Recensione su New York Stories

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Pillole di New York / 30 Agosto 2016 in New York Stories

Tre cineasti che amano e che, nella loro cinematografia, hanno ampiamente rappresentato New York in epoche e situazioni profondamente diverse raccontano ancora la loro città attraverso un trittico di “racconti brevi”, in grado di descrivere alcuni dei tanti “strati sociali” (quelli più alti, in realtà: artisti e professionisti, perlopiù) che la compongono.

Affidandosi a Nick Nolte e a Rosanna Arquette, Scorsese riprende l’ambiente artistico già tratteggiato in Fuori Orario e si muove tra vernissage e loft sporchi di tempere per imbastire un racconto a base di narcisismi (e buona musica).

A ridosso del terzo capitolo de Il Padrino, Francis Ford Coppola lavora ancora con la figlia Sofia (qui, co-sceneggiatrice e costumista) e sforna una favola metropolitana ambientata in una delle dimensioni socio-architettoniche più tipiche della Grande Mela, l’hotel con residenti stanziali, in cui compaiono una giovanissima Heather McComb, Talia Shire e Giancarlo Giannini (nel ’92, l’attore italiano avrebbe partecipato al film Toys di Coppola, disegnando alcuni oggetti di scena, come una delle giacche indossate da Robin Williams) che (suggestione?) potrebbe attingere a piene mani proprio dai ricordi di Sofia-bambina, adulta in miniatura impegnata a fare shopping d’alto bordo con una certa spocchia, a organizzare party in costume (eccallà), a ricucire il rapporto tra i genitori artisti ed egocentrici. Una sorta di Eloise al Plaza un po’ cresciuta, per intenderci.

Woody Allen, infine, si produce in un racconto alleniano al 100%, con le sue tipiche nevrosi e i suoi rapporti irrisolti con le donne (nel cast, anche Mia Farrow), impegnato a muoversi tra studi di avvocati e di analisti, teatri, antri pseudo-sciamanici, pittoreschi negozi di quartiere, skyline di Manhattan. Divertente incontrare per pochi minuti uno degli alter ego di Allen: Larry David, Boris Yellnikoff in Basta che funzioni (2009), fa la sua comparsa dietro le quinte di uno spettacolo di magia.

Dei tre episodi, ho preferito quello di Allen per via del suo mood surreale, ma, nel complesso, ho apprezzato l’intero progetto: pillole di cinema e di New York da assaporare anche in momenti separati.

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