Incostante / 23 Settembre 2020 in Museo - Folle rapina a Città del Messico

Museo, primo lungometraggio del regista messicano Alonso Ruizpalacios, Orso d’Argento a Berlino 2018 per la sceneggiatura, mi è sembrato un film incostante, molto promettente nella prima parte, quella della preparazione ed esecuzione del colpo, e sfilacciato nel prosieguo, dalla presa di coscienza dell’atto criminale in poi.

Nel complesso, vista la manipolazione della materia, mi è sembrato un racconto inutilmente dilatato che si risolleva solo nelle ultime sequenze, quando reitera in maniera efficace il concetto di fondo (già espresso nel racconto dello zio sull’incendio della casa): ” ‘Perché rovinare una bella storia, dicendo la verità?’.

Il film di Ruizpalacios, infatti, si ispira a fatti realmente accaduti in Messico negli anni Ottanta. Durante la notte di Natale del 1985, dal museo antropologico di Città del Messico vennero trafugati numerosi reperti archeologici dal valore culturale ed economico incalcolabile. La costernazione fu grande, in tutto il Paese.
Il film, per l’appunto, si ispira a quel fatto di cronaca, ma cambia i nomi dei personaggi e inventa sviluppo e, parzialmente, finale, sovvertendo l’assunto per cui, sovente, la realtà supera la fantasia.

In tutto questo, Ruizpalacios si produce in una regia ordinata, supportata dalla bella fotografia di Damián García, anche se, a tratti, si diletta in virtuosismi un po’ fini a se stessi (camera rovesciata, inquadrature “asimmetriche”, ecc.). Buona, senza particolari sussulti, la prova di Gael García Bernal (Juan), co-produttore insieme a Brian Cox, e senza infamia né lode quella di Leonardo Ortizgris (Wilson).

Mi è piaciuta molto la colonna sonora e mi permetto di menzionare le musiche dei titoli di testa (che, poi, ricorrono in altri momenti del film), degni di un kolossal d’antan, composte per l’occasione da Tomás Barreiro.

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