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Non essere cattivo

/ 20157.6272 voti

Non essere cattivo: il grido di coloro la cui unica casa è la “cattiva strada” / 11 Dicembre 2019 in Non essere cattivo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ostia 1995. Due giovani si incontrano come di consueto sul lungomare, ormai svuotato degli ombrelloni e della frenesia estiva, e si scambiano pasticche colorate. Quei giovani sono Vittorio e Cesare, amici da sempre, praticamente fratelli. Con loro la vita non è stata molto generosa: costretti a scegliere tra la fame o la galera, i due preferiscono rischiare quest’ultima commettendo piccoli furti e altre attività illegali, e spacciando, naturalmente. La droga li risucchia del tutto, li stordisce, li anestetizza e per la durata del suo effetto placa un po’ quel vuoto incolmabile che la vita ha creato dentro di loro. A Ostia la vita scorre lenta: fiumi di birra nei bar, risse occasionali, cocaina, pasticche colorate. Questo è il contesto in cui si muovono goffamente Vittorio e Cesare: un’anti-società, in cui la giustizia la si fa da soli, in cui si è costretti a ridurre la propria esistenza alla mera condizione di sottoproletario, di emarginato, di ultimo. Da questa bolla, i due tentano disperatamente di uscire, si affannano, spesso invano, nel tentativo blando di rivendicare il loro diritto alla felicità, alla stabilità della società borghese che li guarda dall’alto in basso e li disprezza. In un’anti- società non possono mancare, naturalmente, degli anti-eroi: da un lato, Vittorio che non ha mai avuto nessun affetto e trova nello sballo, l’unico conforto; dall’altro, Cesare, che ha visto morire sua sorella giovanissima a causa dell’AIDS, e ora vive con la mamma e la nipotina, malata anch’essa. Claudio Caligari ci presenta, dunque, due figure uguali nella loro sfortunata esistenza, ma per certi versi antitetiche: Vittorio, infatti, dopo un’allucinazione dovuta a una dose eccessiva di droghe sintetiche, decide di “mettere la testa a posto”, cerca un lavoro, si innamora e convive con una ragazza-madre, Linda, che lo aiuta a condurre una vita normale; Cesare, il più ostinato e allo stesso tempo il più fragile dei due, vorrebbe imitare il suo amico Vittorio, ma non ci riesce. Il richiamo della droga, come il canto delle sirene di Ulisse, lo incatena al suo destino di degrado sociale e di miseria. Egli vorrebbe divorare la vita, ma non fa che strapparne solo piccoli morsi, è paralizzato e ad avere la meglio è sempre il suo “demone”. Da un lato, dunque, una presa di coscienza della propria condizione e la voglia di cambiare, di ricominciare da zero, di dare un’altra possibilità alla vita, dall’altro, una paralisi, un’incapacità a vivere, che condurrà il nostro Cesare a un tragico epilogo. Viene da chiedersi, a questo punto, quale sia la scelta migliore, piegarsi a una vita alla quale non ci si sente adeguati o continuare testardi a condurre la propria, per quanto sbagliata e destinata al fallimento sociale? Da “Non essere cattivo” emerge un grido straziante di dolore, il grido degli ultimi, il grido di coloro la cui unica casa è la strada, “la cattiva strada”, eppure l’unica in cui sentirsi accettati. Un film di denuncia, in cui nessuno è cattivo, ma tutti sono fragili e Caligari, con le radici ben salde nel cinema pasoliniano, è riuscito a trasportare ancora una volta, nel cinema italiano, con semplicità e ingegno, la vita delle borgate romane, i suoi soprusi e le sue mancanze.

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La fine dei ragazzi di vita / 17 Settembre 2018 in Non essere cattivo

Pochi giorni fa ho rivisto Non essere cattivo di Caligari e l’ho trovato uno dei film italiani (e non) più belli degli utlimi dieci anni.
Storia unica poi questa fotografia al neon che rispecchia una realtà malata, questa regia sporca che ruota intorno ai personaggi, sempre naturalmente presente .
Una sorta di continuo spirituale del ragazzi di vita pasoliniano, con la differenza che qui nemmeno il lavoro riesce a salvarti.
Ci sono due strade possibili da percorrere : l’accettazione del sopravvivere di Vittorio (Borghi) fuori dalla piccola cirminalità o il rifiuto infruttuoso per chi non è fatto per quella mediocrità ma non abbastanza forte per uscire dalla spirale(Cesare).
ll secondo (Marinelli) come carisma sembrerebbe mangiarsi l’altro (Borghi),ma con uno sguardo più attento, capisci quanto i due personaggi siano uno solo e di come Vittorio sia complesso quanto e più di Cesare.
Non essere cattivo è la storia di un’amicizia, di un amore eterosessuale che va oltre tutto e tutti, una dipendenza continua uno dell’altro perchè come ho già detto sono una cosa sola .
Commovente, amaro senza mai cadere nel patetico, a volte anche ironico ( la scena del trip per esempio).
Da questo film qua mi sembra che poi il cinema italiano si sia mosso e abbiamo avuto film come Veloce come il vento, lo chiamavano Jeeg Robot, la trilogia di smetto quando voglio, Ammore e malavita, Perfetti sconosciuti ecc.
Secondo me in futuro si studierà come punto di rinascita del cinema italiano.

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Con gli occhi spalancati / 12 Settembre 2016 in Non essere cattivo

Questa storia la si guarda così per almeno la prima metà del film: con gli occhi spalancati, come i protagonisti.
Inutile aggiungere quanto detto dagli altri, se non che Marinelli e Borghi son stati una piacevole conferma.
Film consigliato.

Tossico / 13 Luglio 2016 in Non essere cattivo

Sullo sfondo di amore tossico, Caligari ci propone la storia intensa di due ragazzacci dei quartieri di Roma che vanno avanti vendendo “cocaina frizzantina”. Un Luca Marinelli e un Alessandro Borghi a dir poco eccezionali, fanno funzionare il lungometraggio in una maniera perfetta. È soprattutto dai loro volti, dallo sguardo accecato di visioni e dagli occhi prontamente rossi a coinvolgerci nelle loro vite sfrenate. A mio avviso sono gli attori più capaci della scena cinematografica italiana di oggi. Un film che rivendica, finalmente, il cinema italiano!

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Non essere buono / 29 Marzo 2016 in Non essere cattivo

La storia è indubbiamente coinvolgente. Cesare cerca un legame, lo trova, ma non lo vede, è cieco di fronte a tutte le ancore di salvezza che lo circondano. Cerca di imitare la nuova vita di Vittorio che cerca di tirarlo fuori, ma sono la rabbia e la disillusione a farlo crollare. Visivamente è piacevole e il difetto più grande è che finisce, è come finisce, perché lascia ampi spazi per una continuazione.

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Io ci provo a non essere cattivo… / 28 Dicembre 2015 in Non essere cattivo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Non essere cattivo” è la scritta sulla maglietta di un orsacchiotto regalato ad una bimba in fin di vita. Il gesto più dolce nell’esistenza scombussolata e autodistruttiva di Cesare, un ragazzo che ha preso solo calci in c**o dal destino.
Pochi legami veri, uno di questi è con l’amico fraterno Vittorio, suo compagno di spaccio, risse e sbronze.
Vittorio vuole uscirne e cercherà di salvare l’anima persa del socio.
Adeguarsi alla società, lavorare, metter su famiglia. Il sogno di tanti. Il desiderio della gente normale.
Ma Caligari ci mostra, con una forza devastante, come questa vita non sia fatta per tutti. E’ che semplicemente c’è chi non è tagliato per la serenità. Forse quando vieni al mondo, proprio nel momento esatto in cui atterri piangendo tra le braccia di un medico, qualcosa decide che non sarai mai felice. E non ne esci più.
Ti sforzi. Ci provi a “non essere cattivo”, ma come si fa? Hai perso troppo. E ciò che ti circonda è un labirinto di mer*a senza vie di fuga.
Un film che fa male come un pugno di ferro avvolto in carta vetrata e, forse proprio per questo, ti fa sentire bene.
Almeno per un po’.

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Ragazzi di vita cinquant’anni anni dopo… / 29 Novembre 2015 in Non essere cattivo

Circa cinquant’anni dopo quei “ragazzi di vita” immortalati da Pasolini una carrellata a tutto campo nella squallida periferia di Ostia dove Cesare e Vittorio , due amici fraterni sin da quando erano ragazzini , passano le loro giornate fra sballi ed allucinazioni da “striscie” ed alcolici , sino a che i loro percorsi non si dividono ed i loro diversi destini si compiono .
Claudio Caligari, purtroppo mancato prima della fine delle riprese , ha diretto un film duro ed impietoso , anche se decisamente realista, sul “disagio di vivere” di una certa gioventù avvalendosi di una fantastica coppia come Luca Marinelli e Alessandro Borghi entrambi eccellenti a rendere con grande credibilità i rispettivi personaggi .

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Il rigore e l’efficacia / 24 Ottobre 2015 in Non essere cattivo

Caligari se n’è andato lasciando ai posteri una storia che, sulla carta, potrebbe essere il secondo atto di Amore tossico: nella solita Ostia, una decina di anni dopo i fatti del primo lungometraggio del regista di Arona, aleggia sempre una disperazione devastante, ci si buca ancora, ma adesso, come se non bastasse, si tira cocaina e ci si cala al ritmo di techno, in un’involuzione autodistruttiva continua.
I ragazzi di strada di Caligari sembrano esistere per il semplice motivo di essere nati.

La storia di Cesare e Vittorio è paradigmatica e i suoi sviluppi, sia positivi che drammatici, sono abbastanza intuibili, ma non per questo il film risulta privo di interesse fino alla fine e ciò è soprattutto merito di una sceneggiatura estremamente asciutta e di interpretazioni a tratti molto ben calibrate, nonostante il rischio di scadere nella mera macchietta imitativa sia costantemente dietro l’angolo.
Ciò che stupisce è la completa immersione nel clima di un ventennio fa: la dettagliata ricostruzione d’ambiente è totalmente credibile, come se il tempo si fosse letteralmente congelato. Non dubito che le pregresse esperienze documentaristiche di Caligari abbiano influito sull’esposizione cruda ed essenziale dei fatti.

Nonostante la messinscena affronti diverse tematiche sociali (la precarietà del lavoro, l’assenza di strutture famigliari o comunitarie dal valore positivo, le figure femminili geneticamente relegate al ruolo di madri/figlie/sorelle/compagne addolorate, ecc.), il film non ha carattere espressamente sociologico.
A cosa serve, allora, un film strutturato come quello di Caligari? Si tratta, semplicemente, di una storia. E non è facile, oggi, trovare in Italia chi sia capace di raccontarne una con un rigore ed un’efficacia come quella dimostrata qui da Caligari.

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E se fosse un mezzo capolavoro?! / 21 Ottobre 2015 in Non essere cattivo

Due ragazzi, Vittorio e Cesare, sono due spacciatori di Ostia nel 1995. Uno di loro, però, vuole provare ad uscire da questo inferno.

Attori incredibili: Marinelli e Borghi sono fenomenali nell’interpretare i due ragazzacci romani degli anni ’90.
Regia praticamente perfetta di Claudio Caligari (una chicca la scena quasi lynchiana, quando uno dei due protagonisti sta in trip e vede un circo in mezzo alla strada). [Il regista è morto dopo aver montato il film, era malato da tempo]
Una storia raccontata benissimo, un pugno allo stomaco dall’inizio alla fine, anche se si riesce pure a ridere in certe parti.
Dopo l’ottimo “Suburra”, l’Italia sforna un altro grandissimo film. Avanti così!

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Ahò / 27 Settembre 2015 in Non essere cattivo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Abbastanza palesemente, quel che rimane dei ragazzi di strada di Pasolini, dopo che li infili in uno shaker con mille droghe.
Ostia, anni ‘90. I protagonisti sono Vittò (Vittorio) e Cè (Cesare), best friends di borgata romanaccia, che vivono bighellonando di giorno e di notte strapippandosi qualsiasi cosa, spacciando al dettaglio, menando botte e così via. Ovviamente hanno tutti amici di quelli col nickname buffo, per cui ci sono anche il Lungo, il Corto (manca, ahimè, il Pacioccone, per un buco di sceneggiatura), il Grasso e il Brutto (Brù). Non esistono verbi all’infinito nominati per intero. Ma dove vuoi annà, vieqquà, lascia stà, ahò, bella fratè, piotta di qua, piotta di là, e potrei proseguì all’infinito ma de no mejò. Vivono di queste vite incredibili (nel senso che è incredibile non finiscano al Regina Coeli fin da subito) e parallele, con gli occhi sbarrati dalla coca e trip vari per la prima metà del film. Poi le rette divergono, Vittò conosce una tizia (Linda, che diventa ovviamente Lì) che je fa mette a capoccia a posto, comincia a lavorà, Cè continua a sbarellare da solo. Ci prova pure Cè, nei suoi rari momenti di lucidità (<– non è un verbo), ma è troppo matto e affamato di vita e inetto per farcela. Vittò ricade e si rialza, alternando debolezze a voglia di normalità. Cè praticamente solo cade, ma hey, erano i favolosi anni ‘90, c’era la miglior musica disco da ascoltare di notte su strade di periferia vuote. La declinazione romana del concetto di generazione perduta, dove si pennella un milieu sociale (cheffigo scrivere milieu) in cui tutto è perduto da principio, e allora la fai facile, a dire di non essere cattivo. Volevo infine indicare come, nei volti ed espressioni, i due sembrino Tiziano Ferro e Francesco Totti. Il regista è morto prima del termine delle riprese e Cè, e io figurati se me ne ero accorto, è l’attore che recitava il protagonista maschile e secchionissimo di Tutta la vita davanti, mostrando, nel passaggio e nel contrasto, una certa qual bravura.

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