Recensione su Pinocchio

/ 20227.293 voti

Fantasmagoria / 11 Dicembre 2022 in Pinocchio

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Con questo film Netflix realizzato in stop motion e computer graphic, del Toro ha diretto il suo primo lavoro di animazione: ha preso il Pinocchio di Collodi, lo ha sfrondato un po’, ne ha eliminato gli afflati “didattici” e moraleggianti e ne ha fatto una storia di formazione segnata in vari modi dal rapporto padre-figlio.
La mancata aderenza totale al testo collodiano non è motivo di ludibrio nei confronti del film co-diretto dal regista messicano e dal collega Mark Gustafson: peraltro, fin dall’inizio della produzione, del Toro aveva dichiarato che la sua sarebbe stata una libera rilettura de Le avventure di Pinocchio.
Così, ne ha modificato l’ambientazione storica e geografica, collocando la storia in epoca fascista (tornando a situazioni simili a quelle de Il labirinto del fauno, compreso “l’Altro Mondo”), in Piemonte, ha eliminato e/o cambiato alcuni personaggi (la Fata Turchina si è sdoppiata nella Vita e nella Morte; la Volpe è diventata un Mangiafuoco senza cuore; Lucignolo è “solo” un ragazzino), ne ha aggiunto di inediti (la scimmia Spazzatura), ha cancellato lunghe sezioni del romanzo (su tutte quelle legate al Paese dei Balocchi); ecc.

Dello spirito dissacrante del famoso burattino di legno, ha scelto di conservare l’anima anarchica e disobbediente.
Qui, allora, il burattino è un monello ingestibile ma, in fondo, molto dolce, di cui, soprattutto inizialmente, si percepisce in maniera quasi tangibile la necessità fisica di imparare presto ogni cosa (il nome degli oggetti, il motivo per cui è al mondo, i sentimenti, ecc.) e il fatto che le sue intemperanze non siano legate a una forma di malanimo, ma all’inesperienza.
Il rapporto tra Geppetto e Pinocchio è quello tipico tra genitori e progenie: il mondo attende i figli e i padri non sanno se e come lasciarli andare.

Del testo di Collodi, del Toro ha conservato la messinscena senza paura della violenza e della morte (per cui, si richiede una visione dei più piccoli decisamente accompagnata e ben spiegata) e si è cimentato anche in una interessante rappresentazione dell’Aldilà (i Conigli “mortuari” che giocano a poker mi sono sembrati una delle soluzioni visive più belle del film, pienamente gotica).

Nel complesso, Pinocchio di Guillermo del Toro è un buon intrattenimento visivamente fantasmagorico diretto perlopiù al pubblico adulto (a ribadire -perché, purtroppo, c’è ancora bisogno di farlo- che un film d’animazione non è precluso a chi ha superato gli anni dell’infanzia).
Sulla distanza, però, ho trovato il film narrativamente poco incisivo (nonostante che le considerazioni sulla vita, la morte e l’immortalità siano interessanti) e, soprattutto nella seconda metà, poco originale (a quel punto, mi sarei aspettata un po’ più di fantasia, nella rappresentazione della fuga dal pescecane).
Però, l’idea che Pinocchio non diventi un bambino è quasi sovversiva e ho apprezzato il coraggio di del Toro di sottoporre al pubblico un finale dolceamaro davvero inedito e non definitivamente accomodante (come la vita vera, d’altronde).

Dopo i cult di Jan Švankmajer, i lavori degli Aardman Studios (Pirati! Briganti da strapazzo, 2012, per esempio), quelli dello studio Laika (vedi, Kubo e la spada magica, 2016, e Mister Link, 2019) e il film L’isola dei cani di Wes Anderson (2018), ci sarebbe poco di che stupirsi, per quel che riguarda le grandi produzioni con animazione a passo uno. Questo Pinocchio si mantiene su livelli tecnici di eccellenza. La fusione tra stop motion e cg è fluida e, in generale, incantevole.

Gradevolissime le musiche di Desplat, ma le parti cantate non mi hanno convinta granché (colpa dei testi, peraltro co-firmati da del Toro?).

Nella versione originale anglofona, il cast di doppiatori è composto da grandi star internazionali, come Ewan McGregor, Tilda Swinton, Cate Blanchett e l’attore-feticcio di del Toro, Ron Perlman. Per l’adattamento italiano, è stato scelto un parterre di navigati doppiatori e belle voci, come quelle di Massimiliano Manfredi (il Grillo Sebastian), Bruno Alessandro (Geppetto) e Mario Cordova (il Podestà). Ho trovato perfetta la vocina vivace, dolce e molto modulata del (per me) sconosciuto Ciro Clarizio (Pinocchio).

3 commenti

  1. Alicia / 23 Gennaio 2023

    Lucignolo balilla non me lo meritavo

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