9 Recensioni su

Parasite

/ 20198.2502 voti

Società a somma zero / 28 Dicembre 2023 in Parasite

Avevo rimandato per molto, troppo tempo la visione di Parasite, ma la tragica scomparsa di uno dei suoi protagonisti, Lee Sun-kyun, mi ha spinto infine a guardarlo. Una delle cose che colpiscono di questa commedia nera è il senso della misura del suo umorismo rispetto agli equivalenti europei o americani: è un film in cui lo spettatore ride di rado, ma sorride in compenso quasi tutto il tempo, mentre i suoi 130 minuti di durata passano senza farsene accorgere, grazie anche a una sceneggiatura praticamente perfetta.

Parasite è stato accolto come un film di denuncia sociale, con la sua rappresentazione della vita dei Kim in un seminterrato: che passa sì attraverso la lente dell’umorismo (salvo che nel finale nerissimo), ma è anche a quanto leggo un ritratto fedele delle condizioni di vita degli strati meno fortunati della società coreana. Ma il film fa di più: mettendo a contrasto i Kim e i Park mostra chiaramente come la loro differenza di condizione non sia giustificata da nessun divario di merito o di capacità: sono semmai i Kim a mostrarsi più intelligenti e più versatili. Quello che manca loro è la solidarietà con gli altri poveri: la loro ascesa si compie a danno di altri lavoratori, verso cui provano al massimo un po’ di rimorso. Nel mondo di Parasite la società è un gioco a somma zero, in cui qualcun altro deve scendere per permetterti di salire, e in cui l’ascesa sociale si può compiere solo giocando sporco.

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“I ricchi sono davvero dei fessi.” / 24 Giugno 2021 in Parasite

La famiglia Kim vive in condizioni di estrema povertà in un seminterrato sotto il livello della strada infestati da insetti. Al figlio, Ki-woo gli si presenta un’occasione che non può assolutamente rifiutare. Un suo amico gli offre l’opportunità di sostituirlo come insegnante d’inglese per la figlia di una famiglia molto ricca. Inizia un nuovo film fatto di falsità, inganni, bugie da parte di Ki-woo tutte volte a far piazzare l’intera famiglia a lavorare nella villa del signor Park. Prima la sorella, poi il padre e alla fine anche la madre. Una vera e propria invasione allo scuro della famiglia Park i quali non sospettano che tra loro ci sia un legame familiare.
Ovviamente non tutto va per il meglio.
Questa pellicola è meravigliosa. Un continuo susseguirsi di colpi di scena con un finale perfetto e inaspettato. Tutti i protagonisti sono fantastici. Nessuno sotto tono. Dalla famiglia Parassita Kim a quella dei ricconi vittime Park per non parlare della governante.
Vincitore della Palma D’oro a Cannes e di ben 4 Premi Oscar, Parasite è quel film che non puoi non averlo visto.
“Sono ricchi ma anche gentili”
“Sono gentili perché sono ricchi”
Imperdibile!
Ad maiora!
#filmaximo

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Scalata sociale / 8 Maggio 2020 in Parasite

Film premio oscar 2020.
Come in “Snowpiercer” anche stavolta Bong Joon-Ho si sofferma sui conflitti di classe.
Si sofferma su due famiglie in particolare: i Kim vivono in uno scantinato in estrema povertà mentre i Park vivono sulla collina in una bellissima villa. Quando il figlio più giovane dei Kim si ritrova (tramite un amico) ad essere assunto come professore della figlia dei Park, i Kim pian piano si intrufolano tra la servitù e nella vita dei Park.
Metafora neanche troppo velata della distinzione tra le classi come ad esempio le scale che i Kim scendono per ritornare nel loro
appartamento; i Kim, come parassiti, iniziano a entrare nella villa dei Park e gradualmente a entrare nelle loro vite. Ma se sali
in alto, devi sempre stare attento a chi sta più in basso di te e che magari per sbaglio hai calpestato.
Il film ha anche un buon ritmo, fino al finale violento anche questo quasi una caratteristica di Bong Joon-Ho; da citare il continuo riferimento
all’odore dei Kim, come se la puzza dei bassifondi non se ne possa andare neanche se sali i gradini della scala sociale.
Alla fine non ci sono buoni o cattivi ma sotto il riflettore sembra essere la società.
Troviamo anche la canzone di Morandi “In ginocchio da te”.

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la vita è dura e poi si muore… / 2 Aprile 2020 in Parasite

film coreano di un regista dal nome che sembra la password di un modem, prima della modifica. Niente di più “rassicurante”, giusto? E invece, pur avendo vinto la palma d’oro, Parasite scorre che è una meraviglia e non ci si annoia mai. Il Time sostiene che sia mooooolto 2019, e su questo non si discute. Certo, stiamo pur sempre parlando di un film orientale, quindi qualche scivolone melodrammatico e un paio di momenti di comicità didascalica sul genere Bollywood incontra Franco e Ciccio, li dovete per forza mettere in conto, ma vi garantisco che è roba buona. Insomma funziona. Non sto a raccontarvi la trama, vi basti sapere che è la storia di una famiglia di poveri bastardi che, per disperazione, è disposta a tutto. Un film che avrebbero potuto scrivere/dirigere Monicelli o Scola negli anni 60, ovviamente con uno stile più italiano. Che altro? Beh sì, è uno di quei prodotti che darà da mangiare a un sacco di critici cinematografici. Pippe su pippe ma a noi che ci frega? E’ un ottimo film, punto e ciao. Il nome del regista leggetevelo sulla locandina.

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Grande impatto / 21 Febbraio 2020 in Parasite

Ho visto questo film piuttosto in ritardo, dopo il suo trionfo agli Oscar.
E dopo aver letto e sentito vari commenti che sottolineano la denuncia sociale del film, il divario delle classi sociali e blablabla.
Avevate bisogno di un film coreano per rendervi conto delle disuguaglianze sociali?
Trovo che sia piuttosto riduttivo, e un po’ fastidioso, concentrarsi sulla questione sociale del film, peraltro piuttosto manichea (perlomeno nella caratterizzazione dei ricchi).

A mio parere, il film ha ben altri meriti.
Una storia avvincente, dal gran ritmo, che ti conquista e diverte inizialmente come una buona commedia per poi trascinarti nell’abisso.
Grande regia, forte impatto e suggestione visiva, e un finale emotivamente intenso.

Mi sembra un film da rivedere, e che lascia immagini e pensieri più interessanti del banale “uh i poveri sono poveri e i ricchi sono ricchi”.
Ad esempio, l’imprevedibilità della trama, non credo sia solo un espediente narrativo ma anche parte della poetica del film, con il discorso dei “piani” che percorre tutto il film.
Alcune “metafore” sono un po’ ovvie, e ciononostante affascinanti per la loro messa in scena.

Un grande film. Non so se è un capolavoro, a caldo non riesco a dargli meno di 9, penso che sia il film migliore del 2019 (per quanto, è un’opinione che conta poco, mica ho visto tutti i film dell’anno!)

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Wow! / 10 Febbraio 2020 in Parasite

Un film che ti sconvolge, che fa riflettere e che ti tocca dentro, che ti rimane sotto il naso e ci ripensi… a quanto ricchi e poveri possano essere così diversi ma altrettanto simili.
Un bel racconto, una storia odierna e ben congegnata, che come enfatizza il titolo, si annida nella tua testa man mano che prosegue la vicenda, con il tarlo di sapere dove andrà a parare.
Si sorride, ed è sbalorditivo quanto possa girare bene a questa famiglia disagiata, fino ad arrivare ad un finale inesorabile, preannunciato, che odora ancora di perdita e povertà.
Visto in lingua originale è stato un po’ una fatica, ma di certo l’ho apprezzato molto.
Miglior film? Non saprei, di certo un ottimo film, ben diretto e interpretato.
7,5

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“Tutto quello che dovrai fare sarà salire le scale” / 2 Febbraio 2020 in Parasite

Joon Ho Bong descrive la guerra tra poveri e il divario sociale in Corea con un film pungente, mordace e malinconico, una contrapposizione tra due famiglie, una povera e una ricca, intelligente e machiavellica che riesce a intrattenere, a far sorridere, commuovere e riflettere lo spettatore per oltre due ore. Una regia impeccabile e un finale agrodolce contribuiscono a rendere questo film un piccolo capolavoro.
Il cinema coreano si conferma ancora una volta di altissimo livello. Consiglio la visione in lingua originale.

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Metafore insistite / 17 Novembre 2019 in Parasite

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Vaneggiamenti sparsi)

Ho riso a denti stretti, guardando Parasite, come, molto probabilmente, avrei fatto guardando per una volta ancora le disavventure di un Manfredi, un Sordi o un Gassman in una buona commedia all’italiana che fu. In questo film sudcoreano, c’è il familiare ingegno del povero/del disagiato dal cervello fine e lo stomaco vuoto della tradizione letteraria e della commedia dell’Arte italiana.
Nel film Palma d’Oro a Cannes 2019, in sostanza, c’è la grottesca rappresentazione della tragicommedia che fonda la guerra tra poveri, l’humus su cui proliferano persone (consapevoli o “ignare”) come quelle che vivono nella super casa dell’archistar.

Ma il film non mi ha convinta appieno. Pur mettendo in scena con eccellenti capacità tecniche il palese divario socioeconomico in cui siamo immersi fino al collo (proprio come Ki-taek, il capofamiglia “povero”, quando tenta di recuperare qualcosa nel seminterrato allagato dall’acqua delle fogne), Bong Joon-ho non mi ha detto niente di nuovo che non sia stato rappresentato con altrettanta forza ed eleganza visiva da altri autori contemporanei. Per esempio, nonostante le premesse siano diverse, Parasite mi ha ricordato molto il cinema di Lanthimos, in particolare Il sacrificio del cervo sacro. Anche qui, un agente endemico si insinua in un contesto famigliare. Ci sono debite differenze, tra i due film, eppure, visto il tema comune e il costante ed esplicito richiamo all’uso della metafora, mi ritrovo a dire che, a suo tempo, sono rimasta molto più turbata dal lavoro di Lanthimos che da quello di Bong Joon-ho.

Probabilmente, nel film sudcoreano, mi aspettavo una deflagrazione ancora più potente di quella vista nel finale, un minor didascalismo nella rappresentazione del conflitto umano e delle classi sociali (es. la puzza di povertà è impossibile da togliere; a chi vengono prospettate urgenti cure mediche, tra la ragazza gravemente ferita -una dipendente- e il bambino colpito da un attacco epilettico -il figlio del “padrone”? Ecc.).

A livello narrativo, probabilmente, mi aspettavo (limite mio) una maggiore influenza della presenza dei Kim in casa dei Park. Intendo dire: gli “intrusi” non cambiano di un millimetro gli equilibri della famiglia ospite (finale a parte). Non c’è un’evoluzione dello status quo famigliare. A un certo punto, ho immaginato che i Kim avrebbero impedito ai Park di rientrare in casa o che, non so bene come, avrebbero finito per sostituirsi a loro, una specie di La cosa o L’invasione degli ultracorpi in versione sudcoreana, ma senza gli elementi splatter.
Altra mia fantasia: al di là dell’uso pedissequo della pioggia torrenziale che è bella, atmosferica, affascinante per chi sta all’asciutto in una casa confortevole e, al contrario, trasforma in ratti pronti a morire affogati chi abita nei quartieri poveri e sovraffollati, dove esplodono i tombini otturati dalla spazzatura, credevo che l’acquazzone avrebbe influito sullo sviluppo del racconto, creando problemi nel seminterrato, portando letteralmente a galla i segreti della casa, ecc.

A latere, non sono proprio riuscita a capire qual è il significato simbolico della roccia di cui Ki-woo non vuole liberarsi. Per esempio, perché la porta con se nel seminterrato, combinando un guaio, tanto per cambiare? Non credo che avesse intenzione di uccidere i primi “parassiti”.

Nota: credo che, perlomeno nella versione italiana, ci sia stato un errore di doppiaggio (se non addirittura di montaggio, a monte), non so, chiedo conferma. Ben prima che la padrona di casa, Yeon-kyo, racconti del fantasma visto da Da-song, la nuova governante, mamma-Kim, scoprendo l’uomo nascosto nel seminterrato, dice: “Ecco chi aveva visto Da-song”. Ma, a quel punto del film, non si era mai parlato di un uomo che, di nascosto, emergeva dalle viscere della casa, alla ricerca di cibo, allucinato e spaventoso, proprio come uno spirito impossessatosi della casa.

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Le (de)gradazioni della società / 21 Agosto 2019 in Parasite

Con il suo ultimo lavoro (Palma d’oro al miglior film al Festival di Cannes 2019 ), Bong Joon-ho torna a una dimensione più effettiva, tangibile e contemporanea, che però non smette di alimentare il fantastico, l’utopico e il surreale che si cela anche in spaccati di vita comune e ordinaria.
Parasite, nel suo incedere narrativo, non trova, nella molteplicità dei suoi generi ( commedia, drammatico, thriller ) un limite, né una disorganica coerenza tra le parti, riproducendo fedelmente( con i dettami della critica e della denuncia ) tutti i paradossi e le idiosincrasie della società odierna.
Avversioni che nella pellicola si traducono nella disparità di classe, nelle contraddizioni sociali, nel disequilibrio fra bisogno e desiderio. Bong Joon-ho non sbaglia un colpo, donando alla telecamera i tratti somatici della realtà, e quindi, come nella realtà, si assiste al sogno e alla sua caduta, nei suoi più disparati livelli, da quello casalingo, privato ( con una fotografia eccellente, nella sua ricerca audace e limpida dei colori e degli spazi architettonici ) a quello chimerico, ideale, confinato negli anfratti più oscuri della ragione.
Un altro capolavoro da aggiungere a Madre e a Memories of Murder.

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