Recensione su Madre!

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L’Apocalisse nel labirinto / 2 Marzo 2018 in Madre!

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Viva viva Aronofsky, che mi intriga, che mi conturba e che mi turba, che mi lascia giorni a soffriggere nelle riflessioni, che stimola la mia fantasia e la mia memoria, che mi porta su una strada e poi su un’altra e su un’altra ancora.
Di tutti sentieri che Madre! invita a percorrere, a me è piaciuto imboccare quello lastricato dal concetto di creazione artistica.
Esulando dalla metafora religiosa che lo stesso regista, secondo me sardonicamente, ha suggerito sia la chiave di lettura univoca (?) del film, sono rimasta affascinata dalla rappresentazione dell’artista, del processo creativo e delle implicazioni a livello sociale che si appaiano al tema.

In quest’ottica, il personaggio della Lawrence è perlomeno trino: musa (“Ispirazione, dov’eri finita?”, le domanda l’editrice/Kristen Wiig, appellandola con un’apposizione precisa), dea (lo scrittore-poeta/Bardem, la chiama spesso così), compagna.
Con la sua sola presenza, questa donna fornisce la materia creativa all’artista e, per amor suo (“Lo ami davvero. Che Dio ci aiuti”, dice l’intrusa/Michelle Pfeiffer) e della sua Arte, capace di commuoverla, accetta più o meno consciamente limitazioni, costrizioni (nel film, è l’unico personaggio che non può uscire dalla casa), sacrifici e ingerenze.
Non è lei a partorire: lei è il veicolo transeunte e incosciente dell’Idea/dell’Opera che germina grazie all’artista, che prende forma in lei, ma è lui a porre il seme, a vedere ciò che gli altri non scorgono se non quando tutto (l’Opera artistica) si è compiuto, per essere cannibalizzato dal pubblico in un rito isterico di consumo collettivo.

Quanto e perché l’Opera merita di essere condivisa?
La Lawrence chiede insistentemente a Bardem di restare solo con lei, ma lui è inebriato dalla notorietà, dal successo, dall’investitura a eroe della cultura concessagli da critica e pubblico.
Immagino che con questo film Aronofsky abbia rappresentato le sue inquietudini sul suo stesso mestiere. Il risultato di unatto intimo (l’unione tra la musa e l’artista) diventa oggetto di speculazione, critica, irrisione, esaltazione da parte di una platea ignorante (tale poiché non può conoscere appieno la genesi e le motivazioni della creatura artistica e non perché non sia sufficientemente colta o intelligente).

Il ruolo invidiato e odiato della compagna dell’artista si esplica nella furia che la gente riversa sul personaggio della Lawrence: lei, forse, conosce i segreti dell’Opera; certamente, lei ha preso parte alla sua creazione; un giorno, desiderosa di esclusiva intimità, potrebbe convincere l’artista a non lavorare più (l’editrice è pronta a spararle); è una figura privilegiata e, in quanto tale, merita disprezzo e accanimento fisico violento.

Il suo sacrificio finale è l’apice della sua comunione autodistruttiva con l’artista.
La rinascita del mondo domestico dello scrittore-poeta con una donna di aspetto diverso che si risveglia nel letto occupato inizialmente dalla Lawrence, in questo senso, la intendo come la trasposizione su carta dell’esperienza vissuta, la trasformazione della Vita in Opera.

Il tema della metamorfosi e del sacrificio supremo nel nome dell’Arte, già esplicitatosi ampiamente ne Il cigno nero, trova in Madre! un’ottima rappresentazione circocentrica, labirintica, apocalittica.
Un cortocircuito stimolantissimo.

14 commenti

  1. inchiostro nero / 7 Marzo 2018

    Ciò che fa smarrire è proprio la ricerca della verità. Del significato a tutti i costi. Credo che Aronofsky abbia giocato proprio su questo, disseminando perpetua incertezza, ma allo stesso tempo incontrovertibile oggettività.

  2. TraianosLive / 3 Aprile 2018

    @Stefania: la penso come te…tranne per il sacrificio morale. Io l’ho interpretata come la conclusione del progetto artistico “Lawrence” dal quale però si genera un altro “progetto”…una nuova ispirazione, una nuova musa…una nuova madre….e si ricomincia da capo.

  3. TraianosLive / 3 Aprile 2018

    @Stefania: la penso come te…tranne per il sacrificio finale. Io l’ho interpretata come la conclusione del progetto artistico “Lawrence” dal quale però si genera un altro “progetto”…una nuova ispirazione, una nuova musa…una nuova madre….e si ricomincia da capo.

    • Stefania / 3 Aprile 2018

      @traianoslive: mi sa che diciamo la stessa cosa 🙂 La donna diversa nel letto del creatore è una nuova Idea. Ma, al termine dell’elaborazione dell’Opera (o durante il processo creativo: magari, il creatore cambierà… Idea, appunto), lei morirà, come la Lawrence: alla stessa maniera, si immolerà, si sacrificherà, si autodistruggerà (quel che fa, lo fa scientemente, da un certo punto in poi), morirà (ma, in realtà, vivrà in eterno, insomma finché durerà la fama dell’artista, finché qualcuno ne fruirà, ecc., magari sotto forme diverse, a seconda della rilettura/rivalutazione/nuova interpretazione da parte della critica e del pubblico. In questo senso, non è detto -addirittura- che la nuova donna nel letto non sia sempre la Lawrence-Ispirazione-Opera, ma re-interpretata in fieri dall’artista o, nella sua forma definitiva, da critica e/o pubblico 🙂 ).
      Che film… Ogni volta che ci torno sopra (grazie per avermene offerto la possibilità), mi stupisco di quanto sia imprevedibile e stimolante!

      • TraianosLive / 3 Aprile 2018

        @Stefania: Allora non avevo inteso. Personalmente gli attribuisco un 7,5…mi ha infastidito il continuo uso della camera a mano strettissima o sul viso o sulla nuca della Lawrence. Immagino sia voluta perché è chiaramente una decisione precisa (L’idea è al centro di tutto?) ma alla lunga mi ha stufato.

        • Stefania / 3 Aprile 2018

          @traianoslive: potrebbe essere così, chissà, la suggestione è affascinante 🙂 (la reazione a questa scelta tecnica/artistica/narrativa è soggettiva, ovviamente non è casuale e credo che Aronofsky l’abbia adottata per travalicare la quarta parete e suscitare reazioni fisiche, oltre che psicologiche, nel pubblico: la vicinanza costante, l’oppressione -quasi- che la macchina da presa genera sul corpo e sul volto della Lawrence si ripercuote sullo spettatore, che può esserne infastidito fino a provare ansia, claustrofobia o, come nel tuo caso, noia, perché lo trova un artifizio pedante. Personalmente, mi ha agitato 🙂 ).

  4. Il conformista / 3 Aprile 2019

    Trovo che Aronofsky sia più che altro fuffa, cioè mi sa sempre l’idea che il fatto di essere disturbante sia più una scelta di stile che una volontà propria. Trovo anche che i suoi film siano più semplice di quello che voglio sembrare, in più che il suo voler male ai suoi protagonista si più posa. Sarà per questo che in questo film ho visto ben poco.

    • Stefania / 3 Aprile 2019

      @tylerdurder: allora, ci troviamo ai due lati del tavolo 🙂 Che gli piaccia “trattare male” i suoi personaggi, forse, è l’unica cosa su cui concordo. Al contrario, però, in questo film ho visto davvero tante cose. In primis, la possibilità di leggerlo usando più chiavi di lettura: è come se A. le avesse messe in una scatola, dicendo al pubblico: “Scegli quella che preferisci e sappi che, che ti piaccia o meno il mio modo di raccontare le cose, ciascuna chiave apre una porta che conduce in un luogo preciso”.

      • Il conformista / 3 Aprile 2019

        ho trovato le varie chiavi di lettura abbastanza banali sinceramente… più interessante rispetto ai suoi soliti lavori ma non sconvolgente. Poi la Lawrence non mi è piaciuta per nulla

        • Stefania / 3 Aprile 2019

          @tylerdurder: invece, a me che non piace (quasi) mai, la Lawrence qui mi ha convinto 😀 Continuiamo a restare ai lati del tavolo, mi sa

          • Il conformista / 3 Aprile 2019

            @stefania abbastanza ;). Comunque non dico che sia un film orribile ma che sia elogiato più di quello che valga realmente. Anche le varie chiavi di lettura abbastanza semplici dai.Poi capisco che sia un mio problema eh

          • Stefania / 3 Aprile 2019

            @tylerdurder: ma no, ma quale problema 🙂 il tavolo è grande e ci si può sedere dove si vuole (oh oh oh, che metafora ardita e originale anzicheno)

  5. Il conformista / 3 Aprile 2019

    ahahahah
    ma sono io che ho un problema con lui, lo capisco ahaha

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