una scena / 12 Ottobre 2017 in Pane e cioccolata

ricordo una scena in particolare: manfredi, nei panni dell’immigrato sfortunato e poveraccio, ha un momento di tranquillità e solitudine durante il quale si dedica alla toeletta notturna prima di andare a dormire. è stato in un certo senso rifiutato dalla sua coinquilina poco prima, è un po’ demoralizzato ma accetta tutto sommato l’andamento delle cose con filosofica rassegnazione. nella sua stanza, in realtà, la donna l’aspetta seduta nell’ombra. lui, ignaro, si dedica al pediluvio. in testa ha un buffo asciugamano sui capelli bagnati, indossa una maglietta sventrata poco prima contro la maniglia della porta, sospira e si accende una sigaretta. la donna, trovandolo irresistibilmente buffo, scoppia a ridere. ecco, questo momento qui manfredi è un gigante. la guarda, si leva sorpreso e un po’ vergognoso l’asciugamano dalla testa e fa un’espressione che qualifica il personaggio come una brava persona, un mite, un impacciato ragazzo di una certa età lontanissimo dal cliché dell’italiano tombeur de femme tutto parlantina e movenze sciolte. è umanissimo e straordinario nella sua rappresentazione di una persona che riconosce con un filo di imbarazzo di stare facendo una figura barbina di fronte alla donna che bramava conquistare. ma quanta autoironia ci vuole per non tentare nemmeno di capovolgere la situazione, per non lanciarsi in un recupero? quanto sono belli gli sguardi in tralice che fa alla donna, quanta empatia si prova in questo momento. al di là della trama coinvolgente, del tema quanto mai attuale, della partecipazione al percorso che fa il personaggio, ricordo sempre con piacere questo momento qui. è un momento che mi fa pensare sempre a quanta umanità ci può stare dentro un essere umano, e che bello sia quando, a sorpresa, trabocca e ne vediamo un po’.

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