Recensione su Pioggia di ricordi

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Pioggia di ricordi / 19 Marzo 2016 in Pioggia di ricordi

Lo Studio Ghibli ci regala l’ennesimo capolavoro (il film è del 1991, ma in occidente è arrivato tardi, e in Italia addirittura solo alla fine del 2015), questa volta per la regia di Isao Takahata. A differenza dei film di Miyazaki, qui non c’è nessuna concessione alla fantasia: il film tratta di temi adulti, ed è indirizzato a un pubblico adulto. Nelle campagne non si incontra Totoro, ma si parla con un contadino – brevemente, non temete! – di liberalizzazioni del mercato e dei pro e contro delle colture biologiche.
Molte cose del film non sono del tutto comprensibili al pubblico europeo: scuole organizzate in modo differente, riferimenti culturali che ci dicono poco o nulla, usanze tipiche giapponesi poco note; ironicamente, uno dei pochi prestiti occidentali a comparire è il baseball, uno degli sport di più difficile comprensione per un italiano non appassionato. Eppure l’interesse umano della vicenda traspare in quasi ogni situazione: nel rapporto contradditorio della protagonista col padre silenzioso e distante, nel delizioso episodio della matematica (che cosa significa dividere una frazione per un’altra?, si chiede Taeko, e noi con lei; e qui lo spettatore capisce all’improvviso una cosa che i personaggi della pellicola invece non comprendono: che la bambina è la più intelligente di loro).
Ma è negli ultimi venti minuti che la sottigliezza dei sentimenti messi in scena raggiunge l’apice. Qui il film diventa davvero universale, parla a tutti, pur nella semplicità del suo linguaggio; e anche se avrei preferito un finale un po’ più ambiguo, in conclusione non si può rimanere che commossi e ammirati.

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