Buxi Driver / 29 Aprile 2017 in Paterson
L’attore protagonista si chiama Driver, e ha già una filmografia coi controcazzi tra cinema mumblecore (adoro dirlo) e mainstream, e qui fa l’autista di autobus. E nel film si chiama Paterson, e fa l’autista a Paterson, e mangia solo Paterson con Paterson (no questo no). Suddiviso nei giorni di una settimana, la vicenda vicenda non è ma la vita quotidiana di Pat… oh beh hai capito; che ha una casa con la buca delle lettere storta, una compagna gnocca che lui ogni mattina si sveglia e lecca (voglio vedere, dopo 40 anni così, un po’ fastidioso eh), ma lei è anche matta, e passa la vita a sfornare cookies e decorare in b/n le tende e qualsiasi altra cosa ci sia in casa; e un bulldog inglese, named Marvin, protagonista tanto quanto. Meanwhile Paterson vive di autobus e schiscetta a Paterson, ascolta i discorsi dei passeggeri, ogni giorno vede almeno una coppia di gemelli. Nelle pause e ovunque, scrive poesie, su un taccuino segreto e sullo schermo in faccia a noi, ricorsive, che tiene per sé. Alla sera piscia il cane e intanto va al pub a bersi una birra, con le solite persone e le vicende da pub di solite persone di America piccola ma non piccolissima. Il nigga che gioca a scacchi, il tipo che rappa in lavanderia. C’è una musica creepy, spesso nelle scene di bus, come dovesse succedere qualcosa di panicante ma la realtà è che non succede quasi mai nulla, come nella vita della più parte. Che resta meritevole di panico, eppure. Succede che è lui stesso, e le persone che lo circondano, ad essere il filtro della sua esistenza, a darle un senso poetico a partire da quel che davanti gli scorre: gli incontri, i fiammiferi, Marvin, il suo amore, la cascata, un giapponese che dice A-HA! Qui tutti cercano un senso, e sono belli perché magari involontariamente, o infruttuosamente secondo altri pragma-canoni, sembrano poterlo trovare: Laura nei cerchi e frizzi che dipinge dappertutto, il nigga un senso rovesciato nell’amore respinto, Paterson in Paterson tutta, il cane nei suoi ritratti bislacchi appesi alla parete e nel suo sguardo da quel cane lì che è che fa sempre ridere. Un cinema così appoggiato per terra ma che fluttua insieme così per aria, lascia sperare che qualcosa d’altro (e alto) sia comunque possibile, e che sta dentro di sé ma stretto comunque a chi e cosa ci circonda, ciò che sé più non è.
Intanto, tra i passeggeri del bus, i due bambini di Moonrise Kingdom, cresciuti, discutono di anarchia <3

Ecco, questa cosa della musica creepy ha colpito anche me. Più che altro, è stata usata furbescamente (ma, ovviamente, senza senso di continuità) soprattutto nel trailer del film, dove veniva mostrata la scena dell’ “accostamento in auto” (tipo: “Attento che ti rubiamo il cane”). Perciò, quando ho visto il film al cinema, mi ci è voluto un tot di tempo per capire quale fosse lo spirito del racconto e che non dovevo aspettarmi niente di brutto 🙂 Visto che ha espresso precisi desideri riguardo all’edizione italiana del film, chissà se Jarmusch sa quel che hanno fatto con il trailer…
uh, non ho in effetti visto il trailer, ma so di essere contrario ai trailer, o almeno trovo non sia tra i criteri con cui scegliere cosa vedere. Oltre al fatto che c’è un rischio spoiler micidiale O_O paura eh?
@tragicomix: ammé i trailer piacciono fin da quando ero una sbarbina che viveva lontana millemiglia dal primo cinema disponibile e quei pochi secondi di film mi aprivano moooondi (alcuni li videoregistravo, perfino). Oggi, li “frequento” per lavoro, ma forse ne farei anche a meno, dato che, specie ultimamente, tendono a svelare troppe cose o a bruciare le scene migliori di film mediocri. Ad alcuni, comunque, diciamo che non si può sfuggire: se sono in sala, non è che esco per non vedere i trailer, eh, e quello di Paterson l’ho visto un paio di volte proprio al cinema 🙂