8 Settembre 2014 in One on One

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ragazzina viene soffocata da tizi in un strada oscura. Perché? Non si sa. Uno per uno, esecutori e mandanti vengono sequestrati da un gruppo di altri tizi, che cruentemente li tortura fino a fargli col sangue firmare una confessione, e rilasciarli. Alla guida del gruppo sta un tizio-capo cicciotto e con le New Balance. L’unico doppiato bene, tra l’altro. Lui è una specie di BeppeGrillo iperviolento, che con una certa retorica del tipo “non potete chinare la testa di fronte ai soprusi del potere, dovete reagire con la stessa forza e schiacciarlo” funge da guida per tutti gli altri. Dopo tre minuti ero già orizzontale sulla sedia a causa di una mazza ferrata→ oh non stavano picchiando me eh. La trama è apparentemente dispersa eppure, nella ripetizione delle torture e dei sequestri, si raccolgono lentamente le fila del racconto, e ognuno del gruppo ha la sua storia di disperazione/umiliazione: c’è il senza tetto, il disoccupato, una tipa incapace di mollare il fidanzato che prima la picchia come un tamburo e poi la coccola. Ma in definitiva tutti un po’ stupidi; vengono tralasciati i motivi, l’omicidio iniziale della ragazza viene insinuato sia stato per una qualche ragion di stato, a mano a mano che si sequestrano pezzi del potere sempre più grossi. I poveri invece, noi tutti, sono disperati e possono reagire solo così, con cieca violenza e furia che offusca la umana pietà; Kim fa la sua versione della rivoluzione, o una di quelle possibili, con una carrellata di personaggi che incarnano anime diverse, anime ideali, del suo paese, che fa schifo (questo in sintesi è quel che ha detto lui, io la Korea la lovvo. Tutta). Violenti e per di più, il capo, senza il minimo senso dell’ironia, a parte per il fatto che si travestono di volta in volta a comporre una messa in scena per le loro azioni e l’ultima, abbigliati da netturbini, vince. Al di là del tuffo a precipizio nello schifo della quotidianità koreana, che si desume corrotta e marcia e ora ho perfino un po’ paura, Kim rinuncia sempre più alla vena poetica che era cifra dei suoi primi e meglioyeah film. In cambio di una violenza che non è in sé eccessiva ma piuttosto ripetitiva e fine a se stessa per l’utilizzo (torturati un paio diventa più uno sforzo di fantasia che altro), e di parole. Quante parole, milioni di parole. Se penso che in Ferro 3 non parlava quasi mai nessuno mi viene male. Perché poi, anche, nemmeno sono parole pesanti e pensanti, ma parole rimasticate di rivoluzioni mancate, controcultura e complottismi vari, mancati e nascosti. In questo minestrone non resta un granché, al di là di patate e sofferenza, morale e fisica, per tutti. Ma se hai gli occhi a mandorla di più.
E poi non c’è figa U_U

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