Recensione su Luci d'inverno

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. / 31 Marzo 2019 in Luci d'inverno

Il primo film della trilogia, “Come in uno specchio”, non mi aveva convinto moltissimo, considerando ciò che mi aspettavo (per questa ragione ho intenzione di rivederlo più avanti), mentre in questo secondo film il distacco di dio, tematica che la trilogia tratta, è amplificato e l’ho percepito maggiormente rispetto alla prima pellicola. Forse è l’ambiente ecclesiastico nel quale si svolge la vicenda, forse sono i decisivi dialoghi che non risparmiano nulla ed esternano qualsiasi pensiero o ideale del regista. L’atmosfera risulta essere quasi cupa e claustrofobica, come se lo spettatore percepisse i dubbi e le crisi d’esistenza dei personaggi. Ho trovato interessante la caratterizzazione di Thomas e Marta e il personaggio di Jonas mi ha lasciata sinceramente con qualche turbamento. Subito mi è saltata all’occhio l’ironia della fede: Thomas, uomo votato alla religione, ha vissuto una guerra civile e subito la perdita dell’unica ragione di vita che aveva, sua moglie, pur credendo nel potere della preghiera e affidandosi completamente a dio. Al contrario, Marta si fa quasi beffe di queste fede, affermando che dio non esiste. Eppure è la stessa Marta a pregare dio per supplicarlo di guarirla dall’eczema, forse l’unica volta nella sua vita, e la sua preghiera sembra essere ascoltata. Il film lascia comunque una bella chiave interpretativa. Una delle battute finali recita proprio “dove c’è amore c’è dio”, frase che quasi rinnega tutte le credenze di un fedele, perché Thomas, nonostante le sue preghiere e nonostante la sua posizione da uomo che fa da tramite con quest’entità superiore, dopo la morte di sua moglie ha smesso di amare, ed è dunque lontano da dio. Mentre Marta ha tanto amore da donare (soprattutto a Thomas), ed è ciò che conta.

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