15 Luglio 2013 in Nabbeun namja

Altro film immenso di Kim Ki Duk, forse il migliore insieme a “L’isola”, una spanna sopra anche al più ‘popolare’ Ferro 3.
Un amore diverso, quello di un “bad guy”, ma chiamatelo pure pezzo di me**a. Si guadagna da vivere sfruttando la prostituzione. Una figura, purtroppo tristemente diffusa nella società sudcoreana. Kim Ki Duk stavolta prende un problema sociale, quello della massiva prostituzione minorile e ci crea nel mezzo una delle più belle e coinvolgenti storie d’amore… Ancora una volta i dialoghi sono pressoché inutili, parlano soltanto gli sguardi, le immagini… le musiche.
Il nostro uomo è ancora una volta un violento, uno sconfitto. Vede una ragazza su una panchina, ne è conquistato, ma lei lo rifiuta prendendolo a schiaffi. Ed allora organizza un piano per metterla in trappola e farla diventare una delle sue serve… una delle tante ragazze esposte come merce nelle vetrine degli sporchi quartieri a luce rossa. Ma allo stesso tempo la ama, in maniera sempre più forte e la osserva da dietro uno specchio posto nella sua camera, mentre ha i suoi primi sofferti rapporti con i clienti, mentre subisce umiliazioni sempre più cocenti. Ma il bad guy non si redime… non può. Non avrebbe senso, non sarebbe credibile… Mica è Hollywood… Qui siamo nei bassifondi più infimi della società sudcoreana. Il nostro uomo non ha studiato, ha sempre vissuto in mezzo al male, all’inferno, la sua mente è incapace di uscire da quella gabbia chiamata malvagità, semplicemente perché non conosce altro… Quello è il suo mondo. E’ l’evoluzione del Coccodrillo del film di esordio. Qui Kim ha raggiunto una maggiore maturità, riesce ad esprimere con ancora più forza la propria poetica. Su queste premesse si dipana la storia, tra lamine di vetro infilzate nello stomaco ed abbracci sulle spiagge… Progressivamente, una serie di incongruenze temporali fanno venire meno anche la linearità del tempo. Il tempo non è lineare, ma circolare… non c’è progresso. E’ solo un continuo rigirarsi su se stesso. I due protagonisti si sono già incontrati e si riincontreranno. E nonostante una trama del genere, cruda e sporca, ancora una volta si raggiungono vertici di poesia. Impossibile non commuoversi. Tre scene che da sole valgono un intero film: quella sulla spiaggia, quella in cui il Bad Guy si palesa con l’accendino e poi il finale, ancora una volta senza lieto fine, ma ancora una volta straordinario. Ed una bellissima canzone in italiano, “I tuoi fiori” di Etta Scollo, cantante italiana emigrata in Corea.

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