Il pendolo turco / 17 Maggio 2013 in Pandora'nın Kutusu

“Una nebbia leggera si stendeva sulla montagna quel mattino d’autunno. Lontano, quasi all’orizzonte, mi sembrava di vedere la sua vecchia figura tremolante, che avanzava a fatica, lo sguardo perso nel vuoto o fra antichi ricordi. Mi piaceva immaginarla inghiottita dalla montagna, ormai parte di essa. Per sempre. Sotto sotto era quel che cercava. L’alzheimer in fondo era stato un dono per lei: non poteva capire questo mondo assurdo, frenetico, che ha perso ogni contatto con i cicli della natura, con la vita stessa. Non avrebbe sopportato i litigi continui, i rancori, i dissapori, le frustrazioni che disgregavano pian piano la sua famiglia. Ormai non mi riconosceva più, ma per me mia nonna era diventata una presenza fondamentale. Nei suoi occhi vedevo la vera innocenza, un candore ormai perduto nel tempo, una vita vissuta in punta di piedi e, proprio per questo, autentica e vera. Tutto ciò mi rinfrancava e mi dava coraggio. Ogni volta che alzerò gli occhi in alto, verso la montagna, non potrò fare a meno di ricordare la mia meravigliosa nonna.”

Un bel film sulla malattia, sul disgregarsi dei rapporti familiari, sull’incomunicabilità, sui conflitti generazionali, sui disastri ecologici e umani causati da una urbanizzazione scriteriata. Si parla, in fondo, della Turchia, uno stato a cavallo tra Oriente ed Occidente e per questo pieno di contraddizioni insanabili, diviso com’è tra un passato mitizzato e una modernità mai pienamente accettata. Un paese schizofrenico, laico e fondamentalista allo stesso tempo, in cui il nazionalismo islamico e una modernità incarnata da valori occidentali corrono su binari paralleli, senza mai veramente incontrarsi. Creando, anzi, cortocircuiti potenzialmente esplosivi.
qui la “colonna sonora”.

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