Recensione su Nella valle di Elah

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16 Marzo 2013

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

E per l’ennesima volta non mi accorgo che quella lì con la faccia di Charlize Teheron è Charlize Teheron. No, non lo so come si scriva Charlize Teheron. Fatto sta che nei film non la riconosco mai. E poi finisco sempre a parlar del film con qualcuno che mi fa: E hai visto che gnocca era Charlize Teheron?
E io:
O_o
Dove snaporatz era Charlize Teheron?
Me la ricordo solo nella pubblicità del filo e del Martini (avete voi un’idea di quanto Martini rosso io bevessi, have you?), e lì non si evidenziava certo la delicatezza delle linee del volto.
Il regista Paul Haggis scriveva le sceneggiature con il divino Clint Eastw, nota di merito solo per questo. Da solo, cioè senza il divo Clint, sforna film con storie che filano lisce e commoventi come dei treni, senza riuscire a edulcorare tramite la regia l’artificiosità, o proprio artefattezza quasi mi sento obbligato di dire (peccato non esista), delle trame, tanto sono geniali e fluide. Insomma, nella vita succedono delle cose anche a caso. In un film di Haggis è sempre palese che sono prima di tutto cose scritte, e poi fatte succedere (laddove in una concezione, se vogliamo, del cinema come mimesis della realtà non proprio una qualità… ma che sto dicendo?).
Poi si sa che in guerra siamo tutti più buoni.
Mumble. In guerra ci si preoccupa di far male all’altro prima che succeda il contrario. Mentre in condizioni normali non ce ne frega niente, se altrui sta male o no. Mh. Ri-mumble. Boh.

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