Sullo sfondo di una Los Angeles notturna e veloce, si dipana una storia personale di pura follia, determinazione, intraprendenza, misantropia e disperazione. La storia di Lou Bloom, un furfantello che vive di espedienti, alla costante ricerca di un lavoro che gli permetta di realizzarsi, un ragazzo sveglio, solitario, disposto a tutto pur di ritagliarsi un personale spazio, un ruolo, un posto nella società.
E’ anche, se vogliamo, una storia alquanto attuale, sulle innumerevoli difficoltà lavorative nelle quali chiunque, oggigiorno, può sicuramente incappare, nella fattispecie un giovane uomo, costretto, ma con tutta probabiltà già predisposto, a maturare una filosofia di pensiero del tutto personale, macchiavellica, dispotica, inevitabilmente destinata alla ferocia e alla violenza. Lou Bloom, da perfetto Mr nessuno dunque, si reinventa “filmaker” di tragedie di vario tipo, dopo che una sera per puro caso si ritroverà sul luogo di un incidente automobilistico ripreso da un freelance. Un’idea fuliminante, acuta che darà inizio ad un’ escalation di situazioni sempre più bizzarre, sinistre e violente con l’unico scopo di essere sempre il primo ad arrivare sul luogo, a filmare e a vendere il video alle emittenti televisive, assetate di scoop, di sangue e morte, si insomma l’onnipresente e mostruosa Tv che tutto spreme e tutto vende.
La trama, grossomodo, è tutta qui, narra della esasperante e maniacale ossessione di Lou di vincere, di essere, a suo modo, il migliore, parla della sua disturbante follia, celata dietro un’apparente aplomb, e del suo assoluto e imbarazzante non rispetto per la vita umana. Un uomo che sembra essere privo di sentimenti, o meglio li ha, ma totalmente in embrione, un perfetto esempio di avidità e cinismo, uno sciacallo per l’appunto, un ladro di vite altrui al mero scopo di lucro, esalta le tragedie a cui assiste spettacolarizzandole con morobosità compiaciuta, fino alla fine e se possibile anche oltre.
Un perfetto prodotto dell’edonismo nell’America di oggi, non più quella degli anni ’80, una sorta di incrocio a metà fra il sogno e l’incubo americano. Questo film ha inoltre il notevole merito, di reggere fino alla fine con un finale cupo e realistico, in linea con tutta la vicenda, per niente accondiscendente, una riflessione, se possibile, su quanto, a volte o spesso, la realizzazione personale coincida con la pura violenza. Infondo è sempre la solita storia, anche il potere dell”America è stato costruito col sangue.
Un thriller discreto dunque, veloce, misogino e cinico, un film che non inventa o rinnova nulla e si limita a raccontare una storia, grazie al quale Jake Gyllenhaal incappa nell’ intepretazione della vita, almeno finora e in barba al decantato e tardi scoperto “Donnie Darko”, un ruolo forte, carismatico di un silenzioso e comune sociopatico, “destinato” al successo personale. Scritto e diretto, senza eccessivi guizzi ma con mano sicura, da Dan Gilroy e ben fotografato da Robert Elswit, “NightCrawler” – Lo sciacallo merita senza’altro un’occhiata attenta, poichè sfruttando il genere riesce a discutere di una società alla deriva, in crisi, dominata dalla televisione, dalle news e da personalità virulente, ponendoci sotto gli occhi un deciso quadro su un malessere sociale, racchiudendolo nell’animo, ambizioso e miserabile, di Lou Bloom.
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