25 Novembre 2013 in Parkland

Era uscito dall’ultima Mostra del Cinema di Venezia con critiche piuttosto positive e si è aggiudicato il passaggio televisivo in onore del ricordo dei 50 anni dalla morte di JFK. Parkland è l’ospedale dove è stato portato il presidente nel disperato tentativo di salvargli la vita ma è anche lo stesso ospedale che ha accolto, pochi giorni dopo, la salma di Lee Oswald, accusato di essere l’assassino di JFK.
Un pò come Emilio Estevez aveva fatto con Bobby, l’ospedale diviene il crogiolo delle reazioni, confuse, arrabbiate, sconvolte, disperate e ferite di fronte al caos generato dalla perdita di JFK. Il carisma di Kennedy, la fiducia e la simpatia che aveva saputo ottenere dal popolo americano, la profonda osmosi con la gente, tutto questo si scontra con la rabbia e la disperazione di chi è impotente di fronte alla tragedia, si sente in colpa, si sente defraudato della speranza.
Se Bobby partendo dal personale, arrivava a mettere insieme le singolarità e ad unirle nel tragico finale, in Parkland il punto di partenza è proprio la tragedia e gli sviluppi rappresentano i modi di viverla diversi di chi è coinvolto.
In particolare spicca la confusione, l’affannarsi intorno al corpo del presidente di figure che non dovrebbero neppure essere presenti in una sala ospedaliera. E sono la più vera raffigurazione del caos che un gesto come quello ha saputo sollevare.
Molto azzeccato il cast, su tutti, bravo come sempre, Paul Giamatti che interpreta Abraham Zapruder.

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