Atto I
voto: 7
Film rivoluzionario sotto diversi aspetti; smaccatamente socialista, sessualmente disinibito (gli attributi maschili in bella vista, l’ultimo tabù infranto), aderente al linguaggio paesano (s’ode perfino una bestemmia, peraltro pronunciata da un ragazzetto). Lento come un carro di buoi su una stradina fangosa, ma proprio per questo diffuso di particolari; i dialoghi e i personaggi soffrono un po’ della tipica ‘sindrome italiana’, sono un po’ isterici e spesso esasperatamente poetici.
Nel firmamento del cast brillano – come talvolta accade – le retrovie. Grandi attori per una piccola parte, ovvero il nonno Berlinghieri / Burt Lancaster ed il vecchio contadino Leo Dalcò / Sterling Hayden, che non ho amato per nulla come protagonista in un cult-movie come Johnny Guitar, ma qui l’ho pienamente rivalutato. Le main stars sono un po’ sotto l’eccellenza, a mio parere; per Depardieu ho una personale riserva, lo considero divenuto un grande attore in età matura, mentre De Niro qui appare un po’ fuori ruolo. Sutherland è un dannato fascista efficacissimo, una vera faccia da demonio.
Grande scena, la parata funebre per le strade cittadine al grido di “Svegliatevi!”, mentre la Sandrelli (attrice assolutamente mediocre, qui quasi discreta) urla il necrologio dei vecchi ammazzati dagli squadristi.
Atto II
voto: 6
Lo scenario s’incupisce notevolmente, con le efferatezze delle camicie nere e della diabolica coppia formata da Donald Sutherland e Laura Betti (faccia larga e profilo aquilino da strega, personaggio azzeccatissimo e davvero inquietante). Altrettanto violento il repulisti partigiano, sebbene per Bertolucci la vendetta abbia un’aura eroica nel gran finale propagandistico. “Il padrone è vivo”, muoiono i fascismi, si giustiziano i carnefici ma il potere – il potere che si lascia rubare la pistola dal cassetto senza batter ciglio, il potere che non sembra neanche troppo malvagio – si rigenera sempre; al di là della retorica socialista, il film coglie una verità inconfutabile. In questo secondo atto emergono le povertà recitative di un film pensato per metà “alla Pasolini”, con il biascichio inespressivo dei contadini emiliani, e per l’altra metà con le agitate interpretazioni del parterre de roi dei protagonisti, su tutte quella dell’ istericissima Dominique Sanda. C’è da dire che De Niro si rinfranca un poco, in questo secondo atto.
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