Tu vuoi essere, non sembrare di essere. / 25 Giugno 2012 in Persona

Ritratti femminili sensibili e delicati,in un tratto leggiadro e contraddistinto,con una matrice puramente generosa,perfida eppure buona. Persona è un Bergman assoluto,un monumento della libertà di pensiero dell’autore,in una giostra eterna di amore e morte,follia,eroicità e mediocrità umana. Bisognerebbe considerare Persona per quello che è:Un dramma esistenziale,profondamente umile,teoricamente impossibile,affascinante,graduale. Bisognerebbe,ma non si può. Partendo dalle considerazioni di Alberto Moravia,recensore del film in Italia,che voleva suddividerlo in quattro piani narrativi,possiamo così dire: Persona si contraddistingue dagli altri film del maestro svedese perchè è un film giocato sulla stessa forma dell’arte del regista. Bergman non si ripete,ma è come se lo stesse facendo. Nella figura fredda e irascibile della Vogler,interpretata con un phisique du role dignitoso da Liv Ullman,vediamo tutte le ossessioni sulla donna maturate nel tempo da Bergman ed unite in una maschera tragica. L’apertura del film è un’antologia di immagini che sembrano senza un filo logico,quasi linchane,vediamo una lampadina,una pellicola,un pene eretto,delle mani che si muovono convulsamente,un “ragno”,un agnello sgozzato,dei chiodi che si conficcano in delle mani umane,alberi innevati. Un’interpretazione folle e perversa del dolore,del disagio e delle proprie manifestazioni abnormi. Scuola di pensiero amalgamata ad un’impotenza psichica,umana,improbabile sfogo delle pulsioni sessuali,cronenberghiane degli umani,questo è quello che sente Ingmar Bergman,dall’alto della sua interessante poetica stakanovista. La storia che stavolta,come un Messia,ci racconta è la storia di due donne: Un’attrice(Ullman),bloccata e depressa e un’infermiera interessata al suo caso(Andersson),che cerca di stabilire una simbiosi tra le due raccontando episodi vari della sua vita privata,rapporti sessuali compresi. Sempre al limite tra sogno e realtà,tra irreale e irrealizzabile,Bergman compie un atto di liberazione dell’anima,rispecchiata dalla figura di due donne così vicine e così lontane. In uno specchio riflesso sulla borghesia,sul sesso,sull’amore,sull’impossibile,sul culto,sulla filosofia,sul senso di colpa,sulla materinità,il genio svedese raccoglie uno dei suoi migliori lungometraggi,in cui una grandissima cornice filosofico-poetica,scandita dalla meravigliosa fotografia di un ispiratissimo Sven Nykvist,che in b/n proietta paure e insicurezze delle protagoniste sullo schermo. Schermo buio,of course. Oltre ad essere un eccezionale gioco di sguardi,silenzi,rumori,odori,passioni e un’assoluta opera di psicologia applicata,Persona è uno dei tanti apici culturali di Bergman e del cinema europeo. Memorabile il frammento in cui l’infermiera dice all’attrice:”Credi che non ti capisca,tu insegui un sogno disperato,questo è il tuo tormento. Tu vuoi essere,non sembrare di essere,essere in ogni istante cosciente di te, e vigile.E nello stesso tempo ti rendi conto dell’abisso che separa ciò che sei per gli altri da ciò che sei per te stessa…”. Memorabile lo scambio di sguardi tra le donne,memorabile il capolavoro assoluto di quel genio di Bergman.

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