Insomma, diciamolo, il vecchio west di Sergio Loene è tutto un giocarsi la pelle, in un modo o nell’altro, è un mondo privo di ideali, di valori, all’interno del quale ognuno pensa per sè, è un west popolato di personaggi poco raccomandabili, avidi, senza nessunissima forma di moralismo, personaggi appunto privi di una morale, imposta o non, devoti esclusivamente ad una legge, quella della pistola. I buoni, nel senso classico del termine, non esistono, molto semplicemente non avrebbero senso all’interno di tale contesto, dove il pessimismo di fondo, il cinismo, la voglia di denaro e la voglia di sopravvivere prevalgono su qualsivoglia buona intenzione, vera o presunta. Giunto al secondo capitolo della famigerata “trilogia del dollaro” Sergio Leone imbastisce un film straordinariamente potente, bello, riuscito, dove può liberamente approfondire molti dei suoi concetti e soprattutto affinare la sua raffinata estetica, evidentemente solo abbozzati nel precedente e più povero, seppur bellissimo, “Per un pugno di dollari”, avvalendosi di un cast e di una produzione, se vogliamo, più ricca. Cint Eastwood riprende il leggendario personaggio del pistolero solitario, che nella rappresentazione scenica dell’epopea western leoniana passa come un “buono”, Gian Maria Volontè estremizza il suo Ramon di “Per un pugno di dollari”, qui trasformato ne L’Indio, bandito feroce, psicotico e drogato al quale Volontè presta la sua incredibile vervè di grande mattatore, mentre la new entry Lee Van Cleef veste i panni del Colonnello Mortimer, personaggio fantastico, eccelso nonchè il meglio caratterizzato del trio, che catapulta il volto ghignante e sornione di Van Cleef nello spietato mondo dello spaghetto, tramutandolo in una delle sue maggiori icone. “Per qualche dollaro in più” è forse il film meglio scritto dell’intera trilogia, il più scorrevole forse, fatto sta, che è quello che meglio tiene bilanciati lo humor di fondo e la violenza dei personaggi con il filo conduttore della storia, cosa che se nel precedente non avviene poichè l’asse pende maggiormente verso la violenza (cosa che non mi è mai dispiaciuta :D) nel successivo, “Il buono, il brutto, il cattivo, invece si sbilancia troppo dalla parte opposta, virando maggiormente sulla commedia un pò scanzonata, anche se il finale di quest ultimo vale l’intero film e forse anche di più. Detto questo, “la trilogia del dollaro” è senza dubbio il caposaldo del genere e tutti e tre i film rappresentano un modello imprescindibile per tutto ciò che è stato, ed è, lo spaghetti western. Qui come dicevo tutto è perfettamente bilanciato, la sceneggiatura è perfetta, calibrata, asciutta, la regia è sublime, Leone inizia a mostrarsi, i personaggi filano perfettamente (Lee Van Cleef in modo particolare) e l’innesto in un ruolo secondario del luciferino Klaus Kinski risulta essere una mossa vincete ed azzeccata mentre la musica del solito Ennio Morricone è così perfetta e ben scritta da amalgamarsi talmente bene alla storia da trasformarsi in un personaggio invisibile. C’è tutto in Per qualche dollaro in più, c’è lo spettacolo, la morte, lo humor mordace, i tempi dilatati, c’è tutto il mito del grande Sergio Leone.
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