14 Aprile 2012 in Nella città l'inferno

La Magnani, come sempre, è inarrivabile.
Qui, le tiene testa, a tratti, un’ottima Giulietta Masina, la cui trasformazione, nelle sequenze finali del film, è drammatica e sapiente.

Neorealismo mélo, forse troppo didascalico, ma di forte impatto: la vita del carcere crea microcosmi in cui ogni minuzia viene esaltata all’ennesima potenza.

La scena del lavatoio, col vento che imperversa, la carcerata folle che tenta di affogarsi, gli zoccoli che risuonano sull’impiantito di cemento e, soprattutto, le braccia di alcune detenute che bloccano la Magnani attraverso le sbarre di una porta, mi ha sempre impressionata, ad ogni visione: merito anche di alcuni particolari movimenti di macchina e, ovviamente, dell’espressività di volti e corpi.

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