoironia, un clown che non vuole cadere o farsi schiaffeggiare: formula efficace per il pubblico meno esigente in fatto di umorismo e più esigente nel romanticismo, molto meno efficace per il plauso della critica.
La storia, al netto dell’impronta sandleriana, si iscrive agilmente nella filmografia di Chris Columbus: senso di meraviglia e buoni sentimenti, azione comica caricaturale, con l’aggiunta dell’inevitabile citazionismo e del nostalgico flashback iniziale. Mescola male altri ingredienti, come il superfluo e marginale ruolo del bambino.
Un film per l’estate molto divertente, ma di più corto respiro rispetto al simile omaggio di Ralph Spaccatutto (2012) al mondo dei videogiochi.
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