Recensione su Intrigo internazionale

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L’incontro con Hitchcook / 20 Maggio 2013 in Intrigo internazionale

« La verosimiglianza non mi interessa. [… ]Siamo logici: se si vuole analizzare e costruire tutto in termini di plausibilità e verosimiglianza, nessuna sceneggiatura che si basi sulla finzione resisterebbe a una simile analisi; a questo punto non resterebbe che una cosa da fare: dei documentari…Chiedere a uno che racconta delle storie di tener conto della verosimiglianza mi sembra tanto ridicolo come chiedere a un pittore figurativo di rappresentare le cose con esattezza. […]I miei film non sono pezzi di vita, sono fette di torta. »
(Alfred Hitchcock, Il cinema secondo Hitchcock, pp. 81-84)

Alla luce di queste importanti parole, che fortunatamente ho letto prima di vedere il film, cerco di intraprendere il percorso per conoscere questo importante regista attraverso i suoi film. Se è chiara già da subito la grande maestria nel dirigere, lo è altrettanto la capacità di dare tono all’azione e alla commedia, con risultati estremamente vivi e compatti, di indubbia maestria. Il film gode e soffre della stessa cosa: gli anni ’50. Dico soffre in realtà un po’ a sproposito; è certo che la pellicola diventa pietra miliare nel momento in cui centra in pieno la sua contemporaneità, e in questo non c’è ombra di dubbio sulla riuscita: gli attori, i loro sguardi, il senso “galateico” con cui l’eleganza diventa presupposto, senza poi ovviamente annoverare costumi, scenografie e altre cose ovvie. Le parole dello stesso regista che ho riportato sopra sono fondamentali per dissipare ogni dubbio su alcune forzature di sceneggiatura, e tanto bastano per non richiedere ulteriore chiarezza. In tutto questo ciò che non combacia è appunto il “soffre” di cui parlavo: chi, come me, si sente molto attaccato alla propria contemporaneità non potrà non riscontrare una sorta di meccanismo in cui gli “esercizi di stile” propri di quegli anni risultano di tenue impatto. E’ per esempio da sottolineare come 2 anni prima veniva girato da un altro regista, Kubrick, “Orizzonti di Gloria”, la cui lungimiranza pare porsi su un altro livello. Il confronto tra i due film non ha ragione di essere ovviamente, ma sussiste solo in un gioco di critica che mi concedo. Detto questo condanno a tabù ogni voglia di sminuire una pellicola che è diventata giustamente un simbolo, e che ha instillato in me la voglia di approfondire la filmografia di Hitchcock, personaggio che mi sembra incredibilmente meritevole di essere studiato nel suo complesso e come figura cardine della cinematografia mondiale (forse più anche dello stesso Kubrick, chissà).

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