Recensione su Mood Indigo - La schiuma dei giorni

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27 Gennaio 2014

I fan di Gondry non possono perdersi questo suo ultimo lavoro, tratto da un libro che la critica definisce come una delle più appassionate e romantiche storie d’amore mai descritte. La sensibilità di un certo cinema francese aveva già prodotto film che per qualcuno sono diventati dei veri e propri riferimenti (vedi il mondo di Amelie, che ha reso celebre Audrey Tatou) ma il tocco geniale, iperrealista (a tratti surrealista) e visionario di Michel Gondry aveva saputo andare ancora oltre ed esplorare sia il campo della mente (Eternal Sunshine of a spotless mind) che quello del sogno (l’arte del sogno) in modo così intimo e delicato da entrare nel cuore di chi guarda.
La sua predisposizione per gli oggetti, per una tecnologia al tempo stesso antica e per certi versi pesante ed obsoleta (si vedano i pc e le macchine usate proprio in questo film) ma innovativa ed utile, personale e creativa (l’agenda in un cubo di Rubik!), mescolata alla rivisitazione della musica e dell’immagine non è nuova (si veda gli acchiappafilm) ma in questo film è eccessiva.
C’è un eccesso di Gondry, del suo lato visionario, sicuramente affascinante e colorato (i primi 15 minuti sono fantastici), ma ridondante e troppo invadente.
Bella la sinestesia tra stato d’animo e oggetti, tra sentimenti e colori e molto saggia anche la metafora del male visto come una pianta che cresce e ruba aria e spazio, ma questo male non soffioca solo la protagonista nella storia ma anche i protagonisti della storia.
Attori sicuramente bravi (da Duris alla Tatou, fino a Omar Sy) ma la toccante storia d’amore tra i due non coinvolge, non appassiona più di tanto e si perde in mezzo al mondo di Gondry.

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