Recensione su Mood Indigo - La schiuma dei giorni

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Gondry col fiato mozzo / 19 Agosto 2018 in Mood Indigo - La schiuma dei giorni

Con Boris Vian, autore dell’omonimo romanzo da cui è stato tratto questo film di Gondry, ho un rapporto conflittuale. Il mio approccio alla sua letteratura è stato segnato indelebilmente dal violentissimo Sputerò sulle vostre tombe e, quindi, fatico ad affrontarlo a cuor leggero.
Pur nella sua apparentemente pastellosa follia poetica, La schiuma dei giorni non è un romanzo meno perturbante o meno tormentato dell’altro. Nel tentativo di trasporre su schermo la ricchezza immaginifica, oso dire postmoderna, dell’eclettico Vian, che tanto, all’epoca della lettura del libro, mi ricordò lavori altrettanto originali e pazzeschi come quelli di Takahashi Jen’ichiro (vedi Sayonara, Gangsters!), Gondry sembra aver dato fondo indiscriminatamente alla sua fantasia fanciullesca e alla sua passione per l’handcraft, per le soluzioni scenografiche artigianali.
Eppure, ripensando ai suoi lavori precedenti (da cui escludo volutamente il terribile passo falso di The Spirit), Mood Indigo ha il fiato mozzo.

Dal punto di vista delle invenzioni visive e verbali, il libro di Vian è vertiginoso, eppure Gondry è riuscito ad assecondare efficacemente per gran parte del tempo questa corsa a perdifiato. Le buone premesse del film, però, si sgretolano intorno alla seconda parte del racconto, quando la vaga consequenzialità narrativa della prima frazione scema completamente, perdendo coesione narrativa (appunto) ed emotiva, allineandosi sul solo registro drammatico, se non a tratti, orrorifico (il senso di claustrofobia che attanaglia il protagonista, costretto in una casa sempre più piccola e buia coincide con quello dello spettatore, provato da quasi due ore di tourbillon visivo e da un repentino cambio di tono del racconto e perfino di personalità della coppia di personaggi protagonisti).

Nella memoria, restano alcune azzeccate soluzioni dal sapore surrealista e dadaista (la rappresentazione della vita dei personaggi sembra essere concepita come un’esperienza artistica nata da una combinazione casuale, naturale, di cose e parole), ma anche il sapore un po’ acre di un risultato cinematografico raggiunto solo a metà.

4 commenti

  1. inchiostro nero / 21 Agosto 2018

    Amletico dilemma che mi trascino dalla prima visione : anche nel libro si avverte questa sorta di ”claustrofobia” che sembra ingurgitare i personaggi e il racconto stesso ? ( Vian non l’ho ancora letto ) .

    • Stefania / 21 Agosto 2018

      @inchiostro-nero: secondo me, sì. Infatti, per quanto l’atmosfera generale del racconto sia tenera e romantica, io ne sono rimasta oppressa e angosciata ben prima di arrivare ai momenti più drammatici della vicenda.

      • inchiostro nero / 21 Agosto 2018

        Quindi i miei dubbi erano fondati. Comunque, grazie @stefania!.Cercherò di leggerlo per fugarli del tutto.

        • Stefania / 22 Agosto 2018

          @inchiostro-nero: certo, per te potrebbe essere un’esperienza diversa dalla mia 🙂 Ripeto: io ho “conosciuto” Vian con un libro che mi ha colpito negativamente, perciò la mia esperienza da lettrice potrebbe essere stata viziata da quell’episodio.

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