Recensione su Motherless Brooklyn - I segreti di una città

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Noir accomodante / 17 Gennaio 2022 in Motherless Brooklyn - I segreti di una città

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Non ho letto il romanzo di Jonathan Lethem da cui è tratto il secondo film da regista di Edward Norton, quindi non conosco le eventuali affinità o differenze tra le due opere.
Però, guardando il film, ho colto una somiglianza tematica troppo troppo troppo netta con il film Chinatown di Roman Polanski, così delineata da non sembrarmi casuale e non ho potuto che denigrare (pardon!) la scelta di Norton (regista, sceneggiatore e protagonista) di voler lavorare così.
Dal punto di vista narrativo, infatti, i due film hanno in comune moltissimi elementi:
– il genere (cinematografico e letterario) di riferimento, cioè il noir tradizionale;
– un investigatore privato specializzato in tradimenti e divorzi che si ritrova immischiato in un gigantesco affare malavitoso di proporzioni “metropolitane”;
– speculazioni immobiliari mascherate da finte necessità civiche e urbanistiche;
– un patriarca senza regole morali che detta legge (tra l’altro, con connotazioni bibliche: là un Noah, qui un Moses…);
– imbarazzanti rapporti famigliari da tenere segreti;
– la relazione sentimentale tra il protagonista maschile e il perno femminile del racconto.
Poi, formalmente e spiritualmente, le strade dei due film divergono senza mai neppure sfiorarsi.
Però, le ambizioni di Norton mi sono sembrate mal riposte e mal indirizzate.

Per quanto Norton sia un attore che mi piace e benché nel resto del cast compaiano molti interpreti che, in generale, apprezzo (Dafoe, Willis, Bobby Cannavale, Michael K. Williams), non sono riuscita ad affezionarmi (cinematograficamente parlando) o, perlomeno, a interessarmi a nessuno dei personaggi in scena.
Purtroppo, la sindrome di Tourette che affligge il personaggio di Norton non è mai utile ai fini narrativi: è un elemento di colore fine a se stesso che non incide mai sulla storia (il protagonista non potrebbe avere “solo” una memoria strabiliante?) e che -nell’immediato, nel presente- non crea problemi o, al contrario, per amore del paradosso, non avvantaggia mai Leonard.
Insomma, nel complesso, Motherless Brooklyn mi è sembrato un film ambizioso, ma, in sostanza, assai banale e accomodante, soprattutto nel finale favolistico.

Nota: il personaggio di Alec Baldwin, Moses Randolph, si ispira a Robert Moses, un urbanista e politico statunitense realmente esistito (1888-1981) che, effettivamente, tentò di radere al suolo interi quartieri abitati da afroamericani e latini, per favorire piani urbanistici incentrati sulla realizzazione di autostrade e parchi, sull’incremento del trasporto privato a discapito di quello pubblico, fortemente in uso tra le classi sociali meno abbienti di New York, e, indirettamente, sulla dispersione delle cosiddette minoranze culturali.

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