14 Recensioni su

Lo sciacallo

/ 20147.4361 voti

Mai titolo di film fu più azzeccato! / 13 Agosto 2021 in Lo sciacallo

Lou Bloom è un ladruncolo di materiali edili che rivende nei cantieri. Avrebbe desiderio di poter lavorare ma nessuno gli offre la possibilità. A questo punto troverà lui in modo per emergere, non guardando in faccia nessuno.
Jake Gyllenhaal si cala nel personaggio in maniera eccelsa. Una freddezza e una mimica eccezionale.
Un thriller che non cede mai. Fino a dove Lou si potrà spingere per ottenere ciò che vuole…
“Dico sempre: se mi vedi, è il giorno peggiore della tua vita”
Da vedere!
Ad maiora!
#filmaximo

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metamorfosi / 23 Novembre 2017 in Lo sciacallo

versione riadattata dello sciacallaggio ” l’asso nella manica ” 1951 con un ottimo Kirk Douglas . Tutto qui.

Nel cuore della notte losangelina / 2 Dicembre 2016 in Lo sciacallo

Finalmente ho recuperato quello che un po’ tutti – critica e pubblico unanimi – definiscono come uno dei migliori film del nuovo millennio. In effetti Gilroy ha creato un piccolo capolavoro notturno, grazie all’interpretazione davvero sensazionale di un emaciato Jake Gyllenhaal (ma quanto è bravo questo attore, quanto è cresciuto negli anni, pazzesco) a cui aggiungerei la gran presenza scenica di una matura ed elegante Rene Russo. Ciò che riesce a catturare visivamente lo spettatore è senz’altro il mood malinconico della notte losangelina tra luci artificiali e primissimi albeggi, sirene, fari, insegne al neon nella ipnotica fotografia di Robert Elswit.

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NIGHTCRAWLER / 10 Ottobre 2016 in Lo sciacallo

Lo Sciacallo…ok, ok il film è molto interessante, Jack G. come al solito è bravo ed interpreta al massimo i suoi ruoli. In questo personaggio, Lou Bloom è incredibile, un ruolo, borderline, psicopatico, maniacale, simpatico, SCIACALLO dallo sguardo pazzo!!
Detto questo, il film mi è piaciuto, è adrenalinico e durante tutto il film ti chiedi sin dove si spingerà Bloom, qual’è il suo limite per raggiungere i suoi obiettivi?
Ogni volta ti aspetti il peggio da lui, perché ha un comportamento da serial killer, nel modo di pensare.
Ma il realismo viene tradito, se ci fossero stati quelli di CSI col cavolo che te la cavavi BLOOM………….

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“se vuoi vincere alla lotteria guadagnati i soldi per il biglietto.” / 24 Marzo 2016 in Lo sciacallo

Thriller che “non mozza” particolarmente il fiato di Dan Gilroy,al suo debutto da regista,con protagonista un vero e proprio “sciacallo” interpretato da un ottimo Jake Gyllenhaal.Si tratta della storia di un ladruncolo occasionale,che improvvisamente colpito dal facile guadagno di un reporter freelance,decide di armarsi di telecamera e cominciare a filmare tutto ciò che la notte “angelina” consegna di più macabro.Privo di qualsiasi etica,”lo sciacallo” avrà una strana aria psicopatica,che accompagnerà il personaggio durante tutto il film,fino ad un finale divenuto a un certo punto scontato e ormai atteso inutilmente come “la sorpresa delle sorprese”.Chiara,a mio avviso,l’ispirazione nello sguardo del tremendo Lou Bloom allo spietato assassino Chigurh di “Non è un paese per vecchi” ed è altrettanto palese come Gilroy sprezzi l’occhio per “Drive” per quanto riguarda ambientazione notturna e sopratutto il numero elevatissimo di scene riprese in auto.Film piacevole nei primi 70 minuti ma che cala drasticamente negli ultimi 50,nel disperato tentativo di ricercare un’originalità che però suona come scontata e totalmente forzata in un contesto dove la linearità forse sarebbe stata più appropriata

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Giornalismo cinico / 15 Dicembre 2015 in Lo sciacallo

Film particolare basato sul protagonista Lou (un ottimo Jake Gyllenhaal) che si arrabatta rubando e rivendendo materiale metallico. Un giorno però assistendo a un incidente stradale, ha un’illuminazione e decide di diventare un operatore tv riprendendo scene cruente e rivendendole a stazioni televisive.
Lou è cinico, disposto a tutto pur di arrivare al successo senza guardare in faccia niente (arriva a manomettere scene del crimine per la giusta inquadratura) e nessuno (vedere il suo povero e bistrattato collaboratore oltre che il rivale).
Ottimo ritmo e personaggio parecchio “stronzo” che però in alcune situazioni (vedi “ricatto” a Nina, la responsabile delle notizie dell’emittente) sfiora la simpatia.
Nel resto del cast da citare Rene Russo (Nina) e Bill Paxton (Joe Loder).

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16 Aprile 2015 in Lo sciacallo

Los Angeles ripresa sapientemente è sempre un bel vedere e Dan Gilroy riesce a farlo con mano ferma ed una certa eleganza, puntando al contrasto tra scenari così belli e moderni e azioni eticamente inaccettabili, compiute dalla mano ossuta e affilata di Jake Gyllenhaal, dimagrito fino a diventare malignamente inquietante. Bravo sempre di più, tutto occhi famelici e parlantina tratta da un libro per self-made men, procede spedito su una strada perversa, distruggendo qualsiasi speranza di redenzione, assumendo semmai sempre più le sembianze di un dissennato arrivista, profondamente triste, solo e impietoso con chiunque. Se inizialmente il film gira su sè stesso, arriva poi un punto in cui le vicende si fanno più concitate, irreversibili, offrendo tra le altre cose una scena di inseguimento ben fatta, un colpo al cuore e un finale in linea col mood del personaggio. La fotografia è limpida e bella, così come è azzeccata la OST e il film, pur non svettando in assoluto, ha decisamente un suo perchè.

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30 Dicembre 2014 in Lo sciacallo

Nightcrawler- Lo sciacallo è un film del 2014 scritto e diretto da Dan Gilroy, al debutto come regista e interpretato da Jake Gyllenhaal nei panni di Lou Bloom, un sociopatico disoccupato dal passato indefinito.
In cerca di un lavoro, assiste ad un incidente ed è lì che trova l’ispirazione. Con una telecamera si reca sui luoghi delle emergenze per filmare la realtà nuda e cruda per poi vendere il video ad un emittente televisiva. Come uno sciacallo avido ed insaziabile, Lou caccia di notte in una Los Angeles simile nell’ambientazione alla città del “driver” in Drive di Refn, deserta e lontana dai soliti stereotipi: il suo habitat naturale. Le sue prede sono: incidenti stradali, accoltellamenti, rapine, uccisioni, incendi e tutto ciò che di cruento e reale possa accadere. Prima della polizia, prima di qualsiasi altro sciacallo, Lou inizia abilmente a marcare il suo territorio.
Non mi sbilancerò acclamando all’oscar la prova di Gyllenhaal, ma la sua interpretazione è magistrale. Tralasciando che ha perso 10 kg (cosa che a quanto pare basta per ricevere la statuetta o almeno una nomination) per enfatizzare i tratti scavati del volto, Jake aggiunge anche una particolare peculiarità: per tutto il film difficilmente sbatte le palpebre, aumentando ed evidenziando una chiara mancanza di empatia, umanità ed etica morale da parte di Lou. (in Prisoners una caratteristica del suo personaggio era quel tic all’occhio che n’aumentava i tratti nervosi). Ed è quello sguardo fisso, intenso, motivato e sicuro a caratterizzare il suo disturbo. Ciò che spaventa è la totale assenza d’eccitazione. La sua pacatezza spiazza chi lo circonda, ma soprattutto lo spettatore che non riesce a comprendere come Lou possa fare con tanta noncuranza e senza alcun rimorso certe azioni. L’euforia subentra, quando rivede le sue opere in onda, quando abilmente, con un tocco registico modifica la scena di una sparatoria per aumentarne il dramma, quando alla ricerca dell’inquadratura perfetta sposta un cadavere sulla scena di un incidente. Inoltre la totale assenza di timore e paura del rischio condita alla sfrontatezza lo rendono il miglior sciacallo di tutta Los Angeles.
Molti hanno paragonato Lou Bloom all’ipnotico e quieto assassino Anton Chigurh di Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen o addirittura a Travis Bickle, isolato, depresso e alienato tassista diretto in modo impeccabile in Taxi Driver da Martin Scorsese; tuttavia, in particolare nel primo caso è difficile accostare questi due personaggi. I parallelismi ci sono soprattutto nello sguardo, ma il contesto che li circonda e la natura delle loro azioni sono troppo distanti. Discorso differente per Travis; le similitudini tra i due personaggi sono evidenti dal rapporto morboso verso una donna, dalla solitudine, dalla piccola abitazione ma anche in questo caso sono assai differenti. In parte conosciamo il passato di Travis, mentre non conosciamo nulla di Lou. Seppur due ottime interpretazioni quella di De Niro, perdendo completamente la testa nel finale, è quasi irraggiungibile.
Le battute di caccia si svolgono principalmente di notte, ma non mancano le scene diurne in cui vediamo Lou preso a rivedere i suoi servizi mandati in onda, studiare sul web diligentemente nuove tecniche e modi per migliorare in ciò che ama e sa fare meglio, annaffiare una piccola piantina, unico essere vivente a ricevere un briciolo d’umanità dal nostro protagonista, ma mai lo vediamo riposare, mai dormire; la sua ambizione, la sete di potere, la mania del controllo sono così forti da eliminare ogni traccia di stanchezza dal suo essere? Non lo sappiamo precisamente. Con questo ed altri abili buchi di sceneggiatura Gilroy ci spinge a capire dove Lou voglia andare a parare in ogni suo azione: un semplice tentativo di corteggiamento si trasforma in momento assai destabilizzante. Ma sono il suo parlare forbito, il suo fascino, le sue parole calibrate al punto giusto e la sicurezza dei suoi occhi a convincere chi lo circonda ma sopratutto la bella e matura Nina (Rene Russo), direttrice dell’emittente televisiva, a seguirlo in ogni ambito. Essa però non risulta essere vittima del suo gioco di potere, anzi è più simile a lui di quanto sembri. Non conta per lei la verità di una notizia ma quanta audience essa fa. Quindi non si preoccupa delle origini poco chiare del materiale che Lou sera dopo sera gli vende; il suo posto di lavoro e gli ascolti sono l’unico vero interesse. Forte è la critica alla cultura mediatica senza scrupoli. Sfruttare tragedie, drammi familiari, omicidi e quanto altro a proprio piacimento, deviando dalla verità, sono la prova tangibile e reale di quello che tutt’oggi accade in molte trasmissioni televisive guidate da pseudo giornalisti. Una critica simile era presente anche nell’Amore bugiardo di David Fincher, dove i mass media avevano un ruolo predominante sulle menti degli ascoltatori e sulla polizia stessa, arrivando ad influenzarla; tutto ciò attraverso una caratterizzazione di elementi perfettamente enucleati ma quasi caricaturali. In Nightcrawler tutto è enfatizzato ma molto più vicino alla realtà, “alimentando la paura vestendo di verità false evidenze”. In entrambi i casi però è il pubblico a governare. Il pubblico vuole storie ben costruite, sangue, violenza; brama come gli spettatori di un massacro tra gladiatori. Nell’antica Roma dovevi almeno scendere di casa e recarti in un altro luogo per vedere scene d’elevata violenza; con le tecnologie moderne assistere ad uno spettacolo simile è possibile in pantofole, comodamente seduto sul divano di casa.
Uno dei film più belli dell’anno assolutamente da non perdere.
(Non resisto: Gyllenhaal da Oscar!)

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29 Dicembre 2014 in Lo sciacallo

Un film potente che ci regala una delle migliori riflessioni su informazione e giornalismo,raccontando attraverso uno splendido Gyllenhaal,la parabola
di un uomo qualsiasi alle prese con il superamento di qualsiasi confine etico
e morale.Sceneggiatura perfetta di Gilroy,priva di momenti deboli e spietata
nell’inscenare una trasformazione cruda e veritiera,come raramente mi è
capitato di vedere al cinema.Pellicola da non lasciarsi scappare,questo non
è un film banale,merita molto.Voto 9/10

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Gilroy-Gyllenhaal, un binomio che funziona / 6 Dicembre 2014 in Lo sciacallo

E’ senz’altro più che positivo il debutto alla regia di Dan Gilroy. Lo sciacallo si rivela un validissimo thriller, che sfrutta una buona idea di base e si avvale di un coinvolgente ritmo. Oltre a intrattenere lo spettatore, il film trova anche ampio spazio per la critica alla commercializzazione dell’informazione e alla manipolazione mediatica. Per fare ciò, Gilroy ricorre ad uno degli antieroi più privi di moralità degli ultimi tempi. Jake Gyllenhaal è ad alti livelli e il suo personaggio è intriso fino all’orlo di quella crudele spietatezza mossa dalla brama di successo, quella che non guarda in faccia niente e nessuno. E’ privo di empatia, terribilmente razionale da sembrare distaccato come una macchina. Proprio per questo non permette minimamente allo spettatore di prendere le sue parti, risultando a tratti quasi disgustoso nei modi di fare e di essere. E’ un film pungente, con un grande Gyllenhaal, che regge benissimo da solo il peso dell’intera pellicola.

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5 Dicembre 2014 in Lo sciacallo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Louis vive a LA, apparentemente privo di famiglia o amici, rubacchia qua e là, nemmeno è tanto bravo, e cerca di svoltare. La svolta arriva quando scopre il sottobosco notturno (???) di reporter freelance che pattugliano le strade alla ricerca di immagini forti di incidenti o crimini da immortalare e rivendere ai tg locali, i quali combattono per avere lo scoop da passare con le news di prima mattina. Per cui ora mi immagino quelli di LA abituati a fare colazione guardando dei morti ammazzati. Metodico, si costruisce pezzo a pezzo, tutto. Ruba una bici che scambia con una videocamera, fa i primi servizi, la sua mancanza di scrupoli lo porta sempre in prima linea, li vende, compra una telecamera più figa, trova una presentatrice tv che asseconda la sua, ehm, verve, vende, macchina più figa e stagista, and so on. Per lui sfruttare gli incidenti non è un problema, e lentamente ma percettibilmente nemmeno provocarli. Ha uno sguardo intelligente e pallato, snocciola i fatti con memoria automatica e calma freddezza, dissonanti con la maggior parte delle situazioni in cui si trova. Jake G-impronuncibile, che per questo film è dimagrito di 10 kg, ha gran merito nel delineare una sorta di predatore cittadino e postmoderno, che parte dal niente ma ha chiari gli obiettivi; insieme, Jake mostra le potenzialità per diventare uno dei matti del cinema dei prossimi anni, un incrocio tra gli occhi fulminati di Javier Bardem puoi capire benissimo in che film e lo sguardo docile ma matto di Norman Bates. Il razionalissimo amore di Louis per la reporter un po’ in là con gli anni si presta a molteplici interpretazioni psicanalitiche sul rapporto con la madre e su cosa e come sia potuto accadere, per far sì che in lui il muro del’etica comune non esista. Estremizzazione di una tendenza propria della società dello spettacolo, la pornovisualità, la telecamera come bisturi che entra nel e incide il reale e bla e bla, è un personaggio coerente ma inverosimile, che lo diventa solo assegnandogli un grado di follia di fondo che ancor di più lo rende una solitaria da preda bestia di immagini metropolitana.

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Uno sciacallo folle e disperato. / 19 Novembre 2014 in Lo sciacallo

Sullo sfondo di una Los Angeles notturna e veloce, si dipana una storia personale di pura follia, determinazione, intraprendenza, misantropia e disperazione. La storia di Lou Bloom, un furfantello che vive di espedienti, alla costante ricerca di un lavoro che gli permetta di realizzarsi, un ragazzo sveglio, solitario, disposto a tutto pur di ritagliarsi un personale spazio, un ruolo, un posto nella società.
E’ anche, se vogliamo, una storia alquanto attuale, sulle innumerevoli difficoltà lavorative nelle quali chiunque, oggigiorno, può sicuramente incappare, nella fattispecie un giovane uomo, costretto, ma con tutta probabiltà già predisposto, a maturare una filosofia di pensiero del tutto personale, macchiavellica, dispotica, inevitabilmente destinata alla ferocia e alla violenza. Lou Bloom, da perfetto Mr nessuno dunque, si reinventa “filmaker” di tragedie di vario tipo, dopo che una sera per puro caso si ritroverà sul luogo di un incidente automobilistico ripreso da un freelance. Un’idea fuliminante, acuta che darà inizio ad un’ escalation di situazioni sempre più bizzarre, sinistre e violente con l’unico scopo di essere sempre il primo ad arrivare sul luogo, a filmare e a vendere il video alle emittenti televisive, assetate di scoop, di sangue e morte, si insomma l’onnipresente e mostruosa Tv che tutto spreme e tutto vende.
La trama, grossomodo, è tutta qui, narra della esasperante e maniacale ossessione di Lou di vincere, di essere, a suo modo, il migliore, parla della sua disturbante follia, celata dietro un’apparente aplomb, e del suo assoluto e imbarazzante non rispetto per la vita umana. Un uomo che sembra essere privo di sentimenti, o meglio li ha, ma totalmente in embrione, un perfetto esempio di avidità e cinismo, uno sciacallo per l’appunto, un ladro di vite altrui al mero scopo di lucro, esalta le tragedie a cui assiste spettacolarizzandole con morobosità compiaciuta, fino alla fine e se possibile anche oltre.
Un perfetto prodotto dell’edonismo nell’America di oggi, non più quella degli anni ’80, una sorta di incrocio a metà fra il sogno e l’incubo americano. Questo film ha inoltre il notevole merito, di reggere fino alla fine con un finale cupo e realistico, in linea con tutta la vicenda, per niente accondiscendente, una riflessione, se possibile, su quanto, a volte o spesso, la realizzazione personale coincida con la pura violenza. Infondo è sempre la solita storia, anche il potere dell”America è stato costruito col sangue.
Un thriller discreto dunque, veloce, misogino e cinico, un film che non inventa o rinnova nulla e si limita a raccontare una storia, grazie al quale Jake Gyllenhaal incappa nell’ intepretazione della vita, almeno finora e in barba al decantato e tardi scoperto “Donnie Darko”, un ruolo forte, carismatico di un silenzioso e comune sociopatico, “destinato” al successo personale. Scritto e diretto, senza eccessivi guizzi ma con mano sicura, da Dan Gilroy e ben fotografato da Robert Elswit, “NightCrawler” – Lo sciacallo merita senza’altro un’occhiata attenta, poichè sfruttando il genere riesce a discutere di una società alla deriva, in crisi, dominata dalla televisione, dalle news e da personalità virulente, ponendoci sotto gli occhi un deciso quadro su un malessere sociale, racchiudendolo nell’animo, ambizioso e miserabile, di Lou Bloom.

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Lo sciacallo: cortocircuito edonistico. / 17 Novembre 2014 in Lo sciacallo

Buon thriller che mescola elementi “classici”, dalla monomania dell’amorale protagonista al rampantismo, a elementi decisamente contemporanei, su tutti quello della formazione culturale alternativa che vede nei contenuti forniti dal web una fonte inesauribile e scarsamente comprovata di conoscenza più o meno spicciola.

Con la più convincente delle sue interpretazioni, Jake Gyllenhaal entra di petto nel pantheon degli psicopatici cinematografici con un personaggio fortemente disturbante non solo per la sua evidente voracità, ma soprattutto per la sua palese ignoranza.
Come lo sciacallo del titolo, egli è mosso unicamente da istinti primordiali di sopraffazione, benché, in quanto creatura del XXI secolo, si avvalga con competenza di strumenti tecnologici.
Il suo Bloom è un essere incontrollabile, privo di inibizioni. Per molti versi, mi ha ricordato un vampiro: si nutre del soffio vitale che spira dalla morte, non della morte stessa e, pur provocando palese repulsione, manipola, affascina e plagia.

Il plot del film dell’esordiente Gilroy mi ha fatto venire prepotentemente alla memoria quello di Da morire di Van Sant, con un’allora strepitosa Nicole Kidman.
I protagonisti di entrambe le pellicole sono fondamentalmente degli individui frustrati e, curiosamente, tutti e due confidano nell’esposizione mediatica come veicolo per l’affermazione personale, in cerca di un’adorazione e di un consenso che solo la massa anonima del pubblico televisivo può offrirgli. E ciò che li accomuna ancora di più è il contemporaneo disprezzo per i propri simili, per i componenti, cioè, di quella platea da cui vorrebbero essere amati, in una sorta di cortocircuito edonistico.

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14 Novembre 2014 in Lo sciacallo

Dan Gilroy, autore di film quali “Freejack – In fuga nel futuro”, “Rischio a due” e “The Bourne legacy”, arricchisce il suo lavoro di scrittore ed esordisce dietro la macchina da presa con la riuscitissima regia de “Lo sciacallo”, opera prima presentata al Festival Internazionale del Film di Roma. Come David Fincher per “L’amore bugiardo – Gone girl”, Gilroy aggiunge un’ulteriore considerazione sulla potenza dei media e sui recessi della dimensione umana dell’individuo, seppure secondo canoni e risvolti completamente diversi. Iconico e fedele alla linea americana degli action movie, in realtà “Lo sciacallo” non è collegabile ad un genere preimpostato o definitivo: il film infatti racchiude in sé l’azione degli impatti e degli inseguimenti al volante, l’acutezza della scissione psicologica e comportamentale, la sospensione dei thriller più attanaglianti, la foschia del noir tra gli anni ’40 e ’50, e una fonte di dialoghi ficcanti che spesso e volentieri danno man forte alle rivelazioni più sorprendenti.

Lou Bloom, interpretato da un Jake Gyllenhaal in costante crescita artistica, incarna numerosi costituenti del mondo de “Lo sciacallo”: la crisi di una generazione alla ricerca di rare opportunità lavorative, spesso inaffidabili; le location indomite di una Los Angeles svecchiata della sua impronta consuetudinaria di rete autostradale; l’ambientazione notturna, che contribuisce a delineare il subconscio del personaggio con maggior introspezione e variegatura; e, a coronare l’originalità di quest’opera, il compito stesso del regista. Come fece Alfred Hitchcock nel 1954 con “La finestra sul cortile”, Gilroy palesa più esplicitamente l’atto di spionaggio che il cinema elabora nei confronti della vita, e di conseguenza il regista medesimo insieme allo spettatore, il quale partecipa dello squilibrio non tanto dello “sciacallo”, quanto della società che l’ha fatto nascere e sviluppare in tale maniera.

In un quadro di insieme vicino alla concezione dello “stato di natura” di Jean-Jacques Rousseau, ancora una volta non è la moralità a prendere il sopravvento, bensì una resistenza al giudizio in grado di far emergere le problematiche di un personaggio che non è poi così distante o irreale. Per mezzo di uno sguardo registico ossessivo, conforme a quello del suo spietato protagonista, “Lo sciacallo” sviscera l’eredità cinica di un contesto sociale che spinge alle soglie ultime le proprie vittime, che siano esse davanti o dietro lo schermo, vive o morte, ostinate o redenti, realizzando l’attitudine di Gilroy alla cinepresa, testimone diretta ed esaustiva delle parti integranti le traiettorie alla base del soggetto di questo film, costruito con magistrale maturità.

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