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Il gioco delle coppie

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sotto titolo: gli ebook e gli audiolibri nel mercato editoriale / 7 Febbraio 2019 in Il gioco delle coppie

Il film francese e il titolo mi hanno portato fuori strada, non è per niente la solita commedia francese che mi sarei aspettato di vedere.
Dall’inizio sembra una conferenza sul futuro dell’editoria, ebook e audiolibri compresi, e sembra anche il festival dei radical chic, cosa che avevo pure messo realisticamente in conto, trattandosi di un film francese.
Il film commedia francese brillante che mi aspettavo di vedere non decolla mai.
Per quanto riguarda le osservazioni negative e soprattutto quella sul festival dei radical chic:
– Sembra che in Francia vadano di moda solo pranzi e cene in piedi o seduti col piatto in bilico sulle ginocchia
– Una coppia con bambino di meno di 5 anni e questo lo si vede spuntare solo una volta?
Una sera esce fuori da una porta con dietro una scala, evidentemente dispone di un suo proprio appartamento, e poi nulla, ci pensa la nonna? Comodo risolvere così. Il mondo reale è differente.
– La figura dello scrittore squattrinato, che se non fosse per il lavoro della moglie dovrebbe chiedere il sussidio, non convince per nulla.
Non è coerente con le varie interviste e impegni che poi si vedono dopo la pubblicazione del libro e anche i vari libri già scritti citati più volte.
Inoltre, per alcuni piccoli dettagli, sembrerebbe voler ricordare, se pur lontanamente, Houellebecq, ma l’attore che lo interpreta è simpatico e non ha nulla del personaggio reale di cui mi risparmio la pena di parlare, avendo avuto già la sventura di leggere alcuni suoi libri.
Se c’è stata volontarietà … se la potevano risparmiare, ma questo rientra in pieno nel festival dei radical chic, di cui dicevo prima.
– Infine una nota tecnica, l’immagine è evidentemente sgranata, non degna di un normale film, non so se sia dovuto al cinema dove l’ho visto.
Non lo consiglio, ma neanche è orrendo da vedere.
Una nota positiva nel festival dei radical chic è che almeno hanno iniziato a fumare fuori, all’aperto, o almeno ci provano …

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M / 13 Gennaio 2019 in Il gioco delle coppie

Il cinema di Assayas è intimamente collegato alla letteratura: l’aveva già dimostrato quattro anni fa con Sils Maria (a mio avviso tra i tre o quattro film migliori di questo decennio), e oggi ci riprova. Se allora era il teatro e il suo rapporto col mondo (e col cinema), oggi è un argomento più decisamente tecnico: l’editoria ai tempi della digitalizzazione. A corollario altri due temi sviscerati un po’ meno a fondo: l’incontro e sconto tra cinema e serie tv (molto interessante), e il rapporto tra realtà e finzione nel romanzo contemporaneo (sulla carta ancor più interessante, ma è il grande tema della critica letteraria contemporanea, e fondamentalmente tutto ciò che al riguardo viene detto nel film è già stato detto da altri e meglio).
Ma il grande oggetto della pellicola, si diceva, è l’industria letteraria nell’epoca del digitale. Le riflessioni in questo caso sono tutte interessanti, e Assayas è abile a non prendere posizione: fa dire cose anche molto diverse ai personaggi, e sta allo spettatore decidere da che parte stare, o, meglio, come fare una sintesi delle varie parti e trovare una propria posizione. Il gioco funziona quasi perfettamente, a parte che con un personaggio, la giovane responsabile del comparto digitale di una casa editrice: le sue posizioni sono troppo estreme, per la digitalizzazione a tutti i costi, per l’abbattimento del libro cartaceo, per la scomparsa delle biblioteche se non come luoghi di mera preservazione di libri antichi. In quanto estremista, è incapace di capire le posizioni altrui sull’argomento, non tenta mai di mediare, e in questo risulta assai poco credibile. Si tratta però solo di una voce in un film corale, la riflessione in generale è stimolante.
I problemi gravi sono altri, principalmente due: il primo è che il film è troppo verboso, si parla sempre, parlano tutti e sostanzialmente non si fa altro che parlare, parlare e ancora parlare. Persino una macchina da presa abile come quella di Assayas non può farci niente in questo fiume di parole; ci prova, si muove spesso a sorpresa, a volte si dibatte, ma fatica molto a far prevalere l’immagine sulle parole, o persino il suono sulle parole (è importante solo il contenuto, in questo flusso continuo di voci). Puro verbo, perfettamente aderente al tema letterario, ma si sta guardando un film, e l’esperienza filmica è alla lunga noiosa.
Il secondo difetto, probabilmente conseguenza del primo, è che manca la vita: se il conflitto teatro/mondo di Sils Maria era vibrante e colmo di sentimenti contrastanti, qui tutto agisce solo per esternare la visione dei personaggi, ma della loro vita in fondo non ce ne importa un tubo, e persino i vari tradimenti non scuotono minimamente.
È un film troppo intelligente per essere sconsigliato a cuor leggero, ma allo stesso tempo un film troppo monotono per essere consigliato: se non l’avete fatto, guardatevi piuttosto Sils Maria, quello sì è un capolavoro.

P.S. Velo pietoso sul titolo italiano, che fa sembrare il film una triste commedia romantica con Hugh Grant e Meg Ryan. Ovviamente è tutt’altro.

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